2021-01-13
Moderna arriva in Italia e l’Ue apre a Valneva
Consegnate all’Iss le prime 47.000 fiale del secondo siero autorizzato. Mentre Astrazeneca fa richiesta di commercializzazione e la Commissione si accorda con un’azienda francese per 30 milioni di dosi. Salta il tabù russo: si tratta Sputnik con MoscaSono arrivate al destinatario le prime 47.000 dosi del vaccino Moderna, il secondo (e finora ultimo) siero autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco nella lotta contro il Covid. Stoccate all’interno di un furgoncino partito dal Belgio, le fiale hanno valicato il Brennero per essere consegnate all’Istituto superiore di sanità di Roma. Attese entro febbraio un totale di 764.000 dosi, che Moderna consegnerà al nostro Paese con cadenza quindicinale e un ritmo via via crescente. Nei prossimi giorni partiranno le prime somministrazioni, e l’ipotesi è quella di aprire agli over 80, che dopo il personale sanitario e gli ospiti delle Rsa rappresentano senza dubbio la categoria più a rischio. Fa discutere il criterio di ripartizione tra le Regioni, perché il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, vorrebbe che a ricevere un quantitativo maggiore siano i territori più virtuosi nella prima tranche della campagna vaccinale. Se così fosse risulterebbero premiate, tra le altre, Veneto, Valle d’Aosta e Campania - tutte sopra il 90% nel rapporto tra dosi consegnate e dosi somministrate - e penalizzate la Provincia autonoma di Bolzano, Calabria, Molise, e Calabria, seguite a ruota da Puglia e Lombardia, che hanno inoculato metà o poco più delle dosi a disposizione. Una strategia che sfrutta la maggiore efficienza di alcune realtà, studiata a tavolino da Arcuri e dal governo per fare bella figura in Europa e nel resto del mondo. Peccato però che i cittadini delle regioni meno veloci abbiano lo stesso e identico diritto a essere vaccinati rispetto agli abitanti dei territori più avanti nella campagna vaccinale.Per ciò che concerne la logistica, come anticipato negli scorsi giorni dalla Verità, il commissario Arcuri ha stretto un accordo con Poste Italiane, tramite il suo corriere espresso Sda, per portare a termine la logistica di secondo livello. Vale a dire, cioè, quella fase nella quale le fiale vengono trasportate dall’Istituto superiore di sanità alle strutture coinvolte in questa prima fase. «L’azienda, che già da tempo collabora con il commissario straordinario», si legge in un comunicato diramato ieri da Poste, «ha attrezzato 40 furgoni con celle frigo da 1.300 litri ognuna e si occuperà della consegna con un network dedicato». Un compito più semplice rispetto al trasporto del vaccino Pfizer, dal momento che quello realizzato da Moderna dev’essere conservato a temperature più elevate (tra i -25 e -15 °C, contro i -80 °C di Pfizer). Non è chiaro se il sodalizio riguarderà anche il resto della fornitura, ma se così fosse dobbiamo augurarci che Poste rispetti ritmi di consegna assai elevati. Solo nell’ultima settimana di gennaio arriveranno in Italia 66.000 dosi, un numero destinato ad aumentare a 163.000 nella prima di febbraio e a 488.000 per la terza di febbraio. Rimane poi il nodo degli operatori della logistica privata, che a dicembre si erano seduti intorno a un tavolo con il governo per gestire al meglio la consegna delle dosi. Nel caso Poste dovesse finire per risultare l’asso pigliatutto, il resto del comparto rimarrebbe a bocca asciutta.Stiamo parlando, in ogni caso, di numeri ancora relativamente ridotti. Senza contare le dosi aggiuntive prenotate dall’Unione europea, all’Italia spettano complessivamente 202,5 milioni di dosi, ma quelle fornite da Pfizer-Biontech e Moderna sommate rappresentano appena un quinto del totale. Non pervenuti al momento i vaccini Johnson&Johson (in fase di rolling review all’Ema), Sanofi-Gsk (slittato a fine anno o, peggio, al 2022), e Curevac (ancora alla fase 3 della sperimentazione). Una buona notizia è arrivata invece ieri da Astrazeneca: l’azienda britannico-svedese ha presentato ieri richiesta di commercializzazione d’urgenza per il farmaco sviluppato in collaborazione con l’università di Oxford. Il verdetto finale è previsto per il 29 gennaio, e l’eventuale parere positivo da parte dell’agenzia costituirebbe un importante passo in avanti. Solo nel nostro Paese, infatti, Astrazeneca dovrebbe inviare 40,4 milioni di dosi, sufficienti a immunizzare un terzo della popolazione.Se la carenza di vaccini ha avuto un merito è stato quello di dare una scossa alle istituzioni europee. Complice anche il dibattito senza esclusione di colpi in corso in Germania, dove sia elettori che esponenti della politica mettono ormai apertamente in dubbio il buon esito della strategia per l’approvvigionamento dei vaccini messa in campo da Bruxelles. Sulla scorta delle polemiche vanno registrate due novità importanti. La prima riguarda la conclusione, annunciata ieri dalla Commissione europea, dei colloqui esplorativi con i francesi di Valneva per l’acquisto di 30 milioni di dosi (più un’opzione per altri 30 milioni). Si tratta dell’ottavo vaccino del «portafoglio europeo», prodotto dalla biotech transalpina tra i cui soci risulta anche Bpifrance, la Cassa depositi e prestiti francese, e il primo vaccino inattivato contro il coronavirus. La seconda notizia, invece, rompe un tabù. Una portavoce della Commissione europea ha confermato ieri che «sono in corso contatti tra l’Ema e l’azienda russa che produce il vaccino Sputnik», anche se non è ancora stata formalmente presentata una richiesta di autorizzazione alla commercializzazione. E se a contribuire a salvarci dal coronavirus fosse proprio Vladimir Putin?