
Per gli attivisti arcobaleno sembra che tutto dipenda dall'orientamento sessuale, gastronomia inclusa. Ora esce il ricettario dedicato agli omo, condito con doppi sensi e ideologia.È possibile pubblicare una ricetta chiamata «Banana africana» con tanto di fotografia a colori di mise en place fallomorfica senza essere accusati di razzismo, predazione sessuale e riduzione dell'essere umano a oggetto sessuale? Se l'autore è un uomo bianco e gay, sì, è possibile. Il libro di ricette Invito a una gaya cena. Cucina italiana gay facile e creativa (Ponte Sisto) di Davide della Rondella e Antonio Lapipa contiene solo ricette di questo tipo, introdotte da sermoni propagandistici. Ecco che, prima delle istruzioni per preparare il piatto di cui sopra (flambare la banana, ricoprirla di cioccolato fondente fuso, posizionare alla base del frutto due chicchi d'uva e in cima un'abbondante spruzzata di panna...), troviamo un testo esplicativo: «Desiderio frequente o “fantasma" presso numerosi gay, il sesso degli uomini di colore, rinomato per le dimensioni incredibili [...], riveste nell'immaginazione erotica qualità fantasmagoriche associate al mito del selvaggio che vive immerso nella natura, libero da tutte le contingenze, le esigenze e le sovrastrutture della “civiltà", pronto a fare un boccone, in senso metaforico-sessuale, della preda bianca. Il maschio africano, preso sotto questo aspetto, fu uno dei “fantasmi" che il cineasta Pier Paolo Pasolini realizzò durante il suo viaggio nel continente nero». Se dopo aver mangiato il «Tiramelosù», versione pornogay del tiramisù si avessero ancora «problemi o disfunzioni legati all'erezione», i due autori consigliano di «cominciare una cura massiccia di Viagra». La ricetta «Gioielli del cardinale» prevede invece due palline di ricotta ricoperte di marmellata, poi «tra le due la cialda, a mo' di asta». L'introduzione ci spiega che sotto l'abito del cardinale «checché se ne dica, c'è pur sempre un uomo…». Un uomo che, secondo gli autori del ricettario gay, evidentemente corrisponde a un maniaco sessuale. Non a caso troviamo pure la ricetta dedicata alle «Mele del seminarista», che sarebbero «le chiappe, le natiche, il sedere o come si voglia chiamare questa parte del corpo cui i gay fanno molto attenzione». A leggere questo libro (che ha pure qualche pretesa intellettuale) e le tesi che veicola, sembra che il mondo ssia composto da infoiati gay. La donna non esiste, e quando ne appare una subito viene svelato che, in realtà, si tratta di un uomo. La ricetta «Il Sorriso della Gioconda» consiste in due mezze pere montate a mo' di bocca schiusa, e il testo introduttivo racconta che Monna Lisa in realtà era un monsieur: «Per i nostri giovani amici ancora incolti che il caro Leonardo era anche lui uno dei nostri e che certuni suggeriscono che il sorriso enigmatico di Monna Lisa celerebbe, in realtà, la soddisfazione post coito di uno dei modelli maschili preferiti dal Maestro!». Tra le altre preparazioni troviamo il «Salmone alla sveltina con trio di peperoni», «perché il trio è una pratica molto apprezzata dai gay in coppia, particolarmente quelli che sono insieme (sposati) da molto tempo». Ci sono poi i «Fusilli del Carabiniere», i «Caserecci del Muratore», il cocktail «Negrettino»... Insomma, ogni ricetta è un'occasione per illustrare un vademecum di comportamento sessuale gay. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che sia «solo» un libro di ricette, una pubblicazione nel segno dell'ironia. Ma dice tanto su come funziona una parte del mondo gay, quella in cui si riconoscono molti degli attivisti più battaglieri. Per costoro, essere omosessuali è l'unica, ossessiva, caratteristica dell'identità. Dichiarano che gli eterosessuali sarebbero schiavi di una visione autoriferita, ma vi risulta che l'eterosessuale veda in ogni cozza una vagina e in ogni pera un sedere femminile? Perché la minoranza è immune dal politicamente corretto che vige sul resto della società? Gli autori del ricettario si sentono in cima alla scala sociale perché «il gay gay», scrivono, «si sente (H)omo sapiens, ovvero il gradino più alto della scala evolutiva, che prevede, in ordine discendente, Etero e Scimmie Antropomorfe». Questo è il pensiero di molti militanti gay: essere superiori e al di sopra di ogni legge, anche di decoro (osservare per credere alcune parate dei vari gay pride).Provate a immaginare che cosa accadrebbe se un eterosessuale scrivesse un libro sulla superiorità etero. Provate a pensare che cosa succederebbe se un eterosessuale osasse fare ironia a sfondo sessuale simile a quella contenuta nel libro di ricette. Si scatenerebbe un putiferio. Se il sessuomane è etero, è un porco: «Balance ton porc», gridavano le protagoniste del Me Too, denuncia il tuo porco. Però se è l'omosessuale che reifica l'individuo, magari africano, riducendolo mero organo sessuale, allora va bene. Al gay è concesso parlare di «Salsicce infoiate» e di altre amenità di questo genere. Se lo facesse un etero, invece, subito si griderebbe al sessismo. I progressisti e i fautori dei «diritti» Lgbt sono soliti dire che chi non la pensa come loro «ragiona con la pancia». Al limite, sempre meglio con la pancia che con la «banana».
(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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Ansa
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