2019-12-01
Nel ’500 le fake news della storia ridussero Caterina a una dark lady
La sovrana Caterina de' Medici non ordinò la strage degli ugonotti, il peggior massacro religioso del secolo. Ma anche allora si cercavano capri espiatori, meglio se di sesso femminile, per aggiungere un tocco di stregoneria.A Parigi, la notte sta per terminare. Fra le tenebre che si diradano e le nuvole soffocanti che coprono il cielo si intuisce qualche sinistro lucore, mentre si apre il 24 agosto 1572, festa di San Bartolomeo. L'aria è afosa, pesante, ferma. Gli spiriti degli uomini, al contrario, sono surriscaldati, eccitati, tesi all'estremo. Nessuno dorme. C'è in giro come un sentimento di attesa, di ansiosa aspettativa. Basterebbe un nonnulla, un piccolo segnale a provocare un'esplosione dalle conseguenze devastanti.Ed ecco, il segnale arriva. Le campane di Saint-Germain-l'Auxerrois cominciano a suonare. A loro fanno eco quelle di molte altre chiese. Utilizzando una frase della celebre poesia di un autore inglese di fine Cinquecento, John Donne, nonché il titolo di un famoso romanzo di Ernest Hemingway del Novecento, verrebbe da chiedersi: «For whom the bell tolls», «Per chi suona la campana"? La risposta è: per tutti, o meglio per tutti gli appartenenti alla religione riformata.Quello scampanio - di solito rasserenante, evocatore di pace e concordia, persino garrulo - sancisce infatti l'apertura della caccia all'uomo, la strage degli ugonotti, «il peggiore dei massacri religiosi del secolo», un secolo che pure non è avaro di carneficine. Fiumi di sangue stanno per scorrere, la pagina più sinistra delle guerre di religione è pronta per essere scritta. Fra i molti pittori che la effigieranno c'è il Vasari, che realizzerà anche, per ordine di un entusiasta Gregorio XIII, una medaglia celebrativa. Il suo affresco, raffigurante uomini che si accaniscono, infieriscono su morti e feriti, ne gettano altri dalla finestra, ha una grande potenza evocatoria.Ancor oggi, tuttavia, di quella strage non si comprendono pienamente le ragioni e soprattutto i mandanti. Chi ha voluto «la notte di San Bartolomeo»? A chi è convenuta, a chi è servita? Ci sono stati uno o più registi, o si è trattato di una serie di coincidenze, umori, eventi che si sono sommati e hanno portato allo straripamento, come succede a un fiume che esonda?A essere indicata quale principale responsabile è stata a lungo Caterina, l'avvelenatrice, la dark lady delle più fosche leggende. Dozzine, centinaia sono stati i libelli, i pamphlet, i romanzi, i racconti che l'hanno descritta come la vera mandante, «il burattinaio» dell'eccidio. Jean de Serres e altri cronisti del tempo hanno sottolineato l'euforia, la voluttà di quella donna di solito imperturbabile, mentre si bea del carnaio. Secondo de Serres, la Medici sarebbe esplosa «in grandi scoppi di risa» alla vista del cadavere di Monsieur de Soubise, sgozzato nel cortile del Louvre. In seguito, arriveranno le recite teatrali (fra cui, al tempo della Rivoluzione francese, il dramma Charles IX ou la Saint-Barthélemy di Marie-Jospeh Chénier, un vero successo di pubblico), le musiche; nel XX secolo i film e gli sceneggiati televisivi; addirittura i videogiochi e i fumetti. Non sono mancati neppure i dipinti, gli arazzi, le rappresentazioni visive. Particolarmente impressionante, fra tanti, è un quadro dell'Ottocento di Ėdouard Debat-Ponsan che mostra Caterina appena fuori dal Louvre, con i soliti veli da lutto, seguita da gentildonne e cortigiani azzimati e circondata da soldati deferenti, mentre contempla freddamente, appagata e altera, lo sciame di corpi senza vita. Il pittore deve essersi ispirato al racconto del memorialista Pierre de l'Estoile, il quale ha descritto la Fiorentina fra le sue dame, che guarda i morti in quella afosa giornata di agosto «pour se refraîchir un peu et se donner du plaisir», «per rinfrescarsi e provare piacere». È sempre de l'Estoile a dichiarare: «Era lei che faceva tutto e il re non muoveva paglia senza che lei lo sapesse».Dietro la Fiorentina, si stagliano sinistre le sagome di Carlo IX ed Enrico d'Angiò, il futuro Enrico III che Pierre Chevallier, nel titolo della sua biografia, chiamerà «un re shakespiriano». Anche loro sono considerati colpevoli senza appello (con qualche distinguo sul grado di responsabilità). Non possono mancare alla conta, in qualità di rei più o meno confessi, i Guisa. Fra costoro ci sono Claudio di Guisa, duca d'Aumale; il cardinale di Lorena, che ha appena celebrato le nozze di Marguerite de Valois ed Enrico di Navarra; e soprattutto Enrico di Guisa (l'amoroso di Margot), orfano del padre Francesco per colpa di Coligny e smanioso di vendetta. Rilevante, inoltre, sarebbe stato il ruolo della madre di Enrico, Anna d'Este. Rimasta vedova, Anna si è rimaritata con Giacomo di Savoia-Nemours, ma l'imeneo non ha stemperato la sua voglia di rivincita.Il cosiddetto «appoggio esterno» sarebbe venuto dal re di Spagna Filippo II, furioso per i tentativi di Coligny di convincere il sovrano francese a intervenire militarmente nei Paesi Bassi.La vox populi ha addirittura creduto di riconoscere in Carlo IX l'uomo che si è messo a sparare dalle finestre del Louvre (nemmeno fosse un cecchino) colpendo tutti quelli che fuggivano. Secondo la leggenda, sempre lui, di fronte al corpo di Coligny, mutilato e maleodorante, ha esclamato: «Il cadavere di un nemico sa sempre di buono!».Dopo Parigi, l'orrido eccidio si estende alle campagne, alle altre città di Francia, aprendo quella che Jules Michelet definisce «la saison de la Saint-Barthélemy», la stagione di San Bartolomeo. Anche in questo caso, l'ordine sarebbe stato impartito dal re.Ma una parte di questi impressionanti racconti è una leggenda, una favola raccapricciante, un racconto di orchi e streghe per eccitare la fantasia e la paura; tante attribuzioni non reggono a un esame più attento. L'equilibrata, enigmatica, controllata Caterina non fa parte di quelle che una certa cultura - e letteratura - popolare chiama «regine maledette» (ammesso che siano state veramente tali): non è Bloody Mary, Maria la Sanguinaria, né Isabella di Castiglia; Fredegonda dei Franchi o Isabeau di Baviera. I gesti clamorosi, le parole definitive riportate poi dalla cronaca nera sono spesso una serie di fole; in circostanze del genere si cercano dei capri espiatori, uno o più personaggi - meglio se di sesso femminile, così si può aggiungere un pizzico di stregoneria - su cui far convergere la morbosa curiosità dei contemporanei e dei posteri. Basti pensare a un'altra vituperata regina, Maria Antonietta, e alla frase «Il popolo non ha pane, dategli le brioche», che non è stata mai pronunciata.Nemmeno il pur poco equilibrato Carlo IX è tipo da lasciarsi andare a simili scempi, a ordinare massacri per tutto il Paese. Egli, anzi, ha cercato di fermare gli eccidi.Di indubbio, in questa faccenda, c'è prima l'attentato, poi l'assassinio di Coligny e la «macelleria» che ne consegue; l'orgia di sangue della populace, il popolino parigino, la racaille, la feccia, che, come succede quando viene scatenata, diviene incontrollabile (lo stesso accadrà negli anni della Rivoluzione e del Terrore, nonché all'epoca della Comune). Quanto ai motivi, alla regia, alle responsabilità iniziali, si possono azzardare delle ipotesi, delle congetture; nulla è provato, nulla è certo.Non si conosce con esattezza neppure il numero delle vittime effettive. C'è chi dice che in tutta la Francia siano state uccise fra le venti e le 30.000 persone, comprese le donne in stato interessante, i vecchi, i malati, i bambini, i lattanti; chi stima la cifra parecchio inferiore. Saccheggi, incendi, distruzioni, stupri, torture, annegamenti, roghi, mutilazioni: le peggiori efferatezze vengono commesse, le vendette personali, i regolamenti di conti perpetrati senza pietà, coperti dal manto della religione. Perché quel momento di follia collettiva, vertigine truculenta? Qual è la ragione di uno scatenarsi inconsulto di passioni dionisiache, «orgiastiche» e mortifere che non lasciano spazio alla pietà?L'unica risposta possibile, ancor oggi, è: non si sa, non si capisce fino in fondo. Ha ragione Jean-François Solnon quando afferma: »... le circostanze precise della notte di San Bartolomeo ci sfuggono: è più facile dire cosa non è stata, che sapere ciò che realmente è successo». Quell'incendio, quell'ondata di violenza resta a tutt'oggi un enigma.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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