
Ultimo atto dello scontro tra il premier ungherese e il magnate. Chiusi gli uffici di Open society, che finanzia le Ong pro migranti e che ora è costretta a trasferirsi nella capitale tedesca.La Open society foundation, longa manus operativa delle politiche mondialiste del magnate americano George Soros, ha annunciato la prossima chiusura dei propri uffici di Budapest e il loro trasferimento a Berlino. Il premier sovranista ungherese, Viktor Orban, segna quindi una vittoria senza precedenti nell'annoso braccio di ferro intrapreso con il finanziare ultra progressista di origini ungheresi e tutte le organizzazioni che fanno capo ad esso. Quella di Budapest non è infatti una sede come tutte le altre sparse per il globo. Nella capitale ungherese Soros ha iniziato le sue attività filantropiche in Europa e da lì ha aperto e continuato a finanziare la Central european university, l'Università internazionale che ospita circa 1.500 studenti da 110 Paesi. Per anni queste realtà, come nel resto del mondo, hanno sostenuto l'agenda ultraprogressista che promuove le migrazioni di massa verso l'Europa, il gender, il controllo delle nascite e i movimenti che nell'Europa dell'Est contestano le politiche sovraniste di Orban e Vladimir Putin. Dai documenti trafugati e pubblicati sul web da Dcleaks.com si evince infatti che i finanziamenti della Open society sono stati tra i principali strumenti di sussistenza di molte Ong finite nel mirino di Orban. In Ungheria è però partito un giro di vite contro queste attività, ed ora è in dirittura d'arrivo una legge che impone pensati tasse alle Ong finanziate dall'estero, che prevede la loro registrazione e la loro eventuale chiusura se giudicate come «minaccia alla sicurezza nazionale». Lo stesso Orban, durante la recente campagna elettorale, ha definito «poco trasparenti» le attività filantropiche di Open society. Inoltre, fonti vicine al premier e diversi esponenti di Fidesz, partito di governo membro dei Popolari europei, proprio in questi giorni hanno paventato la possibilità di rendere ancora più severo il provvedimento, chiamato dalla stampa «Stop Soros», per colpire quelle associazioni che «non godono dell'appoggio dell'opinione pubblica ungherese e agiscono aggirando le leggi».Quindi, dopo la decisione dell'esecutivo magiaro di compiere questa nuova stretta, la Open society ha annunciato che chiuderà la sua sede di Budapest a fronte della situazione legale in Ungheria definita, in una nota diffusa ieri, «sempre più repressiva».«Il governo dell'Ungheria ha denigrato e travisato il nostro lavoro e represso la società civile per ottenere un guadagno politico, usando tattiche senza precedenti nella storia dell'Unione europea», ha affermato Patrick Gaspard, presidente delle Open society foundations. «Il cosiddetto pacchetto di leggi Stop Soros è solo l'ultimo di una serie di tali tentativi. È diventato impossibile proteggere la sicurezza delle nostre operazioni e il nostro personale in Ungheria da interferenze arbitrarie del governo».Nel comunicato dell'Open society emergono quali sono i veri punti di contrasto con il governo magiaro: la nuova «legislazione, che invoca interessi di sicurezza nazionale, impedirebbe a qualsiasi organizzazione di consigliare o rappresentare richiedenti asilo e rifugiati senza una licenza governativa». La nota critica anche «gli obblighi di segnalazione» dei finanziamenti ricevuti dall'estero e ricorda che queste misure sono state contestate dalla Commissione europea dinanzi alla Corte di giustizia europea. In altre parole la fondazione di Soros rifiuta la sovranità magiara e rivendica la possibilità di agire senza dover spiegare la natura delle proprie entrate. L'intensione di non rispettare le nuove norme ungheresi viene descritta dalle centrali del pensiero unico occidentale come un legittimo esercizio delle libertà democratiche. In molti però fanno finta di non sapere che il finanziere americano attraverso la sua rete mondiale di fondazioni (si calcola che siano più di 50) ha foraggiato programmi e iniziative tese a sovvertire l'identità dei popoli. Senza fare troppa dietrologia, basta andare sul sito della fondazione per leggere che questa finanzia diverse attività e Ong in tutto il mondo allo scopo dichiarato di «esportare la democrazia» e influenzare la politica degli Stati. Sempre sulle pagine del portale è facile imbattersi su articoli e iniziative contro il proibizionismo delle droghe e le restrizioni sull'aborto e in favore dei matrimoni omosessuali e dell'eutanasia. Gli ultimi scandali riguardano il fiume di denaro versato a It's time, la campagna di Amnesty international in favore della legalizzazione dell'aborto in Irlanda, tema rispetto al quale la popolazione dell'isola sarà chiamata a decidere tramite un referendum tra pochi giorni. La «donazione» è finita nel mirino dell'ente governativo Standards in public office commission (Sipo) che ha aperto una procedura nei confronti di Amnesty e ha chiesto la restituzione al mittente delle somme ricevute. In tutti i casi va registrato che Orban al momento è l'unico statista in Europa e nel resto del mondo ad aver deciso di fermare una volta per tutte questo tipo di attività. Non sembra casuale nemmeno la scelta di trasferire gli uffici a Berlino. La capitale del Paese che detta le politiche dell'Ue sarà sponda ideale per i pasdaran della Società aperta.
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