2020-02-18
Open Arms, Salvini si difende: «Non spettava all’Italia assegnare un porto sicuro»
Altro giro, altro processo: l'ex ministro deve far fronte all'accusa di sequestro per il caso della nave delle Ong. Nella sua memoria difensiva smontata la versione degli attivisti.Come previsto, dopo la prima puntata legata al caso Gregoretti, la serie di attacchi politico-giudiziari contro Matteo Salvini prosegue con la seconda puntata, quella che si riferisce al caso Open Arms. L'accusa è la stessa, per quanto surreale: sequestro di persona. E anche il percorso procedurale è il medesimo: dapprima sarà la Giunta per le immunità del Senato (presieduta da Maurizio Gasparri, ma con una maggioranza numerica giallorossa) a dover formulare una proposta sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro il leader leghista avanzata dal tribunale dei ministri. E poi sarà l'Aula di Palazzo Madama a dare la risposta definitiva. Intanto, già oggi alle 13 si terrà la riunione della Giunta, e il presidente Gasparri, relatore sulla vicenda, formulerà una sua proposta, dando il via al dibattito. Ieri si è compiuto uno dei primissimi passi dell'iter, con l'interessato, cioè Salvini stesso, che ha inviato alla Giunta una sua memoria, per mettere a fuoco i fatti e la loro lettura giuridica secondo l'ex ministro dell'Interno. Con due punti fermi: per un verso, il fatto che toccasse a Malta o alla Spagna, non all'Italia, l'indicazione di un porto sicuro; e per altro verso, che sia stato il comandante della nave a perdere tempo, rifiutando il pos (place of safety) indicato in un secondo momento da Madrid, con il solo obiettivo di sbarcare in Italia. Salvini non lo dice esplicitamente, ma è evidente che in quell'estate 2019 le telecamere di tutto il mondo (si pensi a Carola Rackete) avrebbero puntato i riflettori su chiunque fosse andato allo scontro con il governo italiano e l'allora titolare del Viminale. Anche allungando cinicamente il percorso dei propri naufraghi e scansando soluzioni più brevi e razionali. Va peraltro ricordato che questi eventi (agosto 2019) sono in tutto e per tutto paragonabili a quelli di diciassette mesi prima (marzo 2018), quando sempre Open Arms e lo stesso comandante avevano rimediato dalla Procura di Ragusa una richiesta di rinvio a giudizio per violenza privata e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (con il Viminale parte lesa). La ricostruzione di Salvini contiene un punto fattuale fortissimo e indiscutibile. Open Arms contattò in prima battuta la Spagna (Paese di bandiera dell'imbarcazione) e Malta (Paese più vicino alla zona di salvataggio). «L'Italia», scrive Salvini, «non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms, in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza». E a dimostrazione della sua tesi, Salvini cita la fitta corrispondenza tra Spagna e Malta, nella fase iniziale del caso, sul tema del porto sicuro: i due governi si rimpallano le responsabilità, ma non chiamano in causa l'Italia. Secondo la memoria del leader leghista, «è sicuramente lo stato di bandiera della nave che ha provveduto al salvataggio che deve indicare il porto sicuro». È vero che Open Arms ha chiesto il pos all'Italia il 2 agosto ma, spiega Salvini, non si capisce perché si debba far carico all'Italia di una risposta chiesta a (e dovuta da) altri Sati. Va ricordato che un giorno prima, il 1° agosto, era stato adottato un provvedimento congiunto (dai ministeri dell'Interno, della Difesa e delle Infrastrutture) che si opponeva all'ingresso, alla sosta e al transito di Open Arms. Né - aggiunge il documento di Salvini - si può ritenere che la decisione del Tar del Lazio del 14 agosto, quella che sospese il divieto di ingresso in Italia, abbia del tutto capovolto il quadro: un conto è entrare nelle acque territoriali, per ragioni di sicurezza e per eventuali motivi di assistenza, altro conto un inesistente diritto ad attraccare e sbarcare. Cosa confermata indirettamente dalla stessa strategia degli avvocati di Open Arms, che il 19 agosto, cinque giorni dopo la decisione del Tar, ne chiesero un'estensione, proprio ai fini di farsi autorizzare attracco e sbarco, dunque tutt'altro che scontati o dovuti. Altro aspetto da non trascurare: l'imbarcazione era omologata soltanto per 19 persone. Il comandante, dopo il primo salvataggio che portò a bordo 55 persone, ne caricò il 2 agosto altre 69: una ragione di più per non perdere tempo e recarsi in Spagna, a Malta, o eventualmente in Tunisia. Niente da fare: il comandante voleva l'Italia (e lo scontro politico e mediatico con il governo): rifiutò il porto sicuro offerto dal governo di Madrid il 18 agosto, e perfino l'offerta d'aiuto della Capitaneria di Porto italiana, pronta a effettuare un accompagnamento verso il porto spagnolo.Come si possa immaginare un sequestro di persona in un quadro simile, appare francamente incredibile. Senza dire che - dal lato di Salvini - restano altri argomenti politici fortissimi: l'articolo 95 della Costituzione (quello per cui «il presidente del Consiglio dirige la politica generale del governo e ne è responsabile»), l'azione del titolare del Viminale nell'interesse pubblico, e la necessità di una connessione tra via libera allo sbarco e le rassicurazioni internazionali sulla redistribuzione.
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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