2021-06-11
Sul caso Palamara Perugia sfodera di nuovo un teste dell’ultima ora
Dopo l'arresto di Piero Amara, di colpo si mette a parlare il lobbista Fabrizio Centofanti. Ora è lui l'uomo su cui puntano i pm.Per anni averlo a cena era stato un onore. Soprattutto nella Roma della sinistra di governo. Buon amico di Nicola Zingaretti e di Giuseppe Cionci, definito da Salvatore Buzzi, ras di Mafia capitale, «l'uomo dei soldi» del governatore, adesso Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone ed ex portavoce dell'esercito italiano in Kosovo, sembra pronto a diventare il nuovo Piero Amara. I due erano indagati insieme nel procedimento per corruzione contro Luca Palamara a Perugia. Amara, la cui posizione è stata stralciata per essere archiviata, è rimasto quasi fuori dalle indagini (agli atti non è stato trovato neanche un tabulato), dopo che si era «pentito» in fretta e furia in un altro procedimento per evitare guai peggiori. Da allora ha iniziato a riempire le cancellerie delle Procure di mezza Italia di dichiarazioni sino a quando, l'8 giugno scorso, il tribunale di Potenza non ha ordinato il suo arresto, considerandola la sua resipiscenza non genuina. Ma Amara era il teste chiave nell'accusa contro Palamara a Perugia. E allora che cosa è successo ieri? I magistrati umbri, alla vigilia dell'importante udienza di oggi per i due filoni del processo contro Palamara, hanno provato a estrarre per l'ennesima volta il coniglio dal cilindro e hanno depositato i verbali di sommarie dichiarazioni di Centofanti, che sino a pochi giorni fa si era avvalso della facoltà di non rispondere. Ma l'1 giugno ha iniziato a parlare. Il 9, cioè dopo l'arresto di Amara, è stato risentito. Ieri le fiamme gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma hanno depositato un'annotazione e tutte le carte sono state recapitate all'ufficio del Gup del processo Palamara a velocità supersonica. Un modo per puntellare accuse di cui evidentemente non sembrano certi neanche i magistrati, i quali continuano a indagare e a depositare verbali last minute alla vigilia delle udienze. A febbraio lo avevano fatto con le dichiarazioni di Amara e del sodale Giuseppe Calafiore, ora hanno puntato sul coindagato Centofanti, che con Amara era stato arrestato nel febbraio del 2018. Per tre anni però la loro condotta processuale sembrava opposta: da una parte Amara «cantava», dall'altra Centofanti taceva. Sino all'1 giugno. La corsa a compulsare Centofanti, come detto, appare diretta conseguenza della irrimediabile perdita di credibilità di Amara, a maggior ragione dopo l'ordinanza emessa dal Gip di Potenza. E chi pare pronto a sostituire Amara? Un suo sodale storico, quel Centofanti mai intercettato, pedinato o perquisito dalla Procura di Perugia, il cui tabulato telefonico non è stato neppure acquisito. Addirittura Centofanti è stato iscritto sul registro degli indagati soltanto il 27 maggio 2019 a poche ore dal disvelamento dell'inchiesta e alla vigilia del pensionamento del procuratore Luigi De Ficchy al quale Centofanti era legato da una vecchia amicizia oggetto ora di indagine da parte della Procura di Firenze. Ma l'imprenditore durante le indagini non poteva essere considerato un quisque de populo essendo considerato il corruttore di Palamara ed essendo stato arrestato appena un anno prima insieme con Amara. Proprio quest'ultimo a Milano, il 6 dicembre 2019, ha dichiarato che Centofanti e il suo vecchio inquisitore, l'ex procuratore di Perugia, De Ficchy, facevano parte della presunta loggia Ungheria. A cui era affiliato, ça va sans dire, anche Amara. Può per tutti questi motivi Perugia riscontrare in modo equilibrato le dichiarazioni di Centofanti? O non sarebbe meglio che a farlo fosse un altro ufficio giudiziario? In ogni caso adesso l'ex pierre romano potrebbe imboccare la stessa strada già percorsa dal legale siciliano, cioè quella del patteggiamento, a cui le sue spontanee dichiarazioni sembrano prodromiche. Questa tardiva «collaborazione» di Centofanti pare comunque foriera di ulteriori benefici processuali per l'imprenditore amico di De Ficchy, che si aggiungerebbero alle blande investigazioni in fase di indagini preliminari. Una strategia che lascia presagire un nuovo caso Amara, che a Roma era stato coccolato come un pentito a 24 carati, sino al brusco risveglio dell'8 giugno. Le dichiarazioni di Centofanti hanno chiamato in causa anche Renato Panvino, già capocentro della Dia di Catania, e l'imprenditore Alessandro Casali che a loro volta sono stati sentiti come persone informate sui fatti e i cui verbali sono stati depositati agli atti. Entrambi erano amici di Palamara e, per esempio, il nome di Casali era già comparso nelle carte di Perugia tra i commensali della cena (non registrata dal trojan) con l'ex presidente dell'Anm e il neopensionato procuratore Giuseppe Pignatone. I racconti di Centofanti hanno avuto ad oggetto anche le cene in prossimità delle nomine al Csm e hanno chiamato in causa direttamente due tra i più noti ristoratori della capitale: Enrico Pierri e la sua ex compagna Francesca Montemaggiore titolari del ristorante Il Sanlorenzo e Niccolò Cecchini della storica osteria Tullio. Centofanti con le sue parole ha coinvolto come testimoni anche due noti magistrati: Francesco Monastero, presidente uscente del Tribunale di Roma e Antonio La Malfa, giudice della fallimentare: anche i loro verbali sono stati depositati agli atti. Dunque le dichiarazioni di Centofanti oltre a essere utilizzate per cercare di affondare Palamara in zona Cesarini potrebbero aprire nuovi inediti scenari sulle nomine del Csm e sugli interessamenti della politica. Con conseguenze al momento inimmaginabili.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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