Il Cdm proroga il blocco dei confini e proibisce visite a parenti e amici nelle aree a rischio più alto. Luca Zaia invoca un «tagliando» dei criteri, Stefano Bonaccini «comunicazioni rapide». Matteo Salvini: «Riattivare palestre, piscine e teatri».
Il Cdm proroga il blocco dei confini e proibisce visite a parenti e amici nelle aree a rischio più alto. Luca Zaia invoca un «tagliando» dei criteri, Stefano Bonaccini «comunicazioni rapide». Matteo Salvini: «Riattivare palestre, piscine e teatri».La novità, per ora, è che c'è un divieto in più. E non di poco conto, visto che limiterà ulteriormente gli spostamenti di milioni di italiani. Il primo decreto anti Covid dell'era Draghi era atteso dai più con un misto di curiosità e apprensione, come banco di prova di un eventuale cambio di rotta (o almeno di un segnale che andasse in questo senso) sul modo di affrontare l'emergenza e il sistema delle chiusure. E invece, forse perché è passato ancora troppo poco tempo dall'insediamento del nuovo esecutivo e metà della sua squadra manca all'appello, si può dire che per il momento ci si è mossi nel solco del Conte bis. Con un'aggiunta sostanziale: d'ora in poi e fino al 27 marzo, chi ricade sotto una zona rossa, non potrà più far visita ai propri parenti o amici, nemmeno per una sola volta al giorno, «salvo a motivi di lavoro, necessità o salute», cosa che fino a ieri era invece consentita. Quanto alle norme generali sugli spostamenti, come anticipato dai governatori al termine della riunione di domenica sera, è stato prorogato (sempre fino al 27 marzo) il divieto di spostamento da una Regione all'altra, anche tra quelle gialle, mentre nelle zone gialle e arancioni si potrà continuare, per una sola volta al giorno, a fare visita a parenti e amici, purché in numero non maggiore di due adulti, che possono portare con sé i figli minori di 14 anni (o altri minori di 14 anni sui quali esercitino la responsabilità genitoriale) e le persone conviventi disabili o non autosufficienti. Il tutto, sempre nel rispetto del coprifuoco nazionale, che resta confermato dalle 22 alle 5 del mattino. Resta anche la deroga, nelle zone arancioni, al divieto di spostarsi al di fuori del proprio Comune di residenza, nel caso si viva in un comune con meno di 5.000 abitanti. Lo spostamento, comunque, potrà avvenire solo nel raggio di 30 chilometri dal Comune di partenza, così come restano liberi gli spostamenti all'interno delle Regioni collocate in fascia gialla. Sempre consentito il rientro in residenza o domicilio. Queste, dunque, le misure adottate ieri dall'esecutivo, che però lasciano sul tavolo una serie di questioni aperte, sulle quali da più parti sono arrivate sollecitazioni per una risposta celere. Come i criteri in base ai quali decidere chiusure e riaperture, la stessa divisione in fasce colorate, la tempistica delle comunicazioni e delle valutazioni del Cts, e il piano vaccinale. Da questo punto di vista, che il lavoro da fare sia molto lo ha ricordato al governo il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che nella sua veste di numero uno dei governatori ha fatto presente che se da una parte la proroga degli spostamenti tra Regioni era stata concordata, dall'altra la nuova stretta sulle zone rosse è stata un'iniziativa unilaterale di Palazzo Chigi. «Noi chiediamo», ha aggiunto Bonaccini, «di rivedere complessivamente ciò che fino ad oggi ha comportato un sistema di regole e provvedimenti. Ad esempio che non arrivino provvedimenti comunicati 24 ore prima, poi che si rivedano complessivamente i 21 parametri che oggi determinano lo spostamento in entrata e in uscita dalle zone. Questa», ha concluso, «è una discussione che faremo con il governo». Su questo punto ha insistito anche il governatore veneto Luca Zaia, che ha chiesto un «tagliando rispetto all'approccio e ai parametri dopo quest'anno di esperienza», oltre a ricordare l'assoluta necessità che i ristori alle aziende danneggiate siano «immediati». Una discussione, quella sui parametri, che investe anche la politica, avendo come posta in gioco la sopravvivenza di milioni di imprese e di interi comparti produttivi ed economici: il leader leghista Matteo Salvini, nelle ultime ore, ha intensificato il pressing sul governo affinché si dia il via libera, in sicurezza, a una serie di parziali riaperture, come quelle di palestre, piscine e teatri: «Serve trovare», ha detto, «delle soluzioni per ripartire, zone rosse e arancioni nazionali non hanno senso». Per Salvini, sulla strategia anti Covid «serve un cambio di passo», esattamente quello che a suo avviso, specialmente sul piano vaccinale, non è in grado di imprimere il il supercommissario Domenico Arcuri. Sulle parziali riaperture Salvini potrebbe trovare un alleato nel capodelegazione dem al governo, Dario Franceschini, che da ministro della Cultura auspica che l'Italia possa essere «il primo Paese a riaprire cinema e teatri», previa adozione di ulteriori misure di precauzione. Dall'opposizione, Giorgia Meloni attacca, parlando di decisioni «in perfetta continuità con quello accaduto fino a ieri, cioè si continua a scaricare il tema del contagio su alcune categorie, che si è deciso che devono fare il capro espiatorio». Sul fronte dei dati, infine, preoccupano quelli relativi a Brescia e provincia: 9.500 casi di Covid registrati nelle ultime settimane, con un possibile intervento del Cts nelle prossime ore a decretare la zona rossa, come ha fatto sapere il sindaco Emilio Del Bono.
iStock
L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






