
La passione è cominciata con il sushi, ma va molto oltre. Dai volumi sul riordino ai consigli spirituali, passando per i «bagni nella foresta», i film e le riscoperte letterarie, in Italia dilaga la «nippomania».Le mode non sono sempre positive. Spesso si tratta di un'adesione superficiale che, anziché diffonderla, annacqua la vera essenza di ciò che d'improvviso, per chiunque, diviene «à la page», «mai più senza», eccetera. C'è però una moda in corso che, pur se inevitabilmente a rischio del superficialismo di cui sopra, è positiva: è quella del Giappone. Basta infatti leggere i giornali, osservare i ristoranti sul territorio e soprattutto fare un giro in una libreria per rendersi conto di come il Paese del Sol levante ci stia appassionando sempre di più.Se volessimo fare ironia, potremmo affermare che, prima, il massimo della nostra conoscenza nipponica consisteva nel sushi (magari mangiato con la forchetta nei ristoranti gestiti da cinesi) e in quella leggendaria scena del film Fantozzi ambientata al ristorante giapponese. Ricordate? Il ragionier Ugo vi conduceva la signorina Silvani sperando di conquistarla, ma il cagnolino pechinese di quest'ultima, Pier Ugo, affidato al cameriere, veniva loro restituito sotto forma di arrosto. Al netto della iperbolica e feroce comicità di Paolo Villaggio (i giapponesi naturalmente non mangiano cani), il senso era chiaro: giapponesi e italiani sono diametralmente opposti. In effetti, fuor di ironia, la nostra conoscenza nipponica è stata per lungo tempo davvero limitata e superficiale. Ci erano note, soprattutto tramite il cinema, le arti marziali come il karate. C'erano i cartoni animati giapponesi, guardando i quali sono cresciuti tutti i bambini degli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Talvolta i protagonisti erano robot, un salto nel futuro e nell'inconcepibile. Quegli stessi robot, in seguito, comparvero nei negozi di giocattoli. Ovviamente, dominava il nostro immaginario l'evento storico delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Così come l'idea - sbagliata - della geisha come schiava erotica del maschio (un equivoco che il film del 2005 Memorie di una geisha, tratto dal romanzo del 1997 dell'americano Arthur Golden, contribuì a chiarire). Poi arrivò il karaoke. Insomma, il Giappone era per noi un'oscurità, accoglibile ma solo previa «traduzione» italiana, come testimonia La Chiave, il film di Tinto Brass del 1983, tratto dal romanzo omonimo del giapponese Jun'ichirō Tanizaki che il regista aveva italianizzato, ambientato in epoca fascista e decisamente «carnalizzato» rispetto all'originale. Funzionava così anche per gli haiku: quelli giapponesi, noi figli della meravigliosa abbondanza della poesia dantesca, non li capivamo; quelli scritti da italiani ci sembravano imitazioni fallimentari e ridicole. Ma da qualche tempo qualcosa è cambiato. Il Giappone desta curiosità in quanto tale. Probabilmente, apripista della «nippomania» che regna adesso è stato il cibo. Quando i ristoranti giapponesi, veri o «fasulli» (cioè gestiti da cinesi), sono diventati un segmento importante dell'offerta della ristorazione dello Stivale, l'italiano si è trovato «invaso» e non ha reagito male. Anzi. In tantissimi sono stati conquistati da questa strana popolazione che compatta le pietanze in geometrici bocconcini così differenti dall'allegro disordine pantagruelico dei nostri piatti. Uno dei capisaldi dell'essenza del Giappone - la disciplina alla quale noi siamo costitutivamente refrattari - è già tutta in un pezzetto di sashimi o di sushi: riuscire a mangiare quei cubetti con le bacchette vuol dire toccare più da vicino la giapponesità. Il Giappone, però, non è solo sushi. Va anzi detto che il resto della cucina giapponese riserva molte sorprese. Cotolette impanate, spaghettoni (in brodo)... La vera cucina giapponese non è poi così ascetica. «Succede che un libro di cucina dica molto più di un libro di storia», ha scritto Thierry Pfister. Lo cita Graziana Canova Tura in Il Giappone in cucina, panoramico ricettario che l'autrice (bancaria milanese che ha lavorato e vissuto sei anni in Giappone) ha dedicato a chi ha «fame di Giappone». In quel volume si trovano preziose indicazioni su «come cucinare e imbandire una vera tavola giapponese a casa propria». La nostra recente «fame di Giappone» si è però espansa oltre il piatto. È l'essenza del japonisme che vogliamo carpire. Si intitola proprio così un prezioso tomo di Erin Niimi Longhurst appena tradotto da HarperCollins. Questo testo è una piccola summa di filosofia nipponica. Spiega come scoprire il proprio ikigai (lo scopo); come comprendere l'ikebana (l'arte di disporre i fiori); come far proprio il concetto di wabi-sabi (la natura impermanente di ogni cosa); come penetrare il senso del kintsugi (riparare le ceramiche con un incollaggio dorato che ne lascia in mostra, trasformandole in abbellimento, le fratture); come provarsi nel kaizen (tecniche per formare un'abitudine); che cos'è lo shinrin-yoku (il bagno nella foresta); il senso della cerimonia del tè. Molti media hanno dato notizia, poche settimane fa, dell'hanami, ovvero la contemplazione dei sakura, i fiori di ciliegio che - sbocciando e persistendo sui rami per pochi giorni - rappresentano «l'estetica della bellezza commovente e fugace», come scrive Will Ferguson in Autostop con Buddha, un bellissimo viaggio letterario in Giappone. L'autore spiega che «oltre alla Contemplazione dei fiori di ciliegio, abbiamo anche la Contemplazione della Luna, la Contemplazione della neve, la Contemplazione dei fiori di campo, la Contemplazione della caduta delle foglie in autunno e l'Osservazione delle stelle in estate». Tentare di comprendere il Giappone impone un ribaltamento della prospettiva, esattamente come quando si prende in mano un manga per la prima volta. Tipico fumetto giapponese, si legge da destra a sinistra e cominciando da quella che, in un testo italiano, sarebbe la quarta di copertina. Molte librerie hanno un settore apposito e dal 2010 è attivo il canale di Sky Man-ga. Certamente meno spirituali sono altri bestseller dall'incredibile successo, come Il magico potere del riordino. Il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita, di Marie Kondo o Kakebo. Il libro dei conti di casa. Il metodo giapponese per imparare a risparmiare, una sorta di partita doppia per individui e non per società da compilare rifondandosi come perfetti ragionieri di sé stessi. Grande accoglienza ha avuto anche Iro iro di Giorgio Amitrano, italiano studioso del Giappone che - seguendo il consiglio di Cesare Garboli - ha scritto un «viaggio sentimentale nel Giappone reale e in quello letterario» che qualsiasi connazionale un po' curioso di questo mistero chiamato Giappone dovrebbe leggere. Sempre tenendo a mente le parole di Okakura Kakuzo (autore de Il libro del tè), per il quale dialogare tra diversi non significava di certo scimmiottare l'altro sulla scia dell'ideologia «senza confini» che piace tanto ad alcuni contemporanei: «Ci siamo sviluppati», scriveva Kakuzo, «in direzioni diverse, ma non c'è alcuna ragione perché non ci si debba completare reciprocamente».
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
L’eurodeputata del Rassemblement National: «Il presidente non scioglie il Parlamento per non mostrare la sua debolezza ai partner europei. I sondaggi ci danno al 33%, invitiamo tutti i Repubblicani a unirsi a noi».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)
- Individuata dagli Usa una base sotterranea finora ignota, con missili intercontinentali lanciabili in tempi ultra rapidi: un duro colpo alla deterrenza del resto del mondo. La «lezione» iraniana: puntare sui bunker.
- Il regime vuole entrare nella ristretta élite di Paesi con un sistema di sorveglianza orbitale. Obiettivo: spiare i nemici e migliorare la precisione delle proprie armi.
- Pyongyang dispone già di 30-50 testate nucleari operative e arriverà a quota 300 entro il 2035. Se fosse attaccata, per reazione potrebbe distruggere Seul all’istante.