
La svolta storica annunciata da Francesco nove mesi fa non si è mai realizzata. Le richieste di accesso agli atti dei processi cadono nel vuoto. Come accade ai legali della vittima del caso don Mauro Galli a Milano.Parole in libertà. Ci sono due termini che il Vaticano ha fatto propri, irradiandoli di luce divina come se fossero stati colpiti da una lama di sole nella penombra d'una chiesa: inclusione e resilienza. Oggi abbelliscono ogni discorso come le palline di Natale, danno un superficiale senso di profondità a ogni concetto. Non più espressioni, ma simboli. Ecco, per le vittime degli abusi sessuali da parte dei sacerdoti le due parole contano zero, sopraffatte dai loro contrari: esclusione dagli atti, fragilità nel concretizzare gli annunci di papa Francesco. Lui vorrebbe accelerare, la Chiesa rimane graniticamente ferma.Era dicembre 2019 quando tutti i media italiani e internazionali diedero ampio risalto a una decisione del Pontefice che, secondo le entusiastiche conclusioni dei commentatori, avrebbe cambiato per sempre i rapporti con le vittime di violenze facendo esaltare un terzo termine chiave: trasparenza. Il Santo Padre decise di abolire il «segreto pontificio» per i casi di abusi sui minori e di rendere disponibili gli atti (o anche solo il verdetto) del processo canonico a carico dei preti accusati di pedofilia. Dopo la svolta arrivata a mettere il punto esclamativo sul convegno internazionale in Vaticano dedicato al delicatissimo tema, numerose vittime hanno chiesto l'accesso ai documenti attraverso i loro legali ma non hanno ottenuto nulla, né dossier né risposte.Un esempio concreto è quello legato al procedimento giudiziario e alla condanna in primo grado (sei anni e quattro mesi) a Milano di don Mauro Galli per l'abuso di Alessandro Battaglia, minore al tempo della vicenda avvenuta nel dicembre 2011 a Rozzano. Un caso molto dibattuto per l'opaca gestione da parte della diocesi ambrosiana e soprattutto dell'allora vicario episcopale Mario Delpini, attuale arcivescovo di Milano, che invece di proporre l'apertura dell'«indagine previa» (l'inchiesta prevista dal diritto canonico) decise semplicemente di trasferire il sacerdote a Legnano, sempre in unità parrocchiali con oratori, quindi a contatto con adolescenti. Un atteggiamento che lo stesso Papa avrebbe in seguito condannato nel motu proprio «Vos estis lux mundi», allargando l'imputabilità anche ai vescovi e ai chierici cosiddetti omertosi o insabbiatori. Attraverso l'avvocato Fulvio Gaballo, la famiglia della vittima ha fatto richiesta alla Congregazione per la dottrina della fede della documentazione relativa al processo canonico e di quella relativa a eventuali provvedimenti presi a carico di monsignor Delpini e di monsignor Pierantonio Tremolada (allora responsabile dei giovani sacerdoti). Silenzio assoluto da quasi tre mesi, come se il segreto pontificio fosse ancora in vigore. Silenzio assoluto anche per le altre numerose vittime italiane e straniere, come sottolinea Francesco Zanardi, presidente dell'associazione Rete l'Abuso. «Purtroppo quella dell'accesso trasparente agli atti è un'altra Papa-bufala. Nove mesi dopo l'annuncio tutto è rimasto come prima; come ci confermano diversi nostri assistiti che hanno avanzato domanda di accesso, non solo non hanno ottenuto i documenti promessi, ma neppure gli hanno risposto». Un piccolissimo passo avanti va comunque segnalato: in un paio di casi nei quali a fare la richiesta è stata l'autorità giudiziaria, la risposta è arrivata, accompagnata da scarni dossier. Precisa Zanardi: «Tranne poche carte di nessuna importanza come la consacrazione del sacerdote e qualche altro appunto, nulla di rilevante». Da qualche tempo il Vaticano mira a evitare le denunce mettendo a disposizione risarcimenti in denaro con assoluto vincolo di riservatezza. All'estero la media è di 50.000 euro, in Italia nella prima fase si va da 5.000 a 25.000. E se nell'inchiesta c'è il rischio del coinvolgimento di alti prelati, si superano anche i 100.000 euro. Una brutta china. Eppure papa Francesco aveva puntato molto sulla rimozione del segreto pontificio per dare un segnale mondiale di trasparenza e al tempo stesso di discontinuità. Doveva essere un gesto di grande liberalità, a conferma della volontà di collaborazione della Chiesa nel combattere una battaglia giusta contro uno dei crimini più odiosi. Allora il Pontefice disse solennemente: «Dobbiamo ascoltare il grido dei piccoli che chiedono giustizia, non con semplici e scontate condanne ma con misure concrete ed efficaci per contrastare un male che affligge la Chiesa e l'umanità». Un invito che nove mesi dopo si rivela un colpo di vento. La melina vaticana sui risultati dei processi canonici è determinata da un prevedibile risvolto legale: in caso di condanna, gli abusati avrebbero un'arma in più per portare nei tribunali laici i sacerdoti colpevoli. In ogni caso il silenzio suscita diffidenza perché, nel caso di don Galli, un'eventuale assoluzione canonica gli consentirebbe in teoria di essere assegnato a una parrocchia nonostante la condanna di un tribunale italiano. La vicenda specifica non è finita, si attende il processo d'Appello. Rete l'Abuso ha chiesto ufficialmente un sollecito perché il dibattimento venga messo in calendario dal tribunale di Milano; all'orizzonte del 2021 - in assenza di resilienza, trasparenza e inclusione - c'è il concreto rischio di prescrizione.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






