
Il numero due della Casa Bianca ha tenuto un discorso storico che riprende le preoccupazioni di cui è portabandiera «La Verità». Finalmente c’è la rivolta della gente normale, dopo anni di «green» alla Greta e di minoranze che s’impongono sulla maggioranza.degli Stati Uniti si è rivolto ai capi di Stato europei riuniti a Monaco è uno di quegli interventi destinati a lasciare tracce. Le sue non sono state parole di circostanza, banali saluti necessari a inaugurare riunioni in cui, di solito, non si decide nulla perché tutto, poi, è affidato alle trattative che avvengono dietro le quinte con l’ausilio degli sherpa.No, J. D. Vance, un tipo che prima di vincere le elezioni al fianco di Donald Trump ha già vissuto due o tre vite servendo nel corpo dei marines, facendo l’avvocato, lo scrittore, l’imprenditore e non ricordo più che altro, durante la conferenza in Baviera ha usato frasi che lasciano il segno. Il succo del suo discorso non è stato tanto quel che ha detto a proposito dell’Ucraina, argomento assai dibattuto in queste ore dopo l’annuncio di possibili soluzioni per il cessate il fuoco. A colpire è stato il suo attacco al cuore dell’Europa o, meglio, le aperte critiche rivolte a quella che è unanimemente ritenuta la patria dei diritti e la culla della cultura ma che, ormai, è solo la patria dei burocrati di Bruxelles. Quello di Vance è un nuovo sbarco in Normandia, anzi a Monaco.Mentre gli occhi dei commentatori e delle istituzioni europee sono puntati su Mosca, ritenuta una minaccia per la sopravvivenza della democrazia in Ucraina ma forse, come dice l’eurodeputato francese Raphaël Glucksmann, nella stessa Ue, Vance ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica su ciò che sta avvenendo nel Vecchio continente. «La minaccia che mi preoccupa di più nei confronti dell’Europa non è la Russia, non è la Cina, non è nessun altro attore esterno; ciò che mi preoccupa è la minaccia dall’interno, l’allontanamento dell’Europa da alcuni dei suoi valori fondamentali, condivisi con gli Stati Uniti d’America».Il senso è chiaro e riecheggia le preoccupazioni di cui questo giornale si è fatto portabandiera fin dalla sua fondazione, non piegandosi al conformismo del politicamente corretto, ribellandosi all’indottrinamento gender e al bavaglio di chi voleva impedire che su certi argomenti si potesse esprimere una opinione che andasse in direzione ostinata e contraria. «In Gran Bretagna e in tutta Europa», ha detto Vance, «temo che la libertà di parola sia in ritirata. A quanto pare non si può imporre l’innovazione o la creatività, così come non si possono forzare le persone a pensare, sentire o credere».Per il vicepresidente americano, l’Europa di oggi, quella democratica uscita vincitrice dalla Seconda guerra mondiale ma anche dalla guerra fredda, sembra non condividere più i valori di libertà di espressione che per molti anni l’hanno contraddistinta. «Davvero non mi è chiaro che cosa sia successo», ha commentato. Come è possibile che Paesi che avevano eretto il dissenso a faro di indipendenza, di riscatto e di emancipazione, oggi non solo impongano la pulizia etnica e sessuale del linguaggio ma addirittura, contro la libertà di parola e di critica, vogliano introdurre restrizioni e pene? E facendosi beffe di chi accusa Elon Musk di volta in volta di essere nazista, populista, fascista o semplicemente tossicodipendente, il vicepresidente Usa ha detto: «Se la democrazia americana può sopravvivere a dieci anni di critiche da parte dell’attivista per il clima Greta Thunberg, l’Europa può sopravvivere a qualche mese di Elon Musk». Una battuta, ma anche un richiamo alla realtà, una doccia fredda dopo anni di sbornia ambientalista, di chiacchiere in difesa di minoranze che, ritenendosi oppresse, si sentono legittimate a opprimere la maggioranza, impedendo ogni obiezione che a loro non sia gradita.Forse qualcuno riterrà che io esageri ad accostare le frasi di Vance a quelle di alcuni grandi della storia. Può darsi che abbia ragione. Tuttavia, io da tempo non sentivo parole così franche e chiare contro i luoghi comuni. Soprattutto, da tempo non le sentivo pronunciate in faccia a un establishment che dell’ambientalismo, del politicamente corretto e delle teorie gender ha fatto un dogma, corroborandolo con centinaia di norme. Dunque, non posso commentare che con un unico avverbio: finalmente. Non vedevamo l’ora. Quella di Vance è la rivolta della gente normale, la rivoluzione della maggioranza silenziosa, l’urlo liberatorio di chi ha conservato un po’ di buon senso e non sopporta più la dittatura di un’élite.
Massimo Recalcati (Ansa)
Massimo Recalcati osa mettere in dubbio la battaglia per le lezioni di affettività e sessualità a scuola, tanto care all’universo progressista cui appartiene anche lui. E subito «Repubblica» rimette in riga il compagno che sbaglia: «La realtà non la decide Valditara».
2025-11-04
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