2020-11-13
Ong in confusione: non sanno chi incolpare
Dopo che il governo ha smantellato i decreti Sicurezza, gli attivisti non trovano più capri espiatori per le nuove stragi del mare. Nessuno osa criticare Luciana Lamorgese. Altri tempi quando c'era Matteo Salvini e Roberto Saviano poteva scrivere: «Quanto piacere le dà la morte?»Se il piccolo Joseph fosse morto nel Mediterraneo un anno e mezzo fa, l'Italia avrebbe potuto dare alla sua famiglia qualcosa in più di una tomba al cimitero dei migranti di Lampedusa: avrebbe potuto offrire un assassino. Non avrebbe fatto differenza, rispetto alla gravità della terribile tragedia in sé. Ne avrebbe fatta molta, invece, rispetto a quello che attorno alla tragedia si muove. Quell'assassino sarebbe stato chiamato su tutti i giornali e in mille tweet per nome e cognome: Matteo Salvini. All'epoca del governo gialloblù funzionava così: le morti in mare, secondo la narrazione dominante, avevano le impronte digitali di un esecutivo, di un partito, addirittura di una singola persona. Eppure oggi, dopo l'ultimo naufragio, si fa fatica a trovare il nome di Luciana Lamorgese nei commenti. Non la nomina Roberto Saviano, che nel suo post sul tema se la prende con il «governo europeo» e, incredibilmente, con i «populisti». Non fa nomi il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, che parla genericamente di «un Paese senza dignità». Un Paese, ovvero tutti e nessuno. Riesce a non nominare il ministro dell'Interno anche Luigi Manconi, che ieri su Repubblica reclamizzava un sedicente Comitato per il diritto al soccorso ideato dalle Ong e che pure, in apertura di articolo, si scagliava contro il decreto Immigrazione. Chi l'avrà firmato questo decreto? Mah. Stessa reticenza si rileva nel pezzo pubblicato ieri sulla Stampa e firmato da Giorgia Linardi e Valentina Brinis, rispettivamente di Sea Watch Italia e Open Arms. Ora, intendiamoci: è giusto che nessuno stia qui a dare dell'assassina alla Lamorgese, che ha delle colpe politiche, ma che sarebbe folle incolpare personalmente per le stragi in mare. Ricordate, però, come funzionava quando al Viminale sedeva il suo predecessore? «Una donna e un bambino morti annegati. Queste sono “cartoline" con il suo francobollo che lei sta inviando in giro per il mondo», twittava il 17 luglio 2018 Laura Boldrini, rilanciando un post di Salvini. In quegli stessi giorni anche Saviano sembrava molto più carico di quanto non appaia oggi: «Quanto piacere le dà la morte inflitta dalla guardia costiera libica?», chiedeva lo scrittore rivolgendosi proprio al leader leghista. Nel maggio 2019, poi, un liceo artistico di Pisa componeva un mosaico di foto di cadaveri di migranti morti in mare che formava il ritratto di Salvini. «Tutti i morti che ha fatto la guerra di Salvini alle Ong e la strategia dei porti chiusi», titolava invece Next nel gennaio di quest'anno. Insomma, era proprio lui che ammazzava la gente. E ne godeva pure, a sentire Saviano. Ora, certo, tutto si complica. Salvini non c'è più. Fino a ieri c'erano i suoi decreti Sicurezza, e allora si poteva continuare a vedere l'ombra lunga del leader leghista anche sul nuovo esecutivo. Ora anche i decreti sono stati smantellati. E allora, a chi la diamo la colpa, adesso? «Inverno, Covid e pochi soccorsi», sintetizza, nel titolo, un articolo del Corriere della Sera che cerca di spiegare il ritorno delle morti in mare. Certo prendersela con il tempo o con un virus è dura: non si strappano like. E anche fare un mosaico con le foto delle vittime dei naufragi che vada a comporre un virus non sembra semplice. Resta il nodo dei soccorsi, certo. Nello stesso articolo, Matteo Villa, ricercatore all'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), spiega che «con l'attuale governo, la presenza in mare delle Ong tra il periodo pre-pandemia (settembre 2019 - febbraio 2020) e quello post-pandemia (giugno - oggi) si è più che dimezzata, passando dal 56 per cento al 26 per cento dei giorni». Un dato buttato lì con freddezza, senza dedurne che questo governo stia «facendo una guerra alle Ong» che «ha fatto dei morti», come da titolo di Next riportato sopra. L'articolo già citato di Giorgia Linardi e Valentina Brinis se la prende, in verità, con «il governo italiano che tiene le nostre navi bloccate mentre la gente annega» e con «l'Europa che ancora oggi continua a proporre algidi patti sulle migrazioni», anche se i toni non sono paragonabili a quelli usati all'epoca contro Salvini. Le due attiviste, tuttavia, aggiungono: «Che ci piaccia o meno il fenomeno migratorio è qui per restare». E allora eccolo, il vero nodo: la presunta inevitabilità del fenomeno. La verità è che, per quante navi delle Ong si schierino, per quante imbarcazioni della Guardia costiera si mettano a pattugliare i mari per fini umanitari, la rincorsa ai barconi sarà sempre impari. L'unico modo per fermare le morti in mare è fermare le partenze. Come? Fratelli d'Italia propone da tempo il blocco navale, per esempio. Ma è evidente che il nodo da sciogliere è soprattutto sulla terra. Il caos libico resta un macigno sulla strada della pacificazione del Mediterraneo. Un'Europa vera risolverebbe innanzitutto questo problema. Quella di oggi, invece, spalleggiata dagli intellettuali «umanitari», ritiene che in Libia si possa intervenire solo destabilizzare, come accaduto nel 2011. Guai a farlo per stabilizzare. E con questo abbiamo anche risolto il mistero su chi abbia le colpe delle morti in mare.