Durante l’attacco nel Belucistan morti due bambini e ferite tre ragazze. Ora Teheran continua ad alzare il livello dello scontro per rafforzare la sua influenza nella regione.
Durante l’attacco nel Belucistan morti due bambini e ferite tre ragazze. Ora Teheran continua ad alzare il livello dello scontro per rafforzare la sua influenza nella regione.Dopo aver bombardato la Siria e l’Iraq, come vi abbiamo raccontato ieri, gli iraniani nella notte tra martedì e mercoledì hanno lanciato una serie di attacchi contro le basi di un gruppo militante chiamato Jaish al-Adl, a Panjgur, nella provincia sudoccidentale del Belucistan, una vasta regione dell’Asia sud-occidentale -politicamente suddivisa tra Iran, Afghanistan e Pakistan - colpita da missili e droni. Due bambini sono stati uccisi e altri tre feriti dai missili di Teheran. Jaish al-Adl è un gruppo militante sunnita fondato nel 2012 che opera in gran parte oltre confine in Pakistan. In passato il gruppo ha rivendicato attentati e rapimenti di agenti della polizia di frontiera iraniana. L’Iran ha combattuto nelle zone di confine contro i militanti, ma un attacco con missili e droni contro il Pakistan non era mai accaduto.Tanto per comprendere cosa c’è in gioco, occorre ricordare che, secondo l’Arms control association, il Pakistan ha un arsenale nucleare stimato in circa 165 testate atomiche (marzo 2023) e questo lo rende il Paese con l’arsenale nucleare in più rapida espansione al mondo. L’arsenale nucleare pakistano è composto da una varietà di armi, comprese testate a fissione, testate a fusione e testate a neutrone. Sebbene i media statali iraniani e i siti web di notizie affiliati al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Ircg) siano stati i primi a denunciare gli attacchi missilistici e di droni, non hanno affermato esplicitamente che l’Iran avesse condotto gli attacchi. Alcuni siti web di notizie a Teheran, tuttavia, hanno riferito che è stato l’Irgc a lanciare l’attacco. Immediata la reazione del governo pachistano: «Il Pakistan condanna fermamente la violazione non provocata del suo spazio aereo da parte dell’Iran e l’attacco all’interno del territorio pachistano che ha provocato la morte di due bambini innocenti e il ferimento di tre ragazze. Questa violazione della sovranità del Pakistan è completamente inaccettabile e può avere gravi conseguenze», si legge nella dichiarazione di Islamabad, che ieri ha espulso l’ambasciatore iraniano e ha richiamato il proprio da Teheran. Mentre scriviamo, si apprende che diversi membri dell’Ircg sono stati uccisi vicino al confine con il Pakistan e Jaish al-Adl ha rivendicato l’azione. A proposito degli iraniani, Edward Luttwak, consulente strategico del governo americano, su X scrive che «l’Iran lancia missili in Pakistan, alle truppe statunitensi e alleati in Siria e in Iraq, invia missili agli Huthi per attaccare le navi del Mar Rosso danneggiando l’economia mondiale e nessuno reagisce contro il regime iraniano. La sua impunità deprime il 75% di coloro che odiano i loro governanti fanatici e corrotti». L’Iran dopo aver armato, addestrato uomini e condiviso tutta la strategia per gli attacchi del 7 ottobre scorso subiti da Israele, ha quindi deciso di aprire una serie di fronti con il suo «estero vicino», soprattutto per mandare un messaggio agli Stati Uniti, a Israele e anche all’Arabia Saudita, che intende riconoscere lo Stato ebraico all’interno di un accordo globale che riguardi il popolo palestinese. Hamas, attraverso il leader dell’organizzazione all’estero Khaled Meshal, ha confermato «di rifiutare la soluzione dei due Stati». Su Telegram, infatti, si legge: «Il nostro popolo palestinese chiede liberazione, libertà dall’occupazione e la nascita di uno Stato palestinese». L’ambizione iraniana di smantellare l’influenza di Israele va oltre una mera strategia geopolitica, è profondamente radicata in convinzioni ideologiche e animosità storiche. Questo obiettivo rappresenta un elemento costante della politica estera iraniana, spesso generando tensioni nella regione. Nel mirare a Israele, l’Iran non solo sfida un alleato chiave degli Stati Uniti, ma cerca anche di ridefinire le dinamiche di potere regionali, aspirando a colmare il vuoto con la propria influenza e ricerca della supremazia nel Medio Oriente, questo è un altro aspetto cruciale della strategia iraniana. Non si limita al controllo territoriale o politico, ma include anche l’affermazione dell’Iran come faro ideologico e religioso nella regione. In questo modo, l’Iran cerca di proiettare la propria visione di governo islamista come valida alternativa alle altre forme di governo presenti nella regione, espandendo la sua influenza sia politica che ideologica. L’obiettivo di espellere gli Stati Uniti dal Medio Oriente costituisce una sfida diretta alla presenza e all’influenza statunitense di lunga data nella regione. Gli Stati Uniti, attraverso varie amministrazioni, hanno giocato un ruolo centrale nella politica mediorientale, spesso in contrasto con gli interessi iraniani. Nel tentativo di eliminare questa influenza, l’Iran non mira solo a modificare l’equilibrio di potere regionale, ma cerca anche di ridefinire il panorama geopolitico globale. Come reagire? Analizzare le potenziali conseguenze di un attacco statunitense o della Nato contro obiettivi iraniani come la base sottomarina di Jask, gli impianti di produzione missilistica di Bandar Abbas, Isfahan e Mashhad e i siti di lancio come la base di Imam Ali, Bakhtaran e l’isola di Sirri, rivela una complessa rete di implicazioni regionali e internazionali. Non è facile quindi perché qualsiasi azione militare contro l’Iran comporta rischi considerevoli, tra cui il potenziale di escalation regionale o addirittura globale. L’Iran potrebbe rispondere dispiegando mine e sommergibili armati nel Mar Rosso e nel Golfo Persico; in alternativa, potrebbe attivare la sua rete terroristica globale per lanciare attacchi, anche massicci, contro Israele. Inoltre, tali azioni potrebbero fornire alla Cina l’occasione di compiere mosse strategiche, come l’invasione di Taiwan, approfittando della distrazione del mondo focalizzata sul Medio Oriente.
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