2019-06-28
Serve subito una commissione d’inchiesta
Se confermate le ipotesi degli inquirenti, saremmo di fronte a un sistema che, come per l'immigrazione, punta su materiale umano per speculare con troppe complicità. Ma la proposta di una indagine parlamentare sulle comunità che accolgono minori è bloccata Per conservare un filo di fiducia nel genere umano, resta una sola speranza: che gli inquirenti si sbaglino. Perché se si dimostrasse fondata l'inchiesta Angeli e demoni della Procura di Reggio Emilia, che ieri ha ottenuto misure cautelari per il sindaco pd di Bibbiano, Andrea Carletti, e per altri 16 tra assistenti sociali, medici, psicologi e psicoterapeuti, sarebbero confermati tutti i peggiori dubbi che gravano sull'opaco sistema degli affidi familiari e sulle troppe anomalie della giustizia minorile italiana. Quello che emerge a Bibbiano non è soltanto l'ultimo «inferno dei bambini»: è un business osceno, che intenzionalmente crea atroci sofferenza in povere creature indifese al solo scopo di trarne un guadagno. È un doppione del vergognoso sistema che gonfia l'emergenza immigrazione per specularci su: se possibile, però, è ancora più abietto perché lucra sulla pelle dei bambini.È lunga, la lista delle accuse contenute nell'inchiesta della pm reggiana Valentina Salvi: maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, violenza privata, tentata estorsione... Ma non rende appieno i cupi colori del disastro che ha scoperchiato. Le indagini accusano i servizi sociali di aver falsificato atti per strappare alle loro famiglie decine e forse centinaia di bimbi, per poi collocarli in affido retribuito presso strutture compiacenti e complici. Nelle carte dell'accusa si racconta di sedute di psicoterapia trasformate in vergognose messe in scena, dove i terapeuti si vestivano come i personaggi «cattivi» delle fiabe per instillare nei piccoli pazienti la falsa rappresentazione dei genitori intenti a fare loro del male: peggio di un lavaggio del cervello. Si legge perfino che alcuni indagati avrebbero suggestionato i minori con gli impulsi elettrici di una «macchinetta dei ricordi»: se è vera, è un'idea da sadici criminali perché si sarebbe somministrato una specie di elettrochoc ai bambini allo scopo di «alterarne lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari». Con l'obiettivo di strappare quei bambini alle famiglie per deportarli in strutture retribuite con fondi pubblici, e poi dividersi il bottino.Ma se questo obbrobrio è vero, di che cosa altro c'è bisogno? Che cosa serve, ancora, per istituire subito la «Commissione parlamentare d'inchiesta sulle comunità che accolgono minori» chiesta lo scorso 2 aprile da Riccardo Molinari, presidente dei deputati leghisti? Da tre mesi la proposta di Molinari prende polvere in un cassetto della Camera, non è stata mai neppure assegnata a una commissione. Dal 1° gennaio 2007, con l'abolizione degli orfanotrofi decisa da una legge del 2001, le strutture d'accoglienza sono tutte private e lavorano in convenzione con Regioni e Comuni: nel 2014 erano 3.192, salite nel 2015 a 3.352. Oggi non si sa quante siano. Nessuno sa nulla. Eppure per la commissione d'inchiesta, ai primi d'aprile s'era speso lo stesso Matteo Salvini. Il leader leghista aveva dichiarato che «ci sono tante case famiglia che lavorano per spirito di generosità, ma altre sono solo business perché i bimbi fruttano 3-400 euro al giorno e spesso e volentieri sono tenuti sotto sequestro». Salvini aveva aggiunto che stava raccogliendo «una serie di casi documentati». Un caso, intanto, è emerso ieri con l'inchiesta reggiana. È quello del Centro Hansel e Gretel, fondato nel 1988 a Moncalieri (Torino): alcune sue psicologhe, che collaboravano forse troppo attivamente con i servizi sociali emiliani, sono indagate. Il fondatore e direttore scientifico della Onlus, lo psicoterapeuta Claudio Foti, è finito addirittura agli arresti domiciliari con la compagna, Nadia Bolognini, a capo della diagnostica del Centro. Foti ha un curriculum notevole: guida «équipe specialistiche per il contrasto alla violenza sui minori», è consulente di numerosi tribunali. Soprattutto, nei 12 anni dal 1982 al 1994, Foti è «giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Torino». E questa è un'altra oscena anomalia del sistema, su cui si dovrebbe indagare a fondo. Nel 2015 il settimanale Panorama aveva rivelato che su circa mille giudici onorari minorili (magistrati che, malgrado il nome, decretano concretissimi allontanamenti dei bambini) almeno 210 sono soci di una casa famiglia, o ci lavorano. Un magistrato su cinque, insomma, si trova in un intollerabile conflitto d'interessi, perché contribuisce a fornire la triste «materia prima» umana che serve a far funzionare il centro di accoglienza che ha creato, o al quale è legato economicamente. Anche su questo è l'ora di dire basta. Serve trasparenza totale. E subito.