Il Mes ha chiuso all’ipotesi di una riforma che lo renda uno strumento di garanzia nella condivisione dei rischi per quanto riguarda l’uso degli asset russi congelati. «Nel quadro del trattato del Mes, il Meccanismo può fornire supporto solo agli Stati membri dell’Eurozona che ne facciano richiesta e unicamente allo scopo di salvaguardare la stabilità finanziaria dell’area euro e dei suoi membri», ha dichiarato ieri un portavoce del Meccanismo europeo di stabilità.
L’ipotesi di una riforma era stata avanzata, alcuni giorni fa, da Antonio Tajani. «Un’ipotesi potrebbe essere l’utilizzo del Mes come garanzia per gli asset russi, quel che serve modificare nei regolamenti lo modifichiamo», aveva dichiarato il capo della Farnesina a margine del summit dei ministri degli Esteri della Nato.
In questo quadro, ieri il Financial Times ha sottolineato l’esistenza di alcuni rischi finanziari per l’Ue in riferimento all’uso dei beni russi congelati. «Il controverso piano di Bruxelles di utilizzare i beni sovrani russi congelati per sostenere fino a 210 miliardi di euro di prestiti all’Ucraina sta mettendo a dura prova il quadro politico e giuridico dell’Ue. Ma potrebbe avere anche grandi conseguenze per i mercati finanziari dell’Unione», ha scritto il quotidiano britannico, per poi aggiungere: «Alcuni gestori di fondi avvertono che un’eventuale decisione di utilizzare i beni congelati aumenterebbe i rischi politici legati al possesso di asset in euro e metterebbe persino in dubbio il loro status di rifugio globale».
Nel frattempo, prosegue l’iniziativa diplomatica americana sull’Ucraina. Ieri e l’altro ieri, l’inviato statunitense per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e il genero di Donald Trump, Jared Kushner, hanno incontrato il segretario ucraino del Consiglio per la sicurezza nazionale, Rustem Umerov, e il capo di stato maggiore, Andriy Hnatov. Secondo una nota del Dipartimento di Stato americano pubblicata venerdì, «i partecipanti hanno discusso i risultati del recente incontro tra la parte americana e quella russa e le misure che potrebbero portare alla fine di questa guerra». «Americani e ucraini hanno, inoltre, concordato il quadro degli accordi di sicurezza e discusso le necessarie capacità di deterrenza per sostenere una pace duratura», si legge ancora. «Le parti», prosegue il comunicato, «hanno anche esaminato separatamente il futuro programma di prosperità, che mira a sostenere la ricostruzione postbellica dell’Ucraina, le iniziative economiche congiunte tra Stati Uniti e Ucraina e i progetti di ripresa a lungo termine».
Frattanto, ieri Volodymyr Zelensky ha detto di essere stato aggiornato da Witkoff, in una telefonata «lunga e approfondita», dei colloqui tra la delegazione americana e quella ucraina. «Abbiamo affrontato molti aspetti e analizzato i punti chiave che potrebbero garantire la fine dello spargimento di sangue ed eliminare la minaccia di una nuova invasione russa su vasta scala, nonché il rischio che la Russia non mantenga le sue promesse, come è accaduto ripetutamente in passato», ha reso noto il presidente ucraino. E proprio i colloqui tra Washington e Kiev saranno al centro, domani, di un incontro a Londra tra Zelensky e alcuni leader europei: Keir Starmer, Emmanuel Macron e Friedrich Merz. «L’Ucraina può contare sul nostro incrollabile sostegno. Questo è il senso degli sforzi che abbiamo intrapreso come parte della “coalizione dei volenterosi”», ha affermato Macron, condannando anche i massicci attacchi condotti da Mosca contro l’Ucraina. Vale a tal proposito la pena di sottolineare che il presidente francese si è recentemente recato in Cina, dove ha cercato di avviare un processo diplomatico alternativo a quello della Casa Bianca, tentando di convincere Xi Jinping a far pressioni sul Cremlino per spingerlo a concludere le ostilità. L’Eliseo, ancora una volta, sta provando a indebolire le relazioni transatlantiche nella speranza di rilanciare il proprio ruolo politico in seno all’Ue.
Nel frattempo, ieri, è arrivato un chiaro endorsement di Ankara alla mediazione statunitense in Ucraina: una mediazione, quella di Washington, che, in un’intervista a Reuters, il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha definito essere «sulla strada giusta». «Spero solo che nessuno lasci il tavolo e che gli americani non siano frustrati, perché a volte i mediatori possono sentirsi frustrati se non vedono abbastanza incoraggiamento da entrambe le parti», ha poi specificato. Ricordiamo che, giovedì, il ministero degli Esteri di Ankara aveva convocato l’ambasciatore ucraino e l’incaricato d’affari russo per esprimere preoccupazione sugli attacchi militari verificatisi nel Mar Nero. «Stiamo assistendo a una gravissima escalation nelle ultime settimane della guerra tra Russia e Ucraina, con attacchi reciproci. Infine, ci sono stati alcuni attacchi anche nel Mar Nero, all’interno della nostra zona economica esclusiva», aveva affermato il viceministro degli Esteri turco, Berris Ekinci.



