
Gli scontri di giovedì a Genova hanno aperto due fronti: la guerra in strada e quella tra sigle sindacali. E mentre i delegati della Uilm devono ancora decidere se sporgere una querela per le aggressioni che hanno raccontato di aver subito a Cornigliano, la Procura di Genova ha già ricevuto un’informativa di reato dalla Digos per i tafferugli davanti la prefettura. Le ipotesi di reato segnalate: resistenza, minaccia e danneggiamento. È stata la seconda puntata di una settimana rovente per la vertenza dell’ex Ilva. I manifestanti non sono stati ancora identificati, ma gli impianti di videosorveglianza e i filmati raccolti sono in fase di analisi. L’immagine simbolo della manifestazione di giovedì è già diventata virale: i caschi gialli sbattuti con rabbia contro le grate metalliche usate per proteggere la Prefettura. Per abbattere la barriera è stato agganciato un cavo d’acciaio collegato a un muletto. Quel cavo, ritenuto un corpo del reato, è stato sequestrato.
La versione sull’operaio ferito va in una direzione precisa: secondo gli investigatori della Digos sarebbe stato colpito da un oggetto tirato dai manifestanti e rimbalzato sulla grata. A sgonfiare la tensione ci ha pensato la pioggia di lacrimogeni. Solo quella, secondo gli investigatori, ha impedito che lo scontro degenerasse oltre l’abbattimento delle barriere. Dietro la guerriglia urbana c’è la paura per l’ipotizzata chiusura di una linea produttiva fondamentale, con centinaia di posti di lavoro appesi a un filo. Il governo ha fornito rassicurazioni. Ma la sensazione è che la tregua durerà poco. L’altro fronte, il più velenoso, è dentro la fabbrica. Lo scontro tra Uilm e Fiom è deflagrato davanti ai cancelli di Cornigliano. Il segretario generale della Uilm, Luigi Pinasco, e tre colleghi, sono stati «presi a calci e pugni da una ventina di persone con la felpa rosso-nera della Fiom». Due persone sono finite in ospedale. Il movente sarebbe da ricercare nella mancata adesione della Uilm allo sciopero generale dei metalmeccanici per la vertenza. Il segretario generale della Uil Liguria, Riccardo Serri, ha indicato pubblicamente i responsabili: i «militanti di Lotta comunista che vogliono avere l’egemonia all’interno della Fiom». Il senatore ligure di Fratelli d’Italia, Gianni Berrino, ha condannato in modo duro le violenze e ha tirato in ballo i vertici del sindacato rosso: «Nessuna motivazione potrà mai giustificare tale brutale violenza, di cui è senz'altro responsabile anche il segretario della Cgil Maurizio Landini, il quale ha espressamente inneggiato a una strategia della tensione». E invita le autorità ad accelerare: «Gli aggressori, che indossavano felpe della Fiom, siano presto individuati e puniti». La Fiom, ovviamente, ribalta la frittata. Perché se Berrino accusa Landini di alimentare la tensione, il leader della Cgil restituisce il colpo tirando fuori la memoria di Guido Rossa, l’operaio ucciso dalle Brigate rosse: «Quanto accaduto davanti ai cancelli dell’ex Ilva di Genova e il forte clima di tensione al presidio sindacale non possono essere in alcun modo strumentalizzati né tanto meno irresponsabilmente associati al terrorismo. La Fiom e la Cgil si sono sempre battuti contro il terrorismo e per affermare la democrazia, anche a costo della perdita della vita come accaduto proprio all’ex Ilva di Genova al nostro delegato Guido Rossa». Poi la parte diplomatica: «Restiamo impegnati a ripristinare un clima di confronto costruttivo e di rispetto delle differenze e continuiamo a chiedere al governo la convocazione a Palazzo Chigi per dare continuità produttiva a tutti i siti con gli investimenti necessari a rendere credibile il processo di decarbonizzazione e la salvaguardia dell’occupazione».



















