2024-06-03
Libertà e sicurezza: il no al «baratto» di Mattarella vale solo a fasi alterne
Quando c’era il Covid, il presidente ammoniva: «Non s’invochi la libertà per non vaccinarsi». Ma se di mezzo ci sono presunte derive securitarie, oppure il sostegno all’Ucraina, allora i diritti tornano a essere inscalfibili.Dobbiamo ringraziare Sergio Mattarella per aver articolato con grande precisione ed esempi concreti un concetto fondamentale della nostra epoca. Lui lo ha chiamato baratto, cioè scambio, sostituzione, permuta a fini commerciali. A dirla tutta, il presidente ne ha accennato nell’ambito di un ragionamento dedicato a quelli che egli intende come valori non negoziabili. Tuttavia la sua riflessione è particolarmente rilevante poiché illumina un tratto determinante dell’attualità: lo scambio di parole, la contrattazione relativa al significato dei termini, che viene modificato in base a esigenze economiche, di profitto. Le parole, oggi, rimangono solo in apparenza le stesse di sempre, ma se si scava appena sotto la superficie ci si rende conto che sono state modificate, che il loro senso è stato - appunto - barattato con un altro più conveniente e profittevole.Prendiamo, per iniziare, ciò che Mattarella ha detto ieri sui confini. Nel discorso in occasione del 2 Giugno, il presidente della Repubblica ha spiegato che i «padri della patria erano consapevoli dei rischi e dei limiti della chiusura negli ambiti nazionali e sognavano un’Italia aperta all’Europa, vicina ai popoli che ovunque nel mondo stessero combattendo per le proprie libertà». Tutto molto bello: sostenere chi lotta per la libertà è senz’altro onorevole. Il fatto è che, di solito, i popoli lottano per la loro libertà di essere nazione, cioè per i confini. Lottano per scacciare chi li opprime, per avere uno Stato, per difendere confini all’interno dei quali è racchiuso un particolare universo di valori. I popoli lottano per la libertà, certo, ma una libertà che è prima di tutto identità, e l’identità (anche quella personale) non esiste se non ci sono limiti e frontiere. La «chiusura negli ambienti nazionali», dunque, è per molti l’essenza stessa dalla dignità. Chiedetelo a israeliani e palestinesi, se volete chiarirvi ulteriormente le idee. Parlare di pace e libertà, in ogni caso, è estremamente importante di questi tempi, soprattutto vista la situazione internazionale. Mattarella lo ha fatto anche il primo giugno rimarcando «l’esigenza di impegnarsi per la pace, di perseguire insieme ovunque libertà e sviluppo, democrazia e diffusione del benessere, maturazione civile, crescita economica e dei diritti: questa ci appare, nella comunità internazionale, la grande sfida, l’orizzonte che abbiamo di fronte». Ed è a questo punto che il presidente ha svolto pienamente la sua teorizzazione sul baratto. A suo dire occorre «rifiutare con determinazione baratti insidiosi: sicurezza a detrimento dei diritti, assenza di conflitti aggressivi in cambio di sottomissione, ordine attraverso paura e repressione, prosperità economica in cambio di sudditanza». Il flusso del discorso è vagamente orwelliano, infatti se si approfondisce appena risulta evidente quanto sia caratterizzato dalla sovversione del linguaggio. È sacrosanto difendere la libertà dalle esondazioni della mentalità securitaria. È un tema su cui i progressisti hanno a lungo insistito soprattutto a tutela dell’immigrazione o, più di recente, per rivendicare la legittimità di alcune manifestazioni di piazza che potrebbero rappresentare rischi per l’ordine pubblico. È un bene che Mattarella ne abbia parlato, come no. Eppure non può sfuggire la manipolazione linguistica. Quando il contesto sociale e politico era diverso, il presidente usava parole analoghe ma con un significato decisamente opposto. Fu lui a dire, durante il Covid: «Non si invochi la libertà per sottrarsi dalla vaccinazione, perché quella invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui». In quel caso, dunque, la (falsa) sicurezza poteva e doveva andare a detrimento della libertà. Si potevano imprigionare le persone e garantire «l’ordine attraverso la paura e la repressione». Cioè si poteva fare, perché faceva comodo, ciò che Mattarella nel suo più recente intervento depreca. Durante la pandemia egli fu molto chiaro: il non vaccinato che pretende di «svolgere una vita normale frequentando luoghi di lavoro o svago, costringe tutti gli altri a limitare la propria libertà, a rinunciare a prospettive di normalità di vita». Ecco allora che parole come libertà, repressione, sicurezza e diritto restano uguali sulla carta e nel suono, ma il loro significato si fa elastico, modificabile a seconda delle esigenze. Molto suggestivo è anche il passaggio contenuto nel discorso mattarelliano del primo giugno in cui si rifiuta la «assenza di conflitti aggressivi in cambio di sottomissione». Con tutta evidenza il presidente si riferiva all’Ucraina aggredita dalla Russia, come a dire: non si può invocare la pace perché comporterebbe la resa al nemico (già traslando il ragionamento sul caso israeliano, però, si otterrebbe tutta un’altra lettura). In ogni caso, sarebbe opportuno ricordare che è la Costituzione a proibire i conflitti aggressivi. Quanto alla sottomissione, verrebbe da chiedersi se sia da rifiutare anche quando si tratta di sottomettersi ai diktat europei o atlantici. Pare di capire, infatti, che l’opportunità della sottomissione dipenda da chi la pretende, dal padrone che la richiede. Sempre a proposito dell’Ucraina, poi, si possono notare alcune suggestive contorsioni ideologiche. La libertà a cui noi dovevamo rinunciare in nome della inesistente sicurezza vaccinale è oggi esattamente quella di cui gli ucraini non possono fare a meno (anche perché di fatto li si obbliga a battersi), e che viene barattata con la sicurezza del mondo intero, serenamente condotto nei pressi della guerra nucleare. Come si può vedere i significati cambiano, mutano, si intrecciano e si sovrappongono, e bisogna ringraziare sentitamente il presidente per la dissertazione sul baratto. Dagli scambi insidiosi occorre guardarsi e proteggersi, soprattutto se riguardano le parole. D’altra parte, quello che oggi ci viene richiesto (spesso anche dal Colle) non è un baratto. Ci viene detto di obbedire e sottometterci, ma senza niente in cambio se non il piacere della servitù volontaria.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)