2019-07-11
Nel Regno Unito se ne sono accorti. C’è emergenza cristofobia nel mondo
Il ministro degli Esteri, Jeremy Hunt, ha commissionato al vescovo Philip Mounstephen un rapporto per esaminare natura e portata della persecuzione cristiana, in costante aumento, valutare la risposta del governo e le cose da fare.Sulla «Civiltà cattolica» padre Giovanni Cucci si discosta dal pensiero unico dominante: «È una droga, chi ne è dipendente non vive la realtà».Lo speciale contiene due articoli.Il governo inglese deve stabilire punizioni e sanzioni per chi perseguita i cristiani e anche scegliere un nome, che definisca azioni come la discriminazione e la persecuzione di chi professa questa fede. A richiederlo espressamente è un rapporto redatto dal vescovo di Truro, Philip Mounstephen, e richiesto dal ministro degli Esteri. A conferirgli l'incarico mesi fa è stato il ministro Jeremy Hunt, che puntava ad esaminare la natura e le dimensioni dell'odio nei confronti dei cristiani in patria e all'estero e voleva capire come il Regno Unito risponde al momento e come dovrebbe farlo in futuro. La relazione del vescovo Mounstephen mette in evidenza che il primo passo sarebbe quello di riconoscere finalmente che anche contro i cristiani vengono promosse aggressioni e gesti discriminatori e dare un nome a questi comportamenti disdicevoli. Tutti sanno che cos'è l'antisemitismo, la maggioranza delle persone comprende cosa si intende quando si parla di islamofobia. L'odio per certe religioni e chi le professa ha una definizione che lo rappresenta, cosa che non accade invece nel caso in cui nel mirino finiscano i cristiani. Eppure, secondo la relazione del vescovo, proprio loro sarebbero tra i più perseguitati a livello internazionale. Se è vero che un terzo della popolazione mondiale soffre per qualche forma di persecuzione su base religiosa, infatti, l'80 per cento di essi sarebbe composta da cristiani. Anzi, secondo l'associazione di volontariato Doors, che tiene sotto controllo i casi di persecuzione cristiana nel mondo, nel 2018 ogni mese 350 fedeli di questa religione sono stati uccisi per ragioni connesse con le loro credenze. Non basta: i cristiani perseguitati nel mondo sarebbero 245 milioni e sui 150 Paesi monitorati, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione alta.Secondo il vescovo a cercare di comprendere il fenomeno e ad intervenire dovrebbero essere anzitutto diplomatici e funzionari del ministero degli Esteri, ai quali il governo è stato invitato ad offrire dei corsi di formazione in letteratura religiosa, in modo da renderli in grado di comprendere la gravità dei gesti e capire quale sia la reazione più adeguata.Dunque si deve cominciare con la presa di coscienza a livello teorico che il problema esiste. Poi occorre formare persone che lo sappiano riconoscere e valutare. Infine, come avviene nel caso di tutti i crimini, vanno stabilite pene e multe per chi si macchia di questi reati. Secondo il ministro degli Esteri, infatti, la tendenza tutta britannica al politically correct, cioè all'apertura nei confronti del diverso, avrebbe portato a errori grossolani e la mancata presa di posizione di fronte a gesti aggressivi avvenuti in altri Paese del mondo. Nazioni dove non esiste la tolleranza che si respira nel Regno Unito e dove professare una fede diversa può costare molto, anche la vita. Ingiustizia, intimidazione e violenza sarebbero più comuni di quanto non appaia nei confronti dei cristiani soprattutto in Paesi del Medioriente e dell'Africa. E a promuoverla non sono solo gruppi estremisti, ma anche componenti neutrali della società, che semplicemente non accettano la fede e le sue manifestazioni. Al punto che secondo il vescovo Mounstephen la persecuzione di chi professa una fede religiosa rappresenta il primo grande problema della nostra società, insieme al cambiamento climatico. Per questa tendenza il prelato ha fornito la definizione di negazione di Forb, (Freedom of religion or belief), cioè libertà di credo religioso. Sul secondo qualcosa si sta ottenendo, mentre il primo problema a suo parere rimane ancora misconosciuto. Soprattutto per i cristiani, alla cui persecuzione nessuno ha mai nemmeno pensato di dare un nome, neanche il Vaticano peraltro, che del fenomeno dovrebbe avere contezza. Non che definire basti ad evitare, anzi. Spesso la teorizzazione di un fenomeno ha portato a creare limitazioni e norme che hanno inasprito le tensioni e i problemi invece di stemperarli.Dopo aver letto il rapporto, comunque, Jeremy Hunt, che corre contro Boris Johnson per diventare primo ministro, ha segnalato che ha intenzione di rendere operative subito tutte queste misure, nel caso in cui sia scelto dai conservatori. Forse solo una promessa elettorale, che però potrebbe avere ripercussioni importanti. Sia sotto il profilo pratico che soprattutto teorico.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nel-regno-unito-se-ne-sono-accorti-ce-emergenza-cristofobia-nel-mondo-2639153796.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-gesuita-controcorrente-togliete-il-porno-dal-web" data-post-id="2639153796" data-published-at="1758063863" data-use-pagination="False"> Il gesuita controcorrente: «Togliete il porno dal Web» Nell'ultimo numero del più antico quindicinale italiano ancora attivo (La Civiltà cattolica, quaderno 4056, pagine 540-552), padre Giovanni Cucci, offre ai lettori uno studio di fondo sui danni spaventosi e celati della pornografia sul web, studio intitolato «Cybersex. Una dipendenza insidiosa». Lo studio mostra la negatività della pornografia, vista alla stregua di una droga, basandosi su 4 delle sue più accertate caratteristiche: il tempo abnorme che essa prende nei fruitori meno accorti, la sua diffusione globale e incontrollata a causa dei mezzi di cui si serve (pc e smartphone), l'anonimato che garantisce un senso di assoluta impunità e di pseudo libertà, e la dipendenza che essa tende a creare a poco a poco, specie nei più giovani. Secondo padre Cucci, già noto per studi difformi dal pensiero unico dominante (sui mass media per esempio, sulla morte e altri temi di società), nel 2018 «un solo sito pornografico ha registrato quasi 34 miliardi di visitatori - 92 milioni al giorno -, con un aumento di 14 milioni rispetto al 2017». Le cifre non vanno banalizzate e anzi sono il cuore del problema. Poiché qualunque male sociale, anche ipoteticamente piccolo e trascurabile, diventa intollerabile quando assume proporzioni di massa. Specie se queste proporzioni non cessano di moltiplicarsi ogni anno, se non ogni mese e ogni giorno, come ha dimostrato in modo scientifico la sociologa tedesca, amica di Joseph Ratzinger, Gabriele Kuby (La rivoluzione sessuale globale, Sugarco). Così, scrive il gesuita, alla luce delle più aggiornate indagini di settore, «sembra che il porno occupi il 30% del traffico internet, e ogni minuto registri 63.000 visitatori, con un guadagno di almeno 5.000 dollari al secondo». Le perversioni sappiamo bene cosa siano nella società contemporanea, e anche quelle nuove pesti del secolo XXI che si chiamano depressione e suicidio. Ma anche la crisi della famiglia e dell'amore (con aumento dei divorzi e calo dei matrimoni stabili e sereni), la sessualizzazione precoce dei bambini e altre distorsioni sociali, come i disturbi dell'attenzione e del sonno, avrebbero la pornografia quale causa scatenante o aggravante. Nota Cucci, che «i siti frequentati finiscono per dominare la vita, lo studio, gli impegni di lavoro, le relazioni, lo svago, gli interessi, favorendo la tendenza a vedere le persone come corpi pornografici. Il dipendente trova sempre più difficoltà a vivere nella dimensione reale». Ogni donna quindi è oggettivata nel senso di venire automaticamente vista come oggetto di un desiderio irrefrenabile (detto tecnicamente craving) e in rapporto al piacere che può dare. Le amicizie e i rapporti sentimentali tra i più giovani vengono minati dal porno sia per la cosiddetta ansia da prestazione, sia nella sessualizzazione esasperata di ogni relazione umana, sia nel tradimento a ripetizione all'interno di coppie di giovani e giovanissimi, proprio come se si vivesse in un film. Si tenga presente che secondo la ricerca dell'Internet filter Review, citata nell'articolo, «l'età media dei bambini che entrano in contatto con la pornografia è di 11 anni» e che «coloro che maggiormente accedono al cybersesso hanno tra i 12 e i 17 anni». Anche negli insuccessi scolastici odierni, lamentati da più parti, la pornodipendenza avrebbe un ruolo, visto che «l'eccitazione provocata dalla pornografia sul web ha un fortissimo impatto atrofizzante sui processi cognitivi». Padre Cucci parla, anche qui controcorrente, del forte legame tra dipendenza da cybersex e violenza. Giungendo a chiedere maggior controllo e perfino una benefica censura: «Appare ancora più triste e opportunista la decisione a livello europeo, nel marzo 2013, di non bandirla [la pornografia] dal web in tutte le sue forme». E in ciò si fa eco del Catechismo della Chiesa cattolica promulgato da Giovanni Paolo II nel 1997, il quale al paragrafo 2211 osservava che lo Stato deve difendere la famiglia, «particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.». Per cui «le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici» (2354). Un'ultima notazione. I gesuiti in genere, e in modo particolare il celeberrimo collegio degli scrittori dell'illustre Civiltà cattolica, specie da quando il loro direttore è padre Antonio Spadaro, sembrano schierati, piuttosto attivamente, alla sinistra di papa Bergoglio. Ma non si sono accorti che è la sinistra che storicamente ha promosso questa fattispecie di micidiali libertà - in nome del contraddittorio vietato vietare - e sono la «satanica» destra e i cattivissimi populisti ad aver solitamente richiesto dei contrappesi, dei correttivi e dei freni? Oppure si è un po' strabici in via di Porta Pinciana?