2025-11-07
Dopo il Ponte, i giudici boicottano le Olimpiadi
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.Una decisione contestata da Alfredo Robledo, titolare di una delle inchieste, ma la sua denuncia portò solo al trasferimento a Torino dello stesso Robledo. L’allora titolare della Procura, Edmondo Bruti Liberati, ancora oggi rivendica la decisione e spiega che senza quell’impostazione Expo avrebbe rischiato l’insuccesso. «Se si vuole chiamare questa sensibilità istituzionale», dice ora, «io sono d’accordo». Del resto, per salvare Expo si mosse pure Giorgio Napolitano, il quale per giustificare l’operazione di salvataggio della manifestazione spiegò che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non sono patrimonio del singolo magistrato, ma dell’ufficio nel suo complesso. Dunque, Robledo aveva poco di cui lamentarsi, perché l’autonomia e l’indipendenza erano garantite dal suo capo, in quanto titolare della Procura. Ricordo l’episodio a distanza di dieci anni, non soltanto perché con la riforma della giustizia oggi è tornata di moda la questione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, ma per rappresentare che, quando ci sono state di mezzo manifestazioni o opere pubbliche di interesse nazionale, è prevalsa quella che Bruti Liberati chiama sensibilità istituzionale. L’ex procuratore capo ovviamente non la spiegherebbe mai così, ma diciamo che su Expo pm e giudici si mossero con i guanti bianchi, forti probabilmente anche della lettera con cui il capo dello Stato, ossia il presidente del Consiglio superiore della magistratura, avallò l’operato della Procura. Al contrario, a causa del clima reso incandescente da una riforma osteggiata dall’Anm, oggi anche opere pubbliche e manifestazioni di rilievo internazionale ne fanno le spese. Al Quirinale non c’è più Napolitano e al suo posto da dieci anni si è insediato Sergio Mattarella. E a Palazzo Chigi non c’è Renzi ma Giorgia Meloni. Dunque, la sensibilità istituzionale le toghe la sentono meno. O forse non la sentono affatto. Risultato, dopo la sentenza della Corte dei Conti che rischia di minare alla base il progetto del Ponte sullo stretto, ecco arrivare un ricorso del gip di Milano contro la fondazione Milano-Cortina. Il decreto del governo, che l’ha istituita in vista delle Olimpiadi invernali, la considera un ente di diritto privato, forse per metterla al riparo da eventuali indagini per turbativa d’asta (reato che riguarda la pubblica amministrazione e per consumare il quale può bastare una decisione che punti a sveltire l’iter di un appalto o di un contratto). Ma per il giudice per le indagini preliminari, aver stabilito che le attività della fondazione sono regolate da norme di diritto privato, consentendo dunque all’ente di operare sul mercato in condizioni di concorrenza e con criteri imprenditoriali, sarebbe incostituzionale. Di qui la decisione di sottoporre il quesito sulla legittimità del decreto direttamente alla Consulta. In pratica, la magistratura (la richiesta del gip è stata sollecitata dai pm), messa da parte la sensibilità istituzionale, vorrebbe ottenere il semaforo verde per continuare a indagare e fors’anche processare i vertici della fondazione. Che, come Expo, anche Milano-Cortina sia un evento di portata internazionale poco importa. E che uno stop a un’opera d’interesse pubblico possa diventare un problema d’immagine, per i giudici non sembra d’impedimento, così come in passato non lo furono le inchieste su Tap e Mose pure se conclusesi con un nulla di fatto. Per altro adesso ci sono i centri in Albania. Non contenti di aver svuotato o quasi le strutture per migranti costruite sulla sponda opposta dell’Adriatico, ora i giudici puntano a far dichiarare illegittimo, dalla Corte di giustizia europea, qualsiasi trasferimento all’estero di extracomunitari in attesa di espulsione, mettendo così la parola fine al progetto e all’investimento a Tirana. In pratica, la guerra tra governo e magistrati prosegue ogni giorno senza esclusione di colpi e da qui al referendum probabilmente ne vedremo delle belle. Così, mentre vi preparate al peggio, segnalo l’ennesima sentenza che lascia (semi) libero un migrante. Per di più sospettato di terrorismo.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
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