2025-09-27
Netanyahu: «Né genocidio né fame». Plausi e fischi
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Il premier israeliano parla all’Onu e molti se ne vanno: «Riconoscere la Palestina è una vergogna. Il cibo? Hamas lo ruba». Sulla giacca un Qr code che rimanda al 7 ottobre. Ma un ex ostaggio lo accusa: «Sabotato l’accordo per riportare tutti a casa».Ieri, sul podio dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Benjamin Netanyahu ha pronunciato un discorso sentito e controverso. Accolto da una platea divisa, tra fischi e applausi, con alcune delegazioni che hanno lasciato l’aula per protesta, il premier israeliano ha parlato per circa 40 minuti, indossando una vistosa spilla appuntata sulla giacca: un Qr code che, se inquadrato, rimanda al sito dedicato alle atrocità commesse il 7 ottobre. Un messaggio simbolico che ha introdotto un intervento denso di rivendicazioni storiche, accuse severe ai detrattori e un avvertimento diretto all’Occidente. «Sono qui non come un rifugiato o un supplicante - ha esordito Netanyahu - ma come il primo ministro di uno Stato ebraico rinato, libero, forte e prospero nella sua patria ancestrale». L’apertura del discorso ha richiamato i secoli di esilio, le preghiere rivolte a Gerusalemme e la tragedia della Shoah, in cui quasi la metà del popolo ebraico fu annientata. Eppure, ha sottolineato, «oggi siamo tornati, nonostante tutto, a costruire una democrazia fiorente». Netanyahu ha anche ribadito che «Israele viene accusato di affamare intenzionalmente la popolazione di Gaza, ma abbiamo inviato tonnellate di viveri, sufficienti per ogni abitante», è la replica. «La ragione per cui non arrivano alla gente è che Hamas ha saccheggiato l’85% dei camion. Ecco perché si registra questa privazione». Ha poi rivendicato i successi economici e scientifici del Paese: dalla desalinizzazione dell’acqua alla cyber-sicurezza, fino all’Intelligenza artificiale e alla medicina. «Abbiamo trasformato la sabbia in fiori, il deserto in prosperità», ha affermato. E ha aggiunto: «Siamo tra i Paesi più felici del mondo, nonostante siamo circondati da minacce».Ampio spazio è stato dedicato alla dimensione militare. Netanyahu ha insistito sul fatto che Israele «non ha mai iniziato una guerra», ma che ha sempre combattuto con «chiarezza morale e disciplina». Ha ricordato la prassi di avvisare i civili prima degli attacchi tramite volantini, telefonate e messaggi: «Forse siamo l’unica nazione che lo fa. Creiamo corridoi umanitari, persino nutriamo i nostri nemici». Da una parte Hamas, accusato di «prendere di mira i nostri bambini», dall’altra i medici israeliani che curano palestinesi negli ospedali. «In Israele la medicina non è politica, è umanità», ha detto, denunciando episodi di antisemitismo in Occidente, dove alcuni operatori sanitari avrebbero rifiutato di curare pazienti ebrei. Anche sul fronte carcerario ha tracciato un confronto netto: «Molti detenuti preferiscono restare nelle nostre prigioni, dove hanno più diritti e dignità, piuttosto che tornare sotto i loro leader». Netanyahu non ha risparmiato critiche alla stessa Assemblea generale. «Questa sala è piena di contraddizioni: dittatori che parlano di libertà, sponsor del terrore che condannano l’autodifesa», ha tuonato. L’ostilità verso Israele, ha aggiunto, è «un misto di antisemitismo e gelosia»: «Abbiamo ricostruito una nazione dalle ceneri del genocidio e questo alimenta il risentimento dietro le vostre infinite risoluzioni». Anche il Regno Unito è stato preso di mira, con il riferimento a un video circolato a Londra in cui una donna anziana veniva arrestata dopo aver criticato una preghiera musulmana trasmessa per strada. «Era lei a sentirsi ospite nella sua isola», ha commentato Netanyahu, contrapponendo quell’immagine alla condizione degli arabi israeliani: «Siedono in parlamento, nei tribunali, negli ospedali, persino nelle forze armate. Non scappano, restano con noi, perché sanno che qui, paradossalmente, è il posto migliore per un arabo in tutto il Medio Oriente». Il discorso si è chiuso con un monito rivolto all’Occidente. Israele, ha detto Netanyahu, conosce da decenni la minaccia jihadista: «Sappiamo come recluta, come si nasconde, come colpisce. E sappiamo questo: non si fermerà con noi». La creazione di uno Stato palestinese non sarebbe la soluzione, perché «il conflitto non ha nulla a che fare con confini o terre, ma con lo scontro tra civiltà e barbarie, tra libertà e fanatismo». Di sicuro il discorso non è piaciuto all’ex ostaggio Ilana Gritzewsky, che ha affermato che Benjamin Netanyahu «ci ha traditi» e ha «fatto naufragare l’accordo Witkoff» mediato dagli Stati Uniti. L’ex ostaggio, che ha parlato davanti al Palazzo delle Nazioni Unite poco prima che il premier salisse sul podio, ha rincarato la dose: «Mi avevi promesso che avresti riportato a casa Matan, David Cunio, Eitan Horn, tutti gli ostaggi, uomini e donne. Mi hai guardato negli occhi e con la tua voce mi hai garantito che sarebbero tornati tutti. Ci hai mentito». Poi ha aggiunto: «Hai fatto saltare l’accordo Witkoff, avremmo potuto già liberarli. Invece altri soldati stanno cadendo, gli ostaggi rischiano di essere assassinati e perderemo per sempre persino i corpi dei defunti». Taher al-Nunu, consigliere per i media di Hamas, ha dichiarato ad Al Arabiya/Al Hadath che uno Stato palestinese nascerà con il sostegno palestinese, arabo e internazionale, nonostante Netanyahu. Ha definito «megalomania» il fatto di costringere la sua delegazione ad applaudire all’Onu e «sadismo» la diffusione del discorso a Gaza tramite altoparlanti militari. Infine, il ministro degli esteri Antonio Tajani ha ribadito che «l’Italia lavora per raggiungere al più presto un cessate il fuoco, poi una fase intermedia e infine la costruzione di uno Stato palestinese. Stiamo operando in questa direzione, anche all’Onu si è cercato di fare passi avanti».
Il leader di Reform Uk Nigel Farage (Ansa)
Un'installazione radar mobile nell'area militare danese di Amager (Ansa)