
Il ministro Alberto Bonisoli: «La cultura ha bisogno di più soldi per conservazione, tutela e valorizzazione. È un motore di crescita, non un costo inutile». Fine della gestione Franceschini, che ci ha portato a essere terzultimi in Europa negli investimenti.Il suo primo passo, da neoministro dei Beni e attività culturali, è stato visitare il sito archeologico, nonché gioiello che il mondo ci invidia, di Pompei. L'ultimo crollo risale allo scorso dicembre, quando un pezzo di muro della Casa della caccia ai tori si sgretolò con le sue decorazioni di valore inestimabile. Episodi sciagurati come questo, assicura Alberto Bonisoli, non ne devono capitare più. «La cultura ha bisogno di più soldi», spiega l'ex direttore della Nuova accademia di belle arti di Milano, «in passato ci sono stati tagli per trovare risorse economiche. Vogliamo invertire questa tendenza, spenderemo di più in tutto l'ambito culturale, dall'archeologia alla musica al teatro». Ed è proprio questo l'obiettivo del nuovo responsabile grillino del dicastero: mettere a disposizione della cultura i soldi necessari alla sua conservazione, tutela e valorizzazione.Una posizione diversa da quella del suo predecessore, Dario Franceschini, accusato più volte di aver pensato più ai guadagni derivanti dal nostro patrimonio artistico che alla sua reale tutela. E in effetti sotto la sua gestione l'Italia si è piazzata terzultima in Europa nella classifica dei Paesi che spendono di più per la cultura, con un misero 0,4% del Pil, davanti solo a Irlanda e Romania. Mentre, secondo l'ultimo rapporto dell'ufficio statistico del ministero, sono aumentati i visitatori dei musei, che hanno toccato la cifra record di 50 milioni in un anno, con un totale di quasi 200 milioni di euro d'incassi. Numeri importanti, che però non bastano a garantire la protezione dei moltissimi tesori dislocati in tutta la Penisola. «Il patrimonio culturale italiano rappresenta uno degli aspetti che più ci identificano nel mondo. Il nostro Paese è colmo di ricchezze artistiche e architettoniche sparse in maniera omogenea in tutto il territorio, e in ogni campo dell'arte rappresentiamo un'eccellenza a livello mondiale, sia essa la danza, il cinema, la musica, il teatro», recita il contratto di governo Lega-5 stelle.Proprio questa è la sfida principale che attende Bonisoli. Mantovano, classe 1961 e laureato all'università Bocconi di Milano, spetta a lui raccogliere il testimone lasciato dall'esecutivo Gentiloni. La Verità ha riassunto in cinque punti le questioni più urgenti sulle quali il nuovo ministro si dovrà concentrare nei prossimi mesi.L'Italia concentra sul suo territorio più del 60% del patrimonio artistico e culturale del pianeta. Eppure non sempre queste ricchezze sono difese a dovere. Lo dimostrano i continui crolli di Pompei, il degrado che circonda la Reggia di Caserta, che nulla ha da invidiare a Versailles, i problemi denunciati dalle stesse guide turistiche all'interno del sito archeologico Neapolis di Siracusa: monumenti coperti dalle erbacce, aree di prestigio transennate e inaccessibili, sporcizia ovunque. Solo per fare alcuni esempi. Su questo il contratto di governo gialloblù è chiaro: «I beni culturali sono uno strumento fondamentale per lo sviluppo del turismo in tutto il territorio italiano nonché alla formazione del cittadino in continuità con la nostra identità. Tuttavia lo Stato non può limitarsi alla sola conservazione del bene, ma deve valorizzarlo e renderlo fruibile attraverso sistemi e modelli efficaci, grazie ad una gestione attenta e una migliore cooperazione tra gli enti pubblici e i privati. Occorre mettere in campo misure in grado di tutelare il bene nel lungo periodo, utilizzando in maniera virtuosa le risorse a disposizione». Una posizione immediatamente raccolta da Bonisoli che assicura: «Fare profitto con la cultura non è il mio obiettivo». Segnando così la distanza dalla contestata riforma Franceschini.Altro punto sul quale il nuovo ministro dovrà concentrare la propria attenzione riguarda i servizi a disposizione delle migliaia di persone che ogni anno visitano musei, siti artistici e culturali del nostro Paese. Affinché queste strutture possano davvero competere a livello internazionale occorre fare di più rispetto al passato. Anche su questo il contratto siglato da Luigi Di Maio e Matteo Salvini è chiaro: «I nostri musei, i siti storici, archeologici e dell'Unesco devono tornare a essere poli di attrazione e d'interesse internazionale, attraverso un complessivo aumento della fruibilità e un adeguato miglioramento dei servizi offerti ai visitatori». Questo significa garantire che nel prossimo futuro tante strutture riaprano finalmente le porte dopo anni di chiusura. Basta dare uno sguardo ai numeri: nel 2016 sono stati censiti 529 monumenti e parchi archeologici. Di questi ben 69 erano chiusi al pubblico. Il nuovo ministro promette più risorse per la cultura. Ma anche per il mondo dello spettacolo, falciato da numerosi tagli negli anni passati e con fondi non sempre distribuiti equamente. L'obiettivo del nuovo dicastero è mettere in atto una riforma del sistema di finanziamento «che rimetta al centro la qualità dei progetti artistici». Un aspetto che trova spazio anche nel contratto di governo: «Tra le varie forme d'arte, lo spettacolo dal vivo rappresenta senz'altro una delle migliori eccellenze del nostro Paese. Eppure l'attuale sistema di finanziamento, determinato dalla suddivisione secondo criteri non del tutto oggettivi delle risorse presenti nel Fondo unico per lo spettacolo, limita le possibilità delle nostre migliori realtà e impedisce lo sviluppo di nuovi progetti realmente meritevoli». Una sfida che Bonisoli si dice pronto a raccogliere.Esiste un altro problema nel nostro Paese, che nessun governo ha mai seriamente affrontato di petto. Nonostante la vastità del nostro patrimonio, troppi italiani non hanno l'abitudine di frequentare musei, siti e galleria d'arte. Addirittura 7 cittadini su 10 non avrebbero mai varcato la soglia di un museo, nonostante lungo lo Stivale se ne contino circa 5.000. A dire il vero neanche il contratto di governo gialloblù mette sotto la lente di ingrandimento la questione, che ha a che fare con un cambio di mentalità culturale. Ma con ogni probabilità questa sarà uno degli impegni del prossimo futuro.Infine c'è il cinema, industria che in Italia vale un giro d'affari che complessivamente supera i 15 miliardi di euro l'anno, ma sulla quale il nuovo contratto dell'esecutivo non si esprime in modo specifico. Gli operatori chiedono da tempo maggiori investimenti, dopo anni di continui tagli. E di distribuzione di risorse non sempre trasparenti. Per il momento il nuovo governo si limita a ribadire che «la cultura è un motore di crescita di inestimabile valore e certamente non un costo inutile. Tagliare in maniera lineare e non ragionata la spesa da destinare al nostro patrimonio, sia esso artistico che culturale, significa ridurre in misura considerevole le possibilità di accrescere la ricchezza anche economica dei nostri territori».
(Totaleu)
Lo ha detto il Presidente di Unipol Carlo Cimbri in occasione del convegno «Il contributo delle assicurazioni alla competitività europea», che si è svolto al Parlamento Ue.
Immigrati (Ansa). Nel riquadro, la copertina del libro di Fausto Biloslavo
I confini aperti non hanno a che fare solo con gli sbarchi di irregolari nel nostro Paese e con le prediche buoniste della Cei. Dietro a essa si nasconde un sistema in cui tanti si arricchiscono: perfino gli Stati.
Ci hanno sempre fatto osservare il fenomeno con gli occhiali sbagliati. Ci hanno raccontato per anni e anni che l’accoglienza è soltanto una questione umanitaria, una faccenda che riguarda il buon cuore degli italiani e non altro. Ci hanno detto che aprire le frontiere e fare entrare i migranti, non prima di averli recuperati nelle acque del Mediterraneo, è un gesto di solidarietà, di carità cristiana.
(Arma dei Carabinieri)
Le immagini di un sistema avanzato di videosorveglianza hanno mostrato ai militari del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale e della stazione di Caivano un uomo incendiare 25 sacchi di scarti tessili. Quintali di rifiuti, la cui combustione ha alimentato una nube di fumo che ha avvolto anche alcune abitazioni vicine.
L’arresto in flagranza differita di un 57enne di Acerra eseguito a Caivano è frutto del lavoro coordinato dei Carabinieri della Regione Forestale Campania e del Comando Provinciale partenopeo. Un’attività che muove i suoi passi dal decreto recentemente entrato in vigore in materia di illeciti ambientali e dagli schermi collegati ad una moderna «control room», una struttura che accentra segnalazioni, flussi informativi e richieste di intervento nelle province napoletana e casertana con un comune denominatore: la lotta all’inquinamento.
L’integrazione della nuova normativa a questo sistema di coordinamento consente di individuare e monitorare situazioni a rischio, consentendo una mobilitazione immediata delle pattuglie sul territorio.
Le immagini di un sistema di videosorveglianza dedicato hanno mostrato ai militari del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale) e della stazione di Caivano un soggetto intento ad incendiare 25 sacchi di scarti tessili. Quintali di rifiuti, la cui combustione ha generato una nube di fumo che ha avvolto anche alcune abitazioni vicine.
Secondo quanto documentato in poche ore, il 57enne avrebbe alimentato le fiamme e poi si sarebbe allontanato a bordo del suo suv. Le pattuglie intervenute, collegate con la «control room», hanno ricostruito il tragitto del veicolo e ne hanno identificato il proprietario. L’uomo è stato rintracciato qualche ora dopo la registrazione delle immagini e arrestato in flagranza differita nella sua abitazione. E’ ora ai domiciliari, in attesa di giudizio.
L’intera operazione costituisce un esempio concreto dell’efficacia della nuova normativa - che supera i limiti della tradizionale flagranza - e del lavoro sinergico e strutturato dell’Arma dei Carabinieri.
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Hotel Convitto della Calza
A Firenze un imprenditore, sponsor del sindaco, ha trasformato un antico immobile della Diocesi in hotel, benché la destinazione d’uso lo vietasse. Il Comune, che non ha vigilato per mesi, ora dice: «Verificheremo».
Può un’attività abusiva nascere impunemente sotto gli occhi di chi dovrebbe controllare che le norme pubbliche siano rispettate? A Firenze si può. Questo e altro. Tutti fanno quello che vogliono nonostante i divieti, costruiscono dove gli pare e come gli pare, salvo che il Comune si svegli quando tutto è già successo, solo perché sollecitato dall’opinione pubblica, e risponda candidamente «verificheremo… puniremo chi non è in regola». O, come è accaduto in qualche caso, «non sapevo». Oppure, addirittura : «L’ho visto passando…».






