Il presidente americano Donald Trump ha lanciato un nuovo avvertimento ad Hamas, accusandolo di violare gli impegni presi nel cessate il fuoco con Israele. In un messaggio pubblicato su Truth, Trump ha scritto che «molti alleati degli Stati Uniti nella regione del Medio Oriente si sono detti pronti, su mia richiesta, a entrare a Gaza per raddrizzare Hamas se continuerà a violare l’accordo di pace». Il presidente ha poi aggiunto di averli frenati, «compreso Israele, perché c’è ancora speranza che Hamas faccia ciò che è giusto». Ma ha anche avvertito: «Se non lo faranno, la fine di Hamas sarà rapida, furiosa e brutale».
Intanto il vicepresidente americano JD Vance è arrivato in Israele, al «Civilian Military Coordination Center» di Kiryat Gat, nel Sud del Paese. Secondo quanto riferito dal pool della Casa Bianca, la struttura è il centro operativo della nuova forza multinazionale guidata da Washington e incaricata di supervisionare l’attuazione del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. JD Vance non ha fissato alcuna scadenza per il disarmo di Hamas. «Non ritengo opportuno stabilire che tutto debba concludersi nell’arco di una settimana», ha dichiarato durante una conferenza stampa. Sempre a proposito di incontri il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman incontrerà Donald Trump alla Casa Bianca il 18 novembre, secondo quanto riferito da Cbs News. Sarà la prima visita del principe a Washington nel secondo mandato del presidente americano, in un momento in cui Riad punta a siglare un accordo di difesa con gli Stati Uniti come fatto dal Qatar.
Fonti diplomatiche confermano che la Casa Bianca è sempre più preoccupata per le mosse del premier israeliano Benjamin Netanyahu (che ieri ha rimosso dall’incarico il consigliere per la Sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi sostituito da Gil Reich, già suo vice), che potrebbe rimettere in discussione la tregua dopo le continue violazioni da parte di Hamas. Il New York Times ha riportato che la strategia dell’amministrazione Trump è quella di evitare una nuova offensiva israeliana su vasta scala. È proprio a tale scopo che, nella regione, si trovano JD Vance, l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff e il genero del presidente, Jared Kushner, con il compito di esercitare pressioni su Israele. Lo stesso quotidiano rivela che sono in corso colloqui con la Turchia per l’invio di una squadra specializzata nel recupero dei corpi degli ostaggi israeliani scomparsi a Gaza, dopo che Hamas ha ammesso le difficoltà a riguardo (due corpi sono stati comunque riconsegnati ieri sera). Allo stesso tempo un nuovo caso di cyber-leak sta suscitando allarme a Gerusalemme. Il programma investigativo Hidden Is More Immense della rete qatariota Al Jazeera ha pubblicato un presunto «documento trapelato» contenente l’elenco di circa 30.000 piloti e militari dell’aviazione israeliana che avrebbero partecipato alla guerra di Gaza. L’elenco comprende foto e informazioni personali dei soldati, riaccendendo i timori per la sicurezza del personale militare.
Sul piano politico, l’accordo che dovrebbe aprire la strada alla creazione di un governo tecnico per Gaza si sta rivelando per Israele un terreno minato. Secondo quanto riportato da Kan Reshet Bet, Hamas starebbe partecipando in modo occulto alla formazione del nuovo esecutivo, mantenendo così un’influenza diretta sull’enclave. Il gruppo jihadista avrebbe già nominato circa la metà dei membri del futuro governo, attraverso una rete di figure «tecniche» vicine alla sua visione ideologica. L’altra metà, formalmente attribuita all’Autorità nazionale palestinese, sarebbe stata selezionata con il tacito consenso di Hamas, che di fatto manterrebbe un potere di veto sulle nomine. Dietro le apparenze di un compromesso diplomatico, Israele teme dunque la nascita di una nuova forma di controllo indiretto da parte di Hamas, un’«illusione di normalizzazione» che rischia di vanificare gli obiettivi della guerra. Fonti egiziane confermano che l’elenco completo dei futuri ministri è stato mostrato preventivamente ad Hamas per garantirne l’approvazione. Secondo l’analista israeliano Shalom Ben Hanan, ricercatore presso l’Istituto Internazionale per l’Antiterrorismo della Reichman University, «Hamas è stato indebolito ma non distrutto: nei suoi ranghi restano tra 15 e 25.000 miliziani e la capacità di rigenerarsi attraverso nuove reclute». Aggiunge che «il 90% dei razzi del gruppo è stato abbattuto, ma il suo potenziale resta».
Anche l’ex direttore del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano Giora Eiland ha sottolineato che «i siti di produzione e le rotte del contrabbando restano una minaccia costante. Non si tratta solo di togliere il pesce, ma di togliere la canna da pesca». Eiland stima che tra il 70 e l’80% della rete di tunnel di Hamas sia ancora intatta. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato che l’esercito israeliano ora concentrerà le proprie operazioni sulla distruzione dei tunnel rimasti. Inutile illudersi, per farlo ci vorranno anni e lo stesso vale per il disarmo di Hamas che oggi è un miraggio.



