
Nuove schermaglie tra Gerusalemme e le Nazioni Unite: «132.000 bimbi a rischio». «Falso, il cibo nella Striscia c’è».Ieri l’Onu ha annunciato ufficialmente l’esistenza di una carestia nella Striscia di Gaza, la prima mai registrata in Medio Oriente. Secondo i suoi esperti circa 500.000 persone vivrebbero in condizioni «catastrofiche», con 132.000 bambini sotto i cinque anni a rischio malnutrizione. L’organizzazione ha definito l’emergenza «interamente provocata dall’uomo». La replica di Israele è arrivata immediata. Il Cogat, l’ente israeliano di coordinamento delle attività governative nei Territori, ha respinto con fermezza le conclusioni dell’Ipc, l’organismo che ha elaborato i dati per conto delle Nazioni Unite. Secondo il generale Ghassan Alian, il rapporto «si fonda su fonti parziali e inaffidabili, molte delle quali riconducibili ad Hamas», ignorando sia le informazioni trasmesse a monte della pubblicazione sia gli sforzi messi in campo da Israele e dai suoi partner internazionali nelle ultime settimane per stabilizzare la situazione umanitaria. «Invece di una valutazione professionale e neutrale, l’Ipc ha adottato un approccio parziale, segnato da gravi difetti metodologici, compromettendo la sua credibilità», ha dichiarato Alian. «Ci aspettiamo che la comunità internazionale non si lasci trascinare da narrazioni infondate, ma analizzi i dati completi e i fatti reali». Israele ricorda che, mentre l’Onu ha abbassato la soglia della carestia per Gaza dal 30% al 15% di malnutrizione infantile - un parametro mai utilizzato altrove - oltre 100.000 camion di aiuti umanitari sono stati inviati nella Striscia, spesso sottratti da Hamas. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto con forza il rapporto, definendolo «una menzogna totale» e «una moderna calunnia del sangue». Ha sostenuto che gli unici a soffrire la fame siano gli ostaggi israeliani detenuti da Hamas e ribadito che Israele non pratica una politica di affamare la popolazione, ma anzi di prevenire la fame. Sulla stessa linea si è espresso l’ambasciatore israeliano a Roma, Jonathan Peled, che in un post su X ha definito «menzogne» le accuse di carestia. «Il cibo a Gaza c’è», ha scritto, allegando un video che mostra mercati e locali pieni di alimenti. «Ogni altra affermazione è pura propaganda». Come spiegare la discrepanza nei dati? Tutto sta nel metodo adottato dall’Onu: l’organizzazione contabilizza soltanto gli aiuti gestiti dalle proprie agenzie o da un numero ristretto di Ong partner, escludendo quelli inviati da governi terzi, da associazioni indipendenti, dal settore privato, dagli aviolanci internazionali e persino dai centri di distribuzione americani. Ne deriva un quadro incompleto, talvolta distorto. Il caso più evidente riguarda l’acqua. Mentre gli standard Onu fissano in 7 litri al giorno per persona la soglia minima, le rilevazioni sul terreno indicano disponibilità molto superiori: 38 litri pro capite nel Nord della Striscia e 44 nel Sud. Ciò è reso possibile dalle condotte idriche israeliane e dal contributo degli Emirati Arabi Uniti, impegnati nella costruzione di nuove infrastrutture per aumentare ulteriormente le forniture. Israele, inoltre, alimenta con la propria rete elettrica l’impianto di desalinizzazione di Deir Al Balah, che garantisce fino a 20.000 metri cubi d’acqua al giorno. Lo stesso discorso vale per gli approvvigionamenti alimentari. Dallo scorso maggio, la Global Humanitarian Foundation ha distribuito più di 2,1 milioni di pacchi, pari a circa 130 milioni di pasti, attraverso quattro centri operativi a Gaza. In parallelo, migliaia di pacchi di forniture umanitarie sono stati paracadutati da aerei provenienti da Giordania, Emirati Arabi, Egitto, Germania, Belgio, Canada e Francia. Tuttavia, la maggior parte di queste operazioni non viene riportata nelle statistiche ufficiali delle Nazioni Unite. Il rapporto tra Israele e Onu è storicamente teso, ma la guerra a Gaza ha aggravato le accuse di Gerusalemme, che considera l’Onu non più neutrale ma complice di Hamas. L’Unrwa è al centro delle critiche: Israele denuncia che molti suoi dipendenti hanno legami con gruppi terroristici e che le strutture dell’agenzia vengono usate da Hamas come basi operative e depositi di armi. Secondo il ministro della Difesa Israel Katz si tratta «di un’infiltrazione sistematica che rende l’Unrwa parte integrante della macchina terroristica di Hamas». Ieri mattina il ministro della Difesa ha reso noto di aver dato il via libera ai piani operativi delle Forze di difesa israeliane (Idf) per colpire Hamas nella Striscia di Gaza. Secondo quanto dichiarato, le operazioni prevedono una combinazione di fuoco massiccio, evacuazione della popolazione civile e interventi di terra. «Ieri abbiamo approvato i piani per sconfiggere Hamas a Gaza, attraverso un’intensa potenza di fuoco, l’evacuazione dei residenti e manovre di terra», ha scritto Katz in un comunicato ufficiale. Sul fronte terrestre, ieri le truppe dell’Idf hanno intensificato le operazioni contro le infrastrutture di Hamas in tutta la Striscia di Gaza. Giovedì i militari israeliani hanno colpito la postazione da cui erano stati lanciati mortai contro le loro unità, oltre a un sito di lancio di razzi situato a Deir Al Balah. Nel settore settentrionale, le unità dell’Idf sono impegnate alla periferia di Gaza City nello smantellamento delle strutture terroristiche. Durante le operazioni sono stati eliminati diversi militanti e neutralizzati edifici adibiti ad attività militari, incluso un deposito di armi a Zeitoun. Azioni parallele proseguono anche a Jabaliya e nelle aree limitrofe a Gaza City.
iStock
Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, l’Italia non violò le prerogative di un minore annullando, nel 2018, l’iscrizione della madre «intenzionale». Le nostre toghe, invece, interpretando a modo loro la Costituzione, ne impongono il riconoscimento.
Ansa
Progressisti in difesa della «libertà religiosa» dei musulmani. Silenzio, invece, quando censurano i cattolici.
«Roast in peace» (Amazon Prime Video)
Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.
Ansa
Il testo scritto in gran parte da papa Francesco prima di morire Al centro la Chiesa per i poveri. Poche le mediazioni di Leone.