2023-12-09
La dottrina Concia: lotta al blu e al rosa, asterischi ovunque e famiglie arcobaleno
Monica Cirinnà e Anna Paola Concia (Ansa)
L’ex deputata dem lavora in un’impresa impegnata nel mondo dell’istruzione. «La politica non mi manca, la faccio a scuola».Suor Anna Monia Alfieri nel «trio» del Mur: «Pluralismo e istituti liberi, andrò avanti coi miei ideali».Lo speciale contiene due articoli.Si chiama «Educare alle relazioni» il progetto sperimentale affidato all’attivista Lgbt Anna Paola Concia. Abruzzese, 60 anni, laureata in scienze motorie, maestra nazionale di tennis, è stata chiamata a coordinare il piano di educazione affettiva nelle scuole annunciato dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Vuole accanto a sé Gino Cecchettin, papà della povera Giulia, operazione mediatica che lascia parecchio perplessi.L’ex parlamentare del Pd (di cui è stata anche responsabile per lo sport) promette che, durante le lezioni, non si parlerà di omosessualità. «Il focus è la violenza di genere», ha detto alla Stampa, lamentando però che dopo essere andata nelle scuole a parlare di omosessualità, «purtroppo abbiamo smesso da molti anni di dialogare su alcuni temi in Italia. E si vedono i risultati».Quello che noi vediamo è una signora unita civilmente con la criminologa tedesca Ricarda Trautmann e impegnata in Didacta Italia, impresa nata nel 2017 da Didacta international, grande fiera tedesca dedicata all’istruzione e alla formazione. Alla Fortezza da Basso, a Firenze, Concia organizza ogni anno un evento molto pubblicizzato, con occasioni formative per dirigenti scolastici e docenti.Dal 2022 c’è anche l’edizione catanese, realizzata con il sostegno della Regione Sicilia. «Didacta raccoglie la sfida dell’innovazione nel mondo dell’istruzione, che parte dalla scuola materna fino alle superiori e all’università», dichiarò il presidente della Regione, Renato Schifani.Concia è molto brava nel gestire partner di sinistra come di destra, per portare a termine i suoi progetti. «Ho sempre dialogato con chi è lontano da me», ha confermato al Corriere della Sera. Nega di sentire la mancanza dell’impegno da parlamentare (fu deputata del Pd dal 2008 al 2013). Lo scorso ottobre, prima della seconda edizione catanese di Didacta, spiegò a LiveSicilia: «No, non mi manca l’attività politica anche perché occuparsi di scuola è politica».Si dichiara impegnata a «costruire una scuola aperta alle differenze, in grado di favorire l’inclusione». In Sicilia ha detto di essere fiera di aver «organizzato un focus sull’intelligenza artificiale applicata all’educazione», tema di evidente interesse e attrazione. Ma davvero sarà una coordinatrice imparziale delle trenta ore di educazione affettiva? Al momento è prevista solo negli istituti superiori, ma «il ministro sta già pensando di lavorare ad alcuni progetti per le scuole elementari», ha rivelato la Concia. Preoccuperebbe non poco, la presenza dell’ex parlamentare anche in queste iniziative. «Non deve scrivere nessuna cosa sull’Lgbt. Come ha chiarito bene il ministro, e io ho accettato proprio per questo, non si tratteranno come argomenti né l’Lgbt, né l’omosessualità, né i matrimoni gay», dichiara in queste pagine suor Anna Monia Alfieri, pure lei scelta dal ministro come garante del progetto. E di genere fluido, si parlerà? Tra i tanti workshop di Didacta, lo scorso venerdì 13 ottobre era stata presentata a Firenze la «Carta della parità di genere», definito «uno strumento di autovalutazione», realizzato dalla Ong Oxfam Italia. «Sei un insegnante interessat* alla parità di genere? Vuoi integrare questo tema nel curricolo adottando un nuovo approccio per innescare un cambiamento che coinvolga tutta la scuola?», si chiede presentando il progetto «Gaps, generi alla pari a scuola», rivolto ai docenti «che vogliono affrontare e confrontarsi sul tema della parità di genere».Escludendo maschio e femmina con l’uso dell’asterisco, a quale parità si vorrebbe arrivare? Nella Carta, sotto accusa finisce «in particolare, la stereotipizzazione dei colori», che sarebbe «particolarmente evidente nelle bambine, per le quali, il colore rosa si è trasformato in un “marcatore identitario”». Violenza pure questa? Viene citato l’esempio della Wilbraham primary school di Manchester, una grande scuola elementare con circa 700 alunni di età compresa tra 3 e 11 anni nel Nord Ovest dell’Inghilterra. «I bambini dei gruppi di età più avanzata sono stati consultati per sapere se desiderassero avere servizi igienici misti di genere, ma la maggior parte delle ragazze ha affermato che non ne sarebbe stata contenta». Si aggiunge: «Sfortunatamente, i costruttori dei nuovi blocchi di servizi igienici hanno montato le porte blu sui bagni dei ragazzi e rosa su quelli delle ragazze, ma la scuola ha deciso di scambiare le porte in modo che ogni set di servizi igienici abbia porte blu e rosa alternate». Ecco, le iniziative edificanti.Tra gli argomenti di cui trattare nella scuola primaria, si raccomanda la questione «Famiglie nel 21° secolo», che «ha come obiettivo principale quello di far riflettere sulla molteplicità dell’esistenza di modelli familiari». Spiegano: «Il facilitatore può guidare la discussione ponendo domande come le seguenti: “Ci sono Paesi in cui le coppie dello stesso sesso possono sposarsi? Ci sono Paesi in cui le coppie dello stesso sesso possono adottare figli?”». E lo chiedi ai bimbi delle elementari? «Abbiamo accettato di metterci al servizio di un progetto equilibrato, serio e utile per le ragazze e i ragazzi, basato sul dialogo», sostengono suor Anna Monia Alfieri, Anna Paola Concia, e la terza prescelta, Paola Zerman. Ma i dubbi restano parecchi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/paola-concia-scuola-lgbt-2666505644.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="non-parleremo-di-patriarcato-e-gay-chi-in-classe-non-lo-so-ma-non-lgbt" data-post-id="2666505644" data-published-at="1702114440" data-use-pagination="False"> «Non parleremo di patriarcato e gay. Chi in classe? Non lo so ma non Lgbt» Suor Anna Monia Alfieri, religiosa dell’ordine delle Marcelline e simbolo in Italia della lotta per il pluralismo educativo, è stata scelta dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, tra le garanti di «Educare alle relazioni», progetto pensato per combattere nelle scuole la violenza di genere. Insieme con lei, Anna Paola Concia - attivista Lgbt la cui nomina ha destato non poche polemiche in ambito cattolico - e Paola Zerman. Suor Anna Monia Alfieri, la decisione del ministro di chiamarla per questo progetto insieme con un’attivista Lgbt può risultare strana. Che cosa ne pensa? «Io sono stata chiamata dal ministro per far parte di questo gruppo di lavoro, dove il progetto ha come scopo da un lato di educare e aiutare la donna ad avere maggior rispetto di sé stessa e della propria persona, dall’altro di educare i maschi a rispettare la donna. Una donna libera, capace di competere con loro e che ha il diritto di dir loro dei no. Evidentemente noi dovremmo essere le tre garanti». E non la spaventa la differenza di vedute? «Per prima cosa, se parliamo di integrazione e di accoglienza dobbiamo passare dalle diversità, quindi il fatto di scegliere tre donne molto diverse per la loro storia è già, secondo me, una testimonianza. In secondo luogo, io andrò avanti con il mio pensiero e i miei ideali - quelli del pluralismo educativo, delle scuole paritarie, della scuola libera -, che sono alla base della vera integrazione e del rispetto reciproco». Molti, soprattutto nel mondo cattolico, non sono contenti della nomina di Anna Paola Concia. Certe sue idee sulla fluidità, per esempio, sono considerate pericolose. «Lei non deve scrivere nessuna cosa sull’Lgbt. Come ha chiarito bene il ministro, e io ho accettato proprio per questo, non si tratteranno come argomenti né l’Lgbt, né l’omosessualità, né i matrimoni gay né la maternità surrogata. Un aspetto, quest’ultimo, rispetto al quale mi pare che la Concia sia contraria, per altro. Detto ciò, si tratta di argomentare il rispetto della donna. Se noi riuscissimo a far passare il concetto del rispetto della donna, quindi anche della sua maternità, in un mondo apparentemente lontano come quello che sembra rappresentare la Concia, ben venga». La dottoressa Concia ieri alla Stampa ha dichiarato che coinvolgerete anche Gino Cecchettin, il quale però nel suo discorso - al di là del dramma che ha vissuto - ha parlato di patriarcato. Un termine che delinea una certa impostazione ideologica. «La Concia non utilizza la parola patriarcato, l’ho già sentita, né io credo che sia quello il tema. Il problema dei nostri ragazzi è che sono fragili, soprattutto i maschi, forse anche per problemi di educazione, di genitori che non hanno mai detto tanti no e che, invece, andrebbero detti e per questo non riescono a misurarsi con una ragazza libera, indipendente, capace di competere con loro e capace di dirgli dei no. Ora, è vero che Gino Cecchettin ha parlato di patriarcato e può anche darsi che venga coinvolto, ma questo non significa dargli ragione o accettare la sponda del patriarcato». Un’ultima domanda: chi andrà poi effettivamente nelle scuole? «Questo ancora non lo sappiamo. È tutto da costruire, bisogna lavorarci. Noi sappiamo che siamo le tre garanti di un progetto scritto dal ministero. Evidentemente io - da garante - garantirò che chi va nelle scuole sia persona indicata, corretta e preposta. Non certamente le associazioni Lgbt, non credo proprio».
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