Rispetto alla storia dei torturatori killer ucraini a Vienna, quella dei cessi d’oro per i funzionari corrotti quasi sbiadisce.
Qualche giorno fa, il Tribunale di Kiev ha disposto la custodia cautelare in carcere per due cittadini, uno di 19 e l’altro di 45 anni, accusati del brutale assassinio di un ventunenne, che è stato commesso meno di un mese fa nella capitale austriaca. La vittima era Danilo Kuzmin, figlio di Serhij, il vicesindaco di Kharkiv, una delle città simbolo della resistenza agli invasori russi. Il giovane finito in manette, invece, si chiama Bogdan Rinzhuk ed è il rampollo dell’oligarca Ivan, nonché figliastro di Olesya Ilashchuk, ambasciatrice ucraina in Bulgaria, nominata a dicembre 2022 da Volodymyr Zelensky benché, almeno sui suoi profili social, vantasse un curriculum da sessuologa anziché una carriera diplomatica.
La ricostruzione dell’omicidio lascia sconcertati. Il 25 novembre, i due indagati organizzano un incontro con il malcapitato, che, come Rinzhuk, studia a Vienna. Nessuno dei tre è al fronte: gli universitari sono giustificati, visto che la coscrizione scatta a 25 anni; sul quarantacinquenne non si hanno informazioni precise. È un disertore? Godeva di qualche esenzione? Fatto sta che, nel parcheggio sotterraneo di un hotel di lusso, i presunti assassini aggrediscono Kuzmin, lo picchiano con ferocia, gli fanno letteralmente saltare i denti. Il loro scopo è farsi trasferire su un conto una somma in criptovalute di cui, incautamente, il ragazzo aveva rivelato l’esistenza. Alcune fonti parlano di un colpo da 50.000 euro, altre di 90.000 dollari, cioè quasi 77.000 euro, su un totale di 170.000. Se, memori dell’ultimo scandalo mazzette, vi state chiedendo come sia possibile che la famiglia di un vicesindaco possegga somme del genere in moneta digitale, siete maliziosi ma vi state ponendo la domanda giusta.
Dopo l’estorsione, i sospettati chiudono Danilo nel bagagliaio di una Mercedes, cospargono il corpo e la vettura con la benzina di due taniche comprate prima in una stazione di servizio e gli danno fuoco. Secondo l’autopsia, al momento del rogo la vittima è già morta o è incosciente. Le autorità austriache impiegano 24 ore a identificare i possibili autori del delitto; nella stanza d’albergo che i due hanno occupato, trovano contanti, indumenti, telefoni cellulari; loro sono già fuggiti in Ucraina. Vengono arrestati il 29 novembre a Odessa, anche grazie al supporto di Europol. Finché, qualche giorno fa, i giudici confermano la carcerazione.
L’omicidio impressiona per l’efferatezza, perché è stato commesso in una metropoli dell’Europa occidentale e, ovviamente, per il rango delle persone coinvolte. Come hanno spiegato le testate bulgare - la nazione in cui si è stabilita l’ambasciatrice Ilashchuk - il padre del diciannovenne arrestato è Ivan Rinzhuk, grosso imprenditore di Cernivci. Città che, ironia della sorte, per il suo passato austroungarico si è guadagnata il soprannome di Piccola Vienna. Nel 2011, Rinzhuk venne accusato di corruzione, reato contestato piuttosto di frequente in Ucraina. In ballo c’erano una tangente da 250.000 dollari e il sequestro di gioielli del valore di circa 48 milioni di euro.
Tra il 2011 e il 2015, fu proprio la matrigna del presunto killer a prendere le redini della compagnia dell’oligarca. Ilashchuk fu molto chiacchierata in patria, sia per gli intrecci tra la sua professione e la sua vita familiare, sia quando Zelensky le conferì l’incarico a Sofia. Il 28 dicembre 2022, European Pravda, giornale online ucraino cofinanziato dall’Unione europea, la presentò in termini tutt’altro che lusinghieri. Parlava di una «sconosciuta» al resto del corpo diplomatico, ma nota come «psicoterapeuta», «terapeuta della Gestalt e sessuologa», sebbene non avesse «un titolo di studio medico». Si sarebbe però laureata nel 2005 in relazioni internazionali. «Certe nomine politiche», scriveva il quotidiano, «sono assolutamente inaccettabili. Nella storia dell’Ucraina, non c’è mai stato un simile esempio» di «scarsa professionalità». Eppure, nella storia dell’Ucraina, non erano mancate gestioni personalistiche del potere, tipo quella di Zelensky.
Adesso, la donna ha chiesto di giudicare la vicenda dell’omicidio in Austria solo sulla base di «dati ufficiali e decisioni della Corte», evitando di collegare l’indagine sul figliastro al suo «servizio diplomatico, o di avallare interpretazioni politiche della situazione». Chissà se gli ucraini, almeno sul garantismo, sono in linea con i «nostri valori».



