2022-06-19
Anche la Nigeria scagiona l’Eni: «Niente corruzione sul giacimento»
Dopo l’assoluzione a Milano, arriva quella del tribunale di Abuja per il caso Opl 245.Non bastavano la giustizia statunitense, quella inglese e quella italiana: c’è un giudice anche in Nigeria. Dopo che la Sec americana aveva chiuso ogni procedimento e dopo ben due sentenze in Italia di assoluzione «perché il fatto non sussiste», ora anche i magistrati nigeriani danno ragione a Eni, guidata dall’ad Claudio Descalzi, e Shell sull’acquisizione della licenza del giacimento petrolifero Opl 245. Il 16 giugno è stata resa pubblica una sentenza della Federal high court of Nigeria in the Abuja division che rappresenta l’ennesima pietra tombale sulla presunta tangente del secolo da 1,3 miliardi di dollari. Martedì scorso di fronte alla Corte di Londra la Nigeria ha perso la sua battaglia legale da 1,7 miliardi di dollari contro Jp Morgan chase bank per il trasferimento dei proventi della vendita di Opl 245 nell’accordo con Malabu, la società dell’ex ministro del Petrolio Dan Etete. Giovedì invece la corte di Abuja si è espressa su un altro procedimento promosso dal governo nigeriano nei confronti di quelli che erano considerati i presunti intermediari della tangente, Emca Obi e Gianluca Di Nardo, entrambi assolti dalle accuse di corruzione internazionale con una sentenza ormai passata in giudicato. La Repubblica della Nigeria aveva presentato ricorso per ottenere in via di urgenza il sequestro delle somme depositate presso conti correnti aperti in banche svizzere, risultato dell’attività della Procura di Milano. A chiedere infatti il sequestro era stato Fabio De Pasquale, la pubblica accusa del processo, sui cui pende una richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Brescia. In altre parole, si tratta delle somme che la Corte d’appello di Milano aveva ordinato di dissequestrare e restituire dopo l’assoluzione di Obi e Di Nardo. Con la sentenza, l’Alta corte ha evidenziato innanzitutto la propria carenza di giurisdizione, in quanto si tratterebbe di un’azione legale su beni (in particolare fondi bancari) che si trovano in banche svizzere, situati al di fuori della Nigeria. Ma i giudici di Abuja non si sono limitati a esprimersi sulla competenza, ma sono intervenuti anche sul merito. Il giudice lo riporta in modo netto: «Non riesco a vedere alcun fatto a sostegno della tesi che i soldi siano il risultato di attività illegali». In sostanza, la Corte ha escluso che vi siano evidenze di provenienza illecita dei fondi. E questo anche in base alla circostanza che la Corte di appello di Milano ha pronunciato, nei confronti di Obi e Di Nardo, sentenza di assoluzione: la Repubblica nigeriana lo aveva omesso nel proprio ricorso. Adoke Bello, ex ministro della Giustizia - noto per aver denunciato sia De Pasquale sia Sergio Spadaro con l’accusa di aver modificato prove contro di lui - ha accolto con favore le sentenze degli ultimi giorni, in particolare quella inglese. «È molto gratificante che i tribunali stranieri abbiano dichiarato più e più volte che non c’è stata corruzione nell’accordo Opl 245», ha detto. Del resto, nella sentenza della Corte londinese il giudice Sara Cockerill ha dichiarato che il governo nigeriano non poteva dimostrare di essere stato truffato. La Nigeria rivendicava più di 1,7 miliardi di dollari perché la banca avrebbe commesso «gravi negligenze» decidendo di trasferire i fondi pagati dalle compagnie petrolifere Shell ed Eni in un conto a garanzia controllato proprio da Etete. «Sono grato ad amici, colleghi che mi sono stati al fianco durante questo periodo difficile e deprimente», ha detto Adoke, «Ora che è chiaro anche alle menti più perspicaci che nessuna frode è stata perpetrata nell’accordo di risoluzione Opl 245 consiglierei al procuratore generale della Federazione di astenersi dallo sprecare ulteriori soldi statali in spese legali in Nigeria e all’estero per provare l’esistenza di reati che non ci sono mai stati».