
Scatta già la scomunica per chi annuncia manifestazioni contro il nuovo esecutivo.E all'improvviso anche la piazza diventa brutta e cattiva. Anzi, eversiva. «Non le sembra troppo?», chiede una giornalista a Giorgia Meloni, unico politico che osa pronunciare la parola vietata nelle austere stanze del Quirinale. «Non chiameremo le piazze», si affrettano a precisare i leader leghisti, da Matteo Salvini a Giancarlo Giorgetti, ad ogni occasione. «Non convocheremo le piazze», dice solenne persino Maurizio Lupi di Noi con l'Italia, appena finito il colloquio con Sergio Mattarella, senza nemmeno cogliere l'involontaria ironia della sua assicurazione. In effetti, immaginiamo quanta preoccupazione possa suscitare nel Paese l'oceanica adunata dei militanti di Noi con l'Italia. Roba da chiamare subito la Protezione civile. Ma, scherzi a parte, possibile che sia diventata sconveniente l'idea stessa di una manifestazione pubblica? «Non so quando avete deciso che la piazza è una cosa eversiva», s'è inalberata Giorgia Meloni, nel rispondere alla giornalista, durante le consultazioni al Quirinale. In effetti: la sempre citata Costituzione non tutela forse il diritto di riunirsi pacificamente (articolo 17) e quello di manifestare in ogni modo il proprio pensiero (articolo 21)? E allora perché, di colpo, un diritto sancito dalla Costituzione sembra essere percepito invece come un pericolo? Come una cosa che non si può dire? Nemmeno pronunciare? Che è addirittura offensivo pensare nelle austere stanze del Quirinale? Ci sembrava che il compito delle istituzioni fosse garantire il popolo sovrano. Sbagliavamo. Infatti, dopo aver scoperto che il popolo sovrano non ha diritto di votare per scegliere chi lo governa (si preferisce che a sceglierlo siano gli Stati stranieri riuniti a Biarritz), scopriamo che il popolo sovrano non ha diritto nemmeno di scendere in piazza per dire che non è d'accordo con un governo così. Il popolo sovrano è sovrano per modo di dire, insomma. E questo forse, sarebbe il vero attentato alla Costituzione. Ma se proprio volete, evitate di essere in piazza. Al massimo, in ascensore. Eppure, che strano, eravamo cresciuti sentendo ripetere che la piazza era una prova di democrazia. Una dimostrazione di civiltà. Un esercizio di libertà. Ricordate? I sindacati che chiamano le piazze contro i governi, i tre milioni di Sergio Cofferati, i girotondi contro Berlusconi, le grandi adunate con le bandiere rosse, le sfilate al suono di Bella ciao. C'eravamo così convinti che le piazze fossero sacre che abbiamo finito per tutelare persino i cortei dei violenti, centri sociali e black bloc. Il diritto di esprimersi non può mica essere limitato, ci ripetevano. Ancora negli ultimi giorni, nelle polemiche sul decreto Sicurezza, veniva additata con orrore la norma che inaspriva la pena per i violenti, coloro cioè che in piazza usano razzi, mazze e bastoni. Si sono inalberati tutti: «Prove di autoritarismo», «Attento al diritto di manifestare», «Tutti devono poter scendere in piazza». Ecco, appunto: tutti devono poter scendere in piazza, anche per sfasciare le vetrine o per spaccare la testa ai passanti. Ma non per protestare pacificamente contro il governo del pateracchio benedetto da Bruxelles. Quello è considerato eversivo. Per cui fate attenzione: prima abbiamo scoperto che votare è contro la Costituzione, ora scopriamo che manifestare democraticamente è un pericolo per la democrazia. Il prossimo passo quale sarà? Forse scopriremo che anche soltanto pensarle, certe cose, è reato. Nel qual caso, glielo assicuro vostro onore, quello che stavo invocando io in questi minuti era una pizza. Lo giuro, signor giudice: una pizza. Mai pensato alla piazza. Non ci vado nemmeno a fare una passeggiata.
Emanuele Orsini (Ansa)
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