2020-12-04
Mr Invitalia dà i numeri pure sull’immunità di gregge
L'uomo del governo gioca al ribasso: sicuri con una copertura del 60%. Il sindaco Giorgio Gori: niente vita sociale per chi rifiuta l'antidoto.Il vaccino anti Covid-19 sarà gratis per tutti, senza obbligo, ma con il patentino, anzi no. Una certezza in questa pandemia è la confusione e il caos con cui il governo e la maggioranza dicono e disdicono anche sull'obbligo di un vaccino atteso come una manna, ma sulla cui efficacia effettiva si sa ancora poco. Mercoledì, il ministro della Salute Roberto Speranza, presentando in Senato il piano per la vaccinazione di massa, la più imponente nella storia sanitaria mondiale, non solo italiana, ha affermato che «al momento non è intenzione del governo disporre l'obbligatorietà» e che «nel corso della campagna valuteremo il tasso di adesione dei cittadini. Il nostro obiettivo è raggiungere al più presto l'immunità di gregge». Una decina di giorni fa però, il solito Domenico Arcuri, super commissario per il Covid, ai presidenti delle Regioni e ai ministri della Salute e degli Affari Regionali affermava che «per ora non è previsto l'obbligo». Alla domanda se si pensasse a una sorta di certificato speciale o patentino per i vaccinati, Arcuri ha risposto: «Sarà possibile e sarà il ministero della Salute a stabilire come». Ieri, in audizione alle commissioni riunite Trasporti e Affari sociali della Camera, sempre il nostro Arcuri ha fatto una sorta di dietrofront, visto che ha preferito parlare di immunità di gregge, più che di obbligo. «A cavallo tra il secondo e il terzo trimestre del prossimo anno saremo potenzialmente in condizione di vaccinare la totalità della popolazione», ha dichiarato il commissario per l'emergenza spiegando che, per la somministrazione dei vaccini, il governo prevede di ricorrere a 20.000 professionalità, che potranno essere utilizzate per il tempo della campagna. «In merito all'immunità di gregge», ha detto Arcuri, «gli esperti scientifici ci dicono che almeno il 60% dei cittadini dovrà essere vaccinato. Noi auspichiamo che, anche grazie a una campagna di comunicazione massiva, si possano superare le remore che ci sono, non so bene quanto, rispetto alla ritrosia a sottoporsi al vaccino». Una dichiarazione in linea con quanto auspicato dal Comitato nazionale di bioetica, in un documento diffuso a inizio settimana. Tutti d'accordo, quindi: nessun patentino e una campagna informativa efficace (come se fosse facile e bastasse solo quella). Sulla carta sì, ma in pratica si apre una via impervia e inesplorata. Dall'area Pd, il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori ieri ha twittato: «Per fermare il #COVID e rilanciare l'economia è fondamentale che si vaccini più gente possibile». Fino a qui, tutto bene. Poi però il testo prende una piega strana. «Niente obbligo, ma facciamo che a scuola, nei luoghi di lavoro, negli uffici pubblici, nei cinema, nei teatri e negli stadi entra solo chi è vaccinato. Poi ognuno si regola». Siamo al grottesco: come si può sapere se uno è vaccinato? Qualcuno chiede al sindaco se è cosciente della gravità dell'affermazione ricordano la Costituzione e il codice di Norimberga. Altri consigliano di indossare «una fascia rossa, facilmente visibile», o «una stelletta al petto», magari decidendo un colore diverso dal giallo, tristemente passato alla storia del popolo ebreo. Sull'acceso al vaccino, «nessuna diseguaglianza sarà ammissibile», ha ricordato il ministro Speranza al Senato. Obiettivo decisamente ambizioso per un governo che assicura, attraverso Arcuri, di lavorare a una piattaforma per gestire le somministrazioni, mentre sono quattro anni che aspetta il registro informatico per le vaccinazioni pediatriche.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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