2021-03-24
Nato, gli Usa schiaffeggiano Berlino e Ankara
Antony Blinken (Getty images)
Antony Blinken lancia la sfida alla Germania su Nordstream e sui rapporti con Erdogan. L'indebolimento turco può giovare alla nostra strategia mediterranea ma apre il fronte immigrazione nei Balcani. Mario Draghi chiama il Sultano e chiede il rispetto dei diritti umaniÈ passato un anno e mezzo da quando Emmanuel Macron dichiarava la Nato «cerebralmente morta». Ora a non star poi così bene è chi guida l'Eliseo, mentre il Patto Atlantico sembra aver ripreso vigore. Nel frattempo è cambiata la strategia della Casa Bianca. Donald Trump ha cercato per mesi un approccio frontale. E diviso. Motivo per cui la Francia ha cercato di colmare alcuni vuoti e rinsaldare l'asse con la Germania. Ora Joe Biden sembra immaginare un ruolo rinnovato per la Nato. Usarla per il Mediterraneo e per il Pacifico. Al tempo stesso tornare a essere influente sulle scelte europee, cambiandole da dentro. La cartina al tornasole è stato l'incontro di ieri tra i ministri degli Esteri aderenti al Patto. A primeggiare è stato il neo segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che prima dell'inizio dei lavori ha mandato due messaggi chiari e netti destinati alla Germania. Il primo è in materia energetica. «Il presidente Biden è stato molto chiaro quando ha detto che si tratta di una cattiva idea per l'Europa e per gli Stati Uniti perché è un progetto in contraddizione con gli obiettivi di sicurezza energetica dell'Ue», ha detto Blinken, «mettere in discussione gli interessi di alleati come Ucraina e Polonia». Il riferimento è al gasdotto Nordstream 2. Poi ha aggiunto che «c'è una legge americana che impone di sanzionare le imprese che partecipano al completamento del gasdotto». Un dettaglio destinato ad Angela Merkel, che fino allo scorso Natale ha provato a convincere Trump ad escludere gli operatori Nordstream da qualunque tipo di sanzione. Il messaggio degli Usa è chiaro: sull'energia non si va in ordine sparso. E secondo la stessa logica, Blinken ha mandato un secondo messaggio ai turchi e di sponda sempre ai tedeschi. Ieri ha ricordato che Ankara è un prezioso alleato, spiegando però che ci sono divergenze e quindi il ruolo dentro la Nato andrà rivisto. Tradotto: se Recepp Erdogan vuole stare allineato e coperto, non potrà tirare troppo la corda con il suo progetto espansionistico nel Mediterraneo e dovrà rivedere i suoi rapporti privilegiati con Berlino. Qui c'è un pericolo potenziale per l'Italia. A oggi la protezione della Merkel ha consentito un patto - nella sostanza comunque scellerato - sui migranti. Euro in cambio di campi profughi gestiti dai turchi. Se l'equilibrio si rompesse, si aprirebbero nuovi scenari. Da un lato estremamente vantaggiosi per Roma. La strategia di reimpossessamento del Mediterraneo con la sponda Usa potrebbe trovare ulteriore forza. Dall'altro però si rischierebbe un nuovo esodo dei migranti lungo la rotta dei Balcani. È presto per capire come si comporteranno gli Usa con Ankara. Ma qualcosa di importante sta succedendo. Non è un caso che ieri Mario Draghi abbia preso il telefono e chiamato Erdogan. Risulta che abbia espresso preoccupazione sul tema dei diritti umani e del loro mancato rispetto sul territorio turco. Il prossimo consiglio Ue sarà dedicato ai rapporti con Ankara. La mossa di Draghi è dunque molto importante. Al di là delle frasi di rito del Pd sui diritti delle donne, Draghi è il primo in Europa ad aver alzato il telefono per redarguire Erdogan. Ci sono state migliaia di purghe e finti golpe, con la Merkel e altri zitti. Certo l'iniziativa è chiaramente coordinata con l'America, e va intesa nell'ottica più ampia del riallineamento delle nazioni Ue. Sia sul fronte mediterraneo che su quello cinese. Era dai tempi della strage di piazza Tienanmen che dalle parti del Vecchio continente non si abbinava alla parola Cina quella delle sanzioni. Cambiamenti che si vedono dalle piccole cose. La totale riscrittura dei progetti digitali del Recovery plan, la freddezza dei rappresentanti del governo italiano verso i colossi cinesi e, a breve, possibili sorprese nelle concessioni portuali. In tempi di cambiamenti come gli attuali ovviamente ci sono anche rischi. Un indebolimento della Turchia può significare minor presa sulla Libia. Un cambio degli assetti può portare di nuovo il caos, ma anche nuove relazioni con Roma. Siamo a un bivio, ma vale la pena giocare tutte le carte. D'altronde ieri Blinken, al termine dei lavori, ha celebrato l'amicizia Usa-Italia e ha incontrato il titolare degli Esteri Luigi Di Maio. Vogliamo sperare il secondo si sia presentato con il bloc notes per prendere appunti, in modo da coordinare l'agenda e muoversi sulla Libia in modo coerente. Da un lato con la diplomazia a stelle e strisce, dall'altro con la nostra diplomazia in uniforme che resta il vero perno del Magreb. Solo così si potrà finalmente affrontare il nodo irrisolto dell'Egitto. Se vogliamo garantire una presenza Nato in tutto il Mediterraneo, vanno rivisti i rapporti militari ed economici con Abdel Fattah al-Sisi. Basta bilaterali con la Francia. Più armi sì, magari italiane, ma sempre sotto l'egida Nato e nel rispetto dei diritti umani.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.