
Michela Klinz, direttrice creativa e ad del marchio fondato con il marito: «È nato tutto da un paio di culotte. L'online non può sostituire i negozi fisici».Tutto è partito da un paio di culotte «che abbiamo trovato in America durante un viaggio con i nostri figli e i nostri amici». La storia la racconta Michela Klinz, direttrice creativa e ad del brand Momonì, veneto d'origine, francese nell'anima, internazionale nello stile. Sede a Treviso, dove oltre a Momonì in portfolio «io e mio marito Alessandro Biasotto abbiamo dato vita ai nostri marchi raggruppati sotto il cappello di Nyky, come Attic and Barn e Oof wear». Torniamo alle culotte.«In vari negozi, e non di lingerie, vedevamo queste mutandine vendute sul banco, chiuse in barattoli di vetro. E ci siamo detti: “Questa cosa in Italia non esiste, potremmo farne la nostra versione". Così provammo. Erano molto diverse però: quelle americane erano in pizzo, un po' aggressive, le nostre sono per tutte, in un materiale molto morbido con stampe a piccoli disegni raffinati. E da lì, era il 2009, abbastanza velocemente dalla mutandina siamo passati a una collezione di lingerie fino a una linea completa».Siete sempre stati nella moda?«Non da produttori. Abitavo in Francia, a Parigi, con mio marito e i miei figli, ed eravamo distributori di vari marchi italiani all'estero. Avevamo anche i negozi di questi brand e aprivamo boutique. A un certo punto ci siamo detti che forse era ora di fare qualcosa di nostro. Abbiamo iniziato da una cosa molto semplice: ci mancava la conoscenza della produzione vera e propria».È stato semplice preparare la collezione di lingerie?«È partita subito e alla coulotte, prodotta per una anno, abbiamo affiancato il reggiseno. Un pezzo speciale perché siamo stati i primi a proporre un reggiseno completamente destrutturato, senza imbottiture, senza ferretti, diventato il nostro bestseller. Continuavamo il lavoro di distributori e quindi i nostri piccoli prodotti all'inizio venivano venduti all'interno dei negozi multimarca dei nostri clienti. L'idea era proporre anche il reggiseno all'interno di un contenitore che potesse essere tenuto sopra un tavolo, alla cassa. E questo è piaciuto moltissimo. Dopo due o tre stagioni mio marito disse che era arrivato il momento di aprire un negozio ma, avendo solo una collezione di lingerie, vendevamo di tutto, dai piatti ad altri oggetti per la casa. Fu una bella gavetta. Non sapevamo bene cosa fare, compravamo troppo tessuto, abbiamo commesso un po' di errori che però ci hanno permesso di imparare velocemente. Il gusto è piaciuto subito e abbiamo capito che valeva la pena insistere. Poi sono arrivati i primi abiti in seta e da lì le maglie, i cappotti e, nel giro di qualche anno, una collezione completa».Da dove viene il nome?«Ci piaceva l'idea che ricordasse la nostra esperienza in Francia ma fosse italiano e accattivante in entrambe le lingue. In Veneto i momoni sono le caramelle: abbiamo pensato di francesizzare il termine e pronunciarlo con l'accento sulla i. È completamente inventato, Momonì in francese non esiste ma ha un bel suono. D'altronde le nostre mutandine, fin dall'inizio, sono in una boule trasparente e continuiamo ancora adesso ad arrotolarle per infilarle in questa palla come se fossero dei bon bon. Ha un significato senza essere un nome reale».Avete fatto sempre tutto insieme, lei e suo marito.«Sì, tutto. Lui si occupa della parte commerciale, amministrativa e produttiva. Io mi occupo al 90% della collezione e per il 10% dei punti vendita perché è importante la supervisione. Certo, ora il momento ci tarpa le ali. Abbiamo 19 negozi tra boutique e corner in Italia e all'estero».Sono negozi molto particolari, con un'atmosfera un po' casalinga molto chic e sofisticata.«È sempre stato questo il nostro obiettivo, l'idea e il concetto fondamentale della collezione che invade anche lo spazio di vendita. Momonì è fatto per una donna che ha voglia di sentirsi comoda e al contempo femminile. I nostri tessuti sono quasi tutti molto morbidi, naturali, molta seta, mohair, alpaca, cotone, lana, lino. È una donna a cui piace sentirsi coccolata in tutti i sensi anche dal materiale soffice e confortevole. Volevamo che questo concetto fosse chiaro nei negozi. Quando entri puoi accomodarti sul divano per bere un tè o un caffè, quella è l'idea di accoglienza per dare un senso di casa. Le tende in seta e i divani in velluto danno un messaggio di morbidezza, comfort, eleganza».La moda sta attraversando un brutto momento, come va Momonì?«Temevamo peggio. In realtà devo dire che la stagione estiva è andata bene perché penso che le persone vedessero una via d'uscita e tutti siamo ripartiti con entusiasmo. La chiusura è stata terribile, ma da giugno ci siamo rimboccati le maniche e siamo ripartiti. Non abbiamo fatto saldi per rispetto ai nostri clienti multimarca. Se devo guardare la stagione nella sua globalità, alla fine ha funzionato. Sono più preoccupata per il futuro. Fanno un po' paura le notizie di questi giorni, speriamo che non si riblocchi tutto».Come sta andando a Parigi, dove avete diversi negozi?«Quest'ultimo mese in Francia, in particolare nei grandi magazzini, c'è stata una mancanza completa di turisti che sta penalizzando tantissimo tutto il comparto. Chi veniva fino a settembre dalla provincia ora non sta frequentando la grande città. Bisognerà capire anche quello che succederà a Milano e nelle altre metropoli. Sono positiva ma molto preoccupata».Vendite online?«Molto bene. Abbiamo avuto fortuna, senza sapere quello che sarebbe successo dopo qualche settimana abbiamo iniziato a fine febbraio, per noi è stato un exploit. I risultati sono oltre il doppio di quello che ci aspettavamo. Con l'ecommerce temevamo di penalizzare i negozi, mentre ci siamo resi conti che è il contrario. La spedizione gratuita a casa è un incentivo ora che la gente si muove molto meno. La cliente viene contatta attraverso delle foto scattate all'interno dell'azienda, abbiamo fatto un gran lavoro creando degli showroom virtuali dove si può scegliere cliccando sopra il capo che si espande ed è visibile in ogni particolare. Abbiamo lavorato molto sull'aspetto digitale sia per aiutare i negozi sia i nostri showroom dove vendiamo ai clienti multimarca in Italia e all'estero. Le nostre store manager così riescono a raggiungere le clienti».Il futuro è l'ecommerce?«Noi crediamo molto nel negozio. Per il marchio Momonì è importantissimo il contatto fisico. Le nuove generazioni sono molto più propense a comprare attraverso l'ecommerce, quindi bisogna puntarci, ma per noi è altrettanto fondamentale raccontare quello che facciamo, un prodotto che ha un certo prezzo va spiegato e toccato. È giusto che una cliente possa indossarlo, provarlo con accanto chi la consiglia. Anche l'ecommerce consente questo, ma quando si vende un prodotto con un alto standard qualitativo è giusto far vedere la confezione, i dettagli. Continuo a credere nel punto vendita. E, appena si potranno sviluppare ancora, ne apriremo degli altri».
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