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2021-08-09
Le Olimpiadi più esaltanti nella storia dello sport italiano
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Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi (Ansa)
I 13 minuti che cambiarono per sempre la storia e la percezione dello sport italiano alle Olimpiadi. È l'intervallo trascorso tra le 14:40 di domenica 1° agosto, quando Gianmarco Tamberi e Mutaz Essa Barshim decisero di spartirsi la medaglia d'oro nel salto in alto, e le 14:53, momento in cui Lamont Marcell Jacobs tagliò per primo il traguardo di quella che è la gara per eccellenza dei Giochi: i 100 metri. Nemmeno il tempo di fermarsi e realizzare la portata dell'impresa appena compiuta, che ad aspettare l'uomo più veloce del mondo in fondo al rettilineo della pista dello stadio Olimpico di Tokyo c'era proprio il suo capitano, quel Gimbo che aveva appena toccato il cielo con un dito a quota 2 metri e 37 centimetri. I due si abbracciano e danno vita a quella che è e rimarrà l'immagine emblema della spedizione azzurra in Giappone.
Fino a quel momento gli azzurri si erano ben comportati con 24 delle 40 medaglie finali, di cui però soltanto due d'oro: quella del millennial Vito Dell'Aquila nel taekwondo e della coppia Valentina Rodini e Federica Cesarini nel canottaggio nella specialità doppio pesi leggeri. 8 argenti e 14 bronzi avevano fatto storcere il naso a molti, con qualcuno che aveva addirittura azzardato parlare di «spedizione fallimentare». Poi la svolta. Quel doppio oro che in meno di un quarto d'ora ha spostato tutto, comprese le motivazioni e la carica degli atleti che avrebbero dovuto gareggiare nei giorni successivi. Non solo sono arrivati altri 16 podi che hanno contribuito a polverizzare il record di 36 medaglie conquistate a Roma nel 1960 e a Los Angeles nel 1932, ma è stato arricchito il medagliere con altri sei ori: a partire dalla sensazionale staffetta della 4x100 con ancora Jacobs insieme a Filippo Tortu, autore di un'ultima frazione mostruosa, Lorenzo Patta ed Eseosa Desalu, passando per le marce trionfali nei 20 chilometri di Antonella Palmisano e Massimo Stano, al capolavoro firmato da Filippo Ganna, Simone Consonni, Jonathan Milan e Francesco Lamon nel ciclismo su pista specialità inseguimento a squadre, alla vittorie di Caterina Banti e Ruggero Tita nella vela categoria Nacra 17 e allo storico oro di Luigi Busà nel karate-kumite 75 chilogrammi. Particolarmente entusiasmanti sono state le imprese di Gregorio Paltrinieri: il nuotatore di Carpi, dopo aver vinto un argento in vasca negli 800 metri stile libero, si è letteralmente superato salendo sul terzo gradino del podio della gara dei 10 chilometri di fondo.Tutto questo dopo aver avuto la mononucleosi a fine giugno che ne aveva messo in dubbio addirittura la partecipazione ai Giochi. SuperGreg non solo a Tokyo ci è andato, ma è stato anche protagonista. E chissà cosa sarebbe stato quel quarto posto nei 1500 in condizioni migliori. Restando sul nuoto, il bilancio azzurro è tutto sommato positivo con 2 argenti e 5 bronzi. Oltre le due medaglie di Paltrinieri, sono arrivati l'argento della staffetta 4x100 stile libero con Alessandro Miressi, Thomas Ceccon, Lorenzo Zazzeri e Manuel Frigo, il bronzo di Federico Burdisso nei 200 farfalla e quello di Nicolò Martinenghi nei 100 rana, il bronzo di Simona Quadarella negli 800 stile libero, il bronzo nella 4x100 mista uomini con Burdisso, Ceccon, Martinenghi e Miressi. Rimanendo in acqua, ma spostandoci dalla piscina, anche canoa e canottaggio sono state terra di conquista per i colori azzurri. Detto dell'oro targato Rodini-Cesarini, nella 4 senza di canottaggio Matteo Castaldo, Marco Di Costanzo, Matteo Lodo e Giuseppe Vicino hanno conquistato un incredibile bronzo, con Vicino che a pochi minuti dall'inizio della gara ha dovuto sostituire Bruno Rosetti, il cui tampone al covid è risultato positivo. Manfredi Rizza ha riportato dopo tanti anni l'Italia sul podio della gara per eccellenza della canoa, la K1 200 metri con una medaglia d'argento.
Anche il ciclismo ha fatto la sua parte. Il trionfo di Ganna e compagni, con il finale di gara al fotofinish e il sorpasso sulla squadra danese negli ultimi 125 metri della pista dell'Izu Velodrome, si somma al bronzo di Elisa Longo Borghini nella prova in linea e a quello in rimonta di Elia Viviani nell'omnium. Ottimo in termini di medaglie il contributo dagli sport delle arti marziali: oltre all'oro di Dell'Aquila, abbiamo portato a casa due bronzi nel judo con Odette Giuffrida nei 52 kg e Maria Centracchio nei 62 kg, Nel karate, lo splendido oro di Busà era stato preceduto dal bronzo di Viviana Bottaro nella specialità kata. Nella lotta la delusione del campione olimpico di Rio 2016 Frank Chamizo, eliminato in semifinale e sconfitto nella finale per il terzo posto, è stata parzialmente colmata dal bronzo di Abraham Conyedo Ruano nella categoria 97 kg. Tre medaglie sono arrivate dal sollevamento pesi: Mirko Zanni nei 67 kg, Giorgia Bordignon nei 64 kg e Antonino Pizzolato negli 81 kg, tutti e tre di bronzo. Bronzo come la storica medaglia conquistata da Irma Testa nel pugilato 57 kg, prima donna italiana a salire su un podio olimpico nella boxe.
Immensa Vanessa Ferrari che a 30 anni, dopo tanti infortuni e un quarto posto beffa a Rio, è andata a prendersi un argento nel corpo libero. Le farfalle della ginnastica ritmica hanno vinto il bronzo nella prova a squadre. Bene anche il tiro a volo con l'argento di Diana Bacosi nello skeet e il tiro con l'arco, con l'argento di Mauro Nespoli e il bronzo di Lucilla Boari.
Delusione, invece, per quanto riguarda gli sport di squadra, dove se la nazionale di basket è uscita a testa altissima ai quarti di finale contro la Francia, poi finalista e argento contro il Dream team Usa, era lecito aspettarsi qualcosa di più dal volley maschile e femminile e dal Settebello della pallanuoto. Il vero flop, però è da individuare nella scherma, tradizionalmente vera fucina di medaglie alle Olimpiadi. A Tokyo sono arrivati «soltanto» tre argenti, Luigi Samele nella sciabola, Daniele Garozzo nel fioretto e Berrè, Curatoli, Samele e Aldo Montano nella sciabola a squadre; e due bronzi, Fiamingo, Isola, Navarria e Santuccio nella spada a squadre e Batini, Cipressa, Errigo e Volpi nel fioretto a squadre. Troppo poco per una nazionale che nell'ultimo mezzo secolo ci aveva abituato a ben altri numeri.
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Si è conclusa ieri la XXXII edizione dei Giochi. Per i nostri colori un successo senza precedenti: 16 podi in 16 giorni e 40 medaglie in 19 discipline diverse, con l'atletica sugli scudi con ben 5 ori. Le imprese di Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs hanno rotto gli argini dell'impossibile. Vanessa Ferrari infinita, Filippo Ganna leader, Gregorio Paltrinieri leggendario, Irma Testa storica, farfalle impeccabili. Flop invece nella scherma e negli sport di squadra.I 13 minuti che cambiarono per sempre la storia e la percezione dello sport italiano alle Olimpiadi. È l'intervallo trascorso tra le 14:40 di domenica 1° agosto, quando Gianmarco Tamberi e Mutaz Essa Barshim decisero di spartirsi la medaglia d'oro nel salto in alto, e le 14:53, momento in cui Lamont Marcell Jacobs tagliò per primo il traguardo di quella che è la gara per eccellenza dei Giochi: i 100 metri. Nemmeno il tempo di fermarsi e realizzare la portata dell'impresa appena compiuta, che ad aspettare l'uomo più veloce del mondo in fondo al rettilineo della pista dello stadio Olimpico di Tokyo c'era proprio il suo capitano, quel Gimbo che aveva appena toccato il cielo con un dito a quota 2 metri e 37 centimetri. I due si abbracciano e danno vita a quella che è e rimarrà l'immagine emblema della spedizione azzurra in Giappone.Fino a quel momento gli azzurri si erano ben comportati con 24 delle 40 medaglie finali, di cui però soltanto due d'oro: quella del millennial Vito Dell'Aquila nel taekwondo e della coppia Valentina Rodini e Federica Cesarini nel canottaggio nella specialità doppio pesi leggeri. 8 argenti e 14 bronzi avevano fatto storcere il naso a molti, con qualcuno che aveva addirittura azzardato parlare di «spedizione fallimentare». Poi la svolta. Quel doppio oro che in meno di un quarto d'ora ha spostato tutto, comprese le motivazioni e la carica degli atleti che avrebbero dovuto gareggiare nei giorni successivi. Non solo sono arrivati altri 16 podi che hanno contribuito a polverizzare il record di 36 medaglie conquistate a Roma nel 1960 e a Los Angeles nel 1932, ma è stato arricchito il medagliere con altri sei ori: a partire dalla sensazionale staffetta della 4x100 con ancora Jacobs insieme a Filippo Tortu, autore di un'ultima frazione mostruosa, Lorenzo Patta ed Eseosa Desalu, passando per le marce trionfali nei 20 chilometri di Antonella Palmisano e Massimo Stano, al capolavoro firmato da Filippo Ganna, Simone Consonni, Jonathan Milan e Francesco Lamon nel ciclismo su pista specialità inseguimento a squadre, alla vittorie di Caterina Banti e Ruggero Tita nella vela categoria Nacra 17 e allo storico oro di Luigi Busà nel karate-kumite 75 chilogrammi. Particolarmente entusiasmanti sono state le imprese di Gregorio Paltrinieri: il nuotatore di Carpi, dopo aver vinto un argento in vasca negli 800 metri stile libero, si è letteralmente superato salendo sul terzo gradino del podio della gara dei 10 chilometri di fondo.Tutto questo dopo aver avuto la mononucleosi a fine giugno che ne aveva messo in dubbio addirittura la partecipazione ai Giochi. SuperGreg non solo a Tokyo ci è andato, ma è stato anche protagonista. E chissà cosa sarebbe stato quel quarto posto nei 1500 in condizioni migliori. Restando sul nuoto, il bilancio azzurro è tutto sommato positivo con 2 argenti e 5 bronzi. Oltre le due medaglie di Paltrinieri, sono arrivati l'argento della staffetta 4x100 stile libero con Alessandro Miressi, Thomas Ceccon, Lorenzo Zazzeri e Manuel Frigo, il bronzo di Federico Burdisso nei 200 farfalla e quello di Nicolò Martinenghi nei 100 rana, il bronzo di Simona Quadarella negli 800 stile libero, il bronzo nella 4x100 mista uomini con Burdisso, Ceccon, Martinenghi e Miressi. Rimanendo in acqua, ma spostandoci dalla piscina, anche canoa e canottaggio sono state terra di conquista per i colori azzurri. Detto dell'oro targato Rodini-Cesarini, nella 4 senza di canottaggio Matteo Castaldo, Marco Di Costanzo, Matteo Lodo e Giuseppe Vicino hanno conquistato un incredibile bronzo, con Vicino che a pochi minuti dall'inizio della gara ha dovuto sostituire Bruno Rosetti, il cui tampone al covid è risultato positivo. Manfredi Rizza ha riportato dopo tanti anni l'Italia sul podio della gara per eccellenza della canoa, la K1 200 metri con una medaglia d'argento.Anche il ciclismo ha fatto la sua parte. Il trionfo di Ganna e compagni, con il finale di gara al fotofinish e il sorpasso sulla squadra danese negli ultimi 125 metri della pista dell'Izu Velodrome, si somma al bronzo di Elisa Longo Borghini nella prova in linea e a quello in rimonta di Elia Viviani nell'omnium. Ottimo in termini di medaglie il contributo dagli sport delle arti marziali: oltre all'oro di Dell'Aquila, abbiamo portato a casa due bronzi nel judo con Odette Giuffrida nei 52 kg e Maria Centracchio nei 62 kg, Nel karate, lo splendido oro di Busà era stato preceduto dal bronzo di Viviana Bottaro nella specialità kata. Nella lotta la delusione del campione olimpico di Rio 2016 Frank Chamizo, eliminato in semifinale e sconfitto nella finale per il terzo posto, è stata parzialmente colmata dal bronzo di Abraham Conyedo Ruano nella categoria 97 kg. Tre medaglie sono arrivate dal sollevamento pesi: Mirko Zanni nei 67 kg, Giorgia Bordignon nei 64 kg e Antonino Pizzolato negli 81 kg, tutti e tre di bronzo. Bronzo come la storica medaglia conquistata da Irma Testa nel pugilato 57 kg, prima donna italiana a salire su un podio olimpico nella boxe.Immensa Vanessa Ferrari che a 30 anni, dopo tanti infortuni e un quarto posto beffa a Rio, è andata a prendersi un argento nel corpo libero. Le farfalle della ginnastica ritmica hanno vinto il bronzo nella prova a squadre. Bene anche il tiro a volo con l'argento di Diana Bacosi nello skeet e il tiro con l'arco, con l'argento di Mauro Nespoli e il bronzo di Lucilla Boari.Delusione, invece, per quanto riguarda gli sport di squadra, dove se la nazionale di basket è uscita a testa altissima ai quarti di finale contro la Francia, poi finalista e argento contro il Dream team Usa, era lecito aspettarsi qualcosa di più dal volley maschile e femminile e dal Settebello della pallanuoto. Il vero flop, però è da individuare nella scherma, tradizionalmente vera fucina di medaglie alle Olimpiadi. A Tokyo sono arrivati «soltanto» tre argenti, Luigi Samele nella sciabola, Daniele Garozzo nel fioretto e Berrè, Curatoli, Samele e Aldo Montano nella sciabola a squadre; e due bronzi, Fiamingo, Isola, Navarria e Santuccio nella spada a squadre e Batini, Cipressa, Errigo e Volpi nel fioretto a squadre. Troppo poco per una nazionale che nell'ultimo mezzo secolo ci aveva abituato a ben altri numeri.
David Neres festeggia con Rasmus Hojlund dopo aver segnato il gol dell'1-0 durante la semifinale di Supercoppa italiana tra Napoli e Milan a Riyadh (Ansa)
Nella prima semifinale in Arabia Saudita i campioni d’Italia superano 2-0 i rossoneri con un gol per tempo di Neres e Hojlund. Conte: «Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza». Allegri: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà».
È il Napoli la prima finalista della Supercoppa italiana. All’Alawwal Park di Riyadh, davanti a 24.941 spettatori, i campioni d’Italia superano 2-0 il Milan al termine di una semifinale mai realmente in discussione e torneranno lunedì nello stadio dell’Al Nassr per giocarsi il primo trofeo stagionale contro la vincente di Bologna-Inter, in programma domani sera.
Decidono un gol per tempo di Neres e Hojlund, protagonisti assoluti di una gara che la squadra di Antonio Conte ha interpretato con maggiore lucidità, intensità e qualità rispetto ai rossoneri. Il pubblico saudita, arrivato a scaglioni sugli spalti come da consuetudine locale, si è acceso soprattutto per Luka Modric durante il riscaldamento, più inquadrato sugli smartphone che realmente seguito sul campo, ma alla lunga è stato il Napoli a prendersi scena e risultato. Un successo meritato per i partenopei che rispetto al Milan hanno dimostrato di avere più idee e mezzi per colpire.
Conte ha scelto la miglior formazione possibile, confermando il 3-4-2-1 con l’unica eccezione rispetto alle ultime gare di campionato che riguarda il ritorno tra i titolari di Politano al posto di Lang. Davanti la coppia McTominay-Neres ad agire alle spalle di Hojlund. Ed è stato proprio il centravanti danese uno dei protagonisti del match e della vittoria del Napoli, mettendo lo zampino in entrambi i gol e facendo impazzire in marcatura De Winter. L’ex difensore del Genoa è stato scelto da Allegri come perno della difesa a tre per sostituire l'infortunato Gabbia, un’assenza che alla fine dei conti si è rivelata più pesante del previsto. Ma se quella del difensore centrale era praticamente una scelta obbligata, il turnover applicato in mezzo al campo e sulla corsia di destra non ha restituito gli effetti desiderati. Nel solito 3-5-2 hanno trovato spazio dal primo minuto anche Jashari e Loftus-Cheek, titolari al posto di Modric e Fofana, ed Estupinan per far rifiatare Bartesaghi, uno degli uomini più in forma tra i rossoneri.
Il Napoli ha preso infatti fin da subito l’iniziativa, con Elmas al tiro già al 2’ e con Maignan attento a bloccare senza problemi. Il Milan ha poi avuto due ghiotte occasioni: al 5’ sugli sviluppi di una rimessa laterale Pavlovic ha tentato una rovesciata, il pallone è arrivato a Loftus-Cheek che, solo davanti a Milinkovic-Savic, ha mancato incredibilmente l’impatto; al 16' Saelemaekers ha sprecato calciando alto da buona posizione. È l’illusione rossonera, perché da quel momento sono i partenopei a comandare il gioco. Al 32' McTominay ha sfiorato il vantaggio con un destro di prima poco fuori, mentre Nkunku al 37’ ha confermato il suo momento negativo non inquadrando nemmeno la porta a conclusione di un contropiede che poteva cambiare la partita. Partita che è cambiata in maniera decisiva due minuti dopo, al 39’, quando è arrivato il gol che ha sbloccato la semifinale: da un'azione insistita di Elmas sulla sinistra, il pallone è arrivato a Hojlund il cui tiro in diagonale ha messo in difficoltà Maignan. La respinta troppo corta del portiere francese è finita sui piedi di Neres, il più rapido ad avventarsi sul pallone e a depositarlo in rete. Il Napoli è andato vicino al raddoppio già prima dell’intervallo con un altro contropiede orchestrato da Elmas e concluso da Hojlund, su cui Maignan ha dovuto compiere un mezzo miracolo.
Nella ripresa il copione non è cambiato. Rrahmani ha impegnato ancora Maignan da fuori area, poi al 64’ è arrivato il 2-0 che ha chiuso la partita: Spinazzola ha affondato a sinistra e servito Hojlund, veloce e preciso a finalizzare con freddezza, firmando così una prestazione dominante contro un De Winter in grande difficoltà. Allegri ha provato a cambiare volto alla gara passando al 4-1-4-1 con l’ingresso di Fofana e Athekame, ma il Milan non è riuscito di fatto mai a rientrare davvero in partita. Anzi. Al 73' uno scatenato Hojlund ha sfiorato la doppietta personale. Poi, al 75', il Milan ha regalato alla parte di stadio rossonera la gioia più grande di tuta la serata, ovvero l'ingresso in campo di Modric. Il croato è entrato tra gli applausi del pubblico, ma è solo una nota di colore in una serata che resta saldamente nelle mani del Napoli. Nel finale spazio anche a qualche tensione, sia in campo che in panchina. Prima le scintille tra Tomori e McTominay, ammoniti entrambi da Zufferli. Poi, in pieno recupero, un battibecco verbale tra Oriali e Allegri. E mentre scorrevano i sette minuti di recupero concessi dal direttore di gara, accompagnato dal coro dei tifosi sauditi di fede azzurra «Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi», è arrivato il verdetto definitivo.
Nel post partita Massimiliano Allegri ha riconosciuto i meriti degli avversari: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà». Sull’eliminazione da Coppa Italia e Supercoppa è stato netto: «Siamo dispiaciuti, ma il nostro obiettivo resta la qualificazione in Champions, che è un salvavita per la società». Di tutt’altro tono Antonio Conte, soddisfatto della risposta della sua squadra: «Battere il Milan fa morale. Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza. Con energia, anche in emergenza, siamo difficili da affrontare». Parole di elogio per Hojlund: «Ha 22 anni, grandi margini di crescita e oggi è stato determinante. Sta capendo sempre di più quello che gli chiedo».
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