
Ferrovie ha firmato un contratto da 330 milioni per 54 regionali con Alstom, che ha in mano il settore dopo che l'ex ad di Leonardo ha venduto Ansaldo. L'amministratore delegato di Fs Renato Mazzoncini giura: «Niente debiti dalla fusione Fs-Anas»Trenitalia ha siglato quattro nuovi contratti con Alstom, per un valore totale di 330 milioni di euro, per comprare altri 54 treni regionali Coradia stream.I treni in questione sono destinati all'Abruzzo (quattro), alla Liguria (15), alle Marche (quattro) e al Veneto (31). Il deal rientra nell'accordo quadro siglato da Trenitalia e Alstom nel 2016.I nuovi 54 treni si aggiungono ai 47 già ordinati dalla Regione Emilia Romagna nel 2016. «Siamo molto lieti che Trenitalia e le Regioni Abruzzo, Liguria, Marche e Veneto abbiano rinnovato la loro fiducia nella famiglia dei treni regionali Coradia di Alstom e ci auguriamo di ottenere presto la fiducia anche di altre Regioni», ha dichiarato Michele Viale, amministratore delegato e direttore generale di Alstom in Italia. L'accordo tra l'ex monopolista delle ferrovie italiane e il colosso francese era nato nell'agosto del 2016. L'intesa prevedeva che Alstom dovesse fornire a Trenitalia 150 nuovi treni regionali destinati alla media capacità. Un affare del valore di circa 900 milioni di euro che prevedeva anche un'opzione per le attività di manutenzione. Dopo la prima commessa da 47 treni, dunque, ieri il gruppo ha ordinato ai francesi altri 54 convogli. L'inizio delle consegne dei primi treni da parte di Alstom è previsto entro i primi mesi del 2019. I treni Coradia stream pop - questo il nome del modello del convoglio - sono prodotti da Alstom in Italia. Lo sviluppo del progetto, la produzione e la certificazione sono fatte nel sito di Alstom di Savigliano (Cuneo). La progettazione e la produzione dei sistemi di trazione e altri componenti nello stabilimento di Sesto San Giovanni (Milano) e i sistemi di segnalamento di bordo sono affidati al sito di Bologna. Va ricordato che oltre a quelle di Trenitalia, Alstom produce le carrozze anche dell'unico altro grande player che viaggia sui binari italiani, Italo (di recente passato nelle mani del fondo Usa global infrastructure partners).Viene da chiedersi, quindi, come mai siano sempre i francesi a prendersi le commesse più succose quando si parla di trasporto su rotaia in Italia. In un certo senso, il peccato originale è stato commesso da Mauro Moretti, che nel febbraio 2015 era amministratore delegato del gruppo Leonardo. A inizio di quell'anno il manager firmò un accordo in base al quale i giapponesi di Hitachi si sarebbero aggiudicati l'intera partecipazione (40%) in Ansaldo sts, che si occupa di segnalamento ferroviario, e il 100% di Ansaldo Breda, specializzata nella costruzione di treni, tram e metropolitane.Il prezzo di acquisto previsto dal contratto era pari a 9,65 euro per ogni azione di Ansaldo sts, per un corrispettivo pari a 773 milioni di euro, più i circa 1,1 miliardi che sono serviti per liquidare gli altri soci, mentre per la Breda (227 milioni di perdite nel 2013) sono stati pagati 36 milioni di euro. La chiusura ufficiale dell'operazione è avvenuta a fine ottobre del 2015.In realtà Ansaldo sts e Ansaldo Breda erano aziende solide. Probabilmente Moretti decise di cederle per fare cassa nell'ambito della ristrutturazione del gruppo. «La vendita del business relativo al trasporto ferroviario», aveva spiegato ai tempi dell'operazione lo stesso Moretti, «rappresenta una tappa importante nella realizzazione del nostro piano industriale che mira a focalizzare e rafforzare il gruppo nel core business aerospaziale, difesa e sicurezza». In tutto questo, il risiko europeo delle ferrovie pare non essere concluso. Ieri l'amministratore delegato di Fs, Renato Mazzoncini, ha confermato l'interesse del gruppo per il mercato francese annunciato di recente dall'ad della controllata Thello, Roberto Rinaudo. Si tratta di un interesse che, secondo Mazzoncini, «è assolutamente reciproco, nel senso che siamo in un'ottica in cui il mercato di riferimento è quello europeo». «È ovvio», ha aggiunto, «che come noi guardiamo alla Francia, così Sncf guarda all'Italia. L'Italia cerca di essere pronta per il 2020», ha proseguito Mazzoncini, «quando ci sarà la liberalizzazione del mercato francese». Ma l'interesse di Fs non si limita solo al mercato francese, in quanto «abbiamo comunque diverse opportunità aperte». Ieri Mazzoncini ha anche parlato di Anas, società che dall'inizio del 2018 fa parte di Fs. «Non c'è assolutamente nessunissimo buco», ha ribadito Mazzoncini spiegando che «Fs non ha portato nessun rischio Anas all'interno del proprio perimetro poiché Anas è un soggetto attuatore di investimenti».
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






