
Vertici di Edeco rinviati a giudizio: milioni di euro intascati grazie al business. Ma la coop padovana, che gestiva con il nome di Ecofficina oltre 2.000 richiedenti asilo, continua a fare domande per aggiudicarsi appalti. Spesso come unica partecipante.È accusata per truffa ai danni dello Stato e di frode nell'adempimento di obblighi contrattuali. L'accusa parla di milioni di euro intascati grazie al business dei migranti ma la cooperativa padovana Edeco, oggetto di inchieste della Procura di Venezia e di Padova, continua a essere ammessa a gare per l'assegnazione di servizi all'accoglienza. Il colosso veneto, che prima si chiamava Ecofficina, gestiva contemporaneamente oltre 2.000 richiedenti asilo, li teneva in condizioni terribili, affamandoli e con servizi insufficienti in ex caserme e in piccole strutture da Este ad Adria, da Cavarzere a Oderzo. Fatturava 20 milioni di euro l'anno, arrivò a 40 milioni nel 2017. Un mese fa, i vertici della struttura «pigliatutto» Simone Borile, sua moglie Sara Felpati e l'ex socio Gaetano Battocchio sono stati rinviati a giudizio, eppure aspirano ancora ad appalti milionari. A Padova, la Edeco cooperativa sociale onlus di Battaglia Terme (nata nel 2011 come gruppo dedicato alla gestione dei rifiuti ed entrata nell'ambito dell'accoglienza dal 2014), ha fatto domanda per accaparrarsi un appalto sulla gestione di circa 300 migranti in grandi strutture, e un altro per accoglierne 1.400 in piccole unità immobiliari. Valore complessivo: 42,5 milioni di euro. Scaduti i termini il 3 e il 10 maggio, i servizi non sono ancora stati assegnati ma è inspiegabile come una cooperativa indagata sia stata ammessa alla gara. Sempre la Edeco pigliatutto, nel verbale della prefettura di Rovigo dello scorso 5 giugno risulta l'unica ditta a essersi presentata per ottenere l'affidamento dei servizi di gestione di centri di accoglienza da 50 posti, nella provincia rodigina. È quasi certo che si aggiudicherà la gara. Anche a Venezia, per gestire 900 posti d'accoglienza in laguna (valore dell'appalto circa 24 milioni di euro), ancora una volta è stata ammessa la coop padovana. Il prossimo 14 gennaio inizierà a Padova il processo, i vertici della cooperativa siederanno sul banco degli imputati assieme a due viceprefetti, Pasquale Aversa e Alessandro Sallusto, all'ex funzionaria della prefettura di Padova Tiziana Quintario, tutti accusati a vario titolo di corruzione, abuso d'ufficio, turbativa d'asta e falso, frode nelle pubbliche forniture, però per Edeco i migranti saranno ancora oggetto di business a Venezia, Padova, Rovigo. Tutto come prima, o quasi. Con meno extracomunitari, certo, rispetto a quanti finirono ammassati nei centri del Veneto a partire dal 2015, ma solo grazie alla politica sull'immigrazione del capo del Viminale. Entreranno meno soldi nelle casse della coop, sempre di milioni di euro si tratta. Lo scorso anno, tra settembre e dicembre vennero chiusi gli hub di San Siro di Bagnoli (un'ex base missilistica nel Padovano) e di Conetta di Cona, nel Veneziano, affollati all'inverosimile, luoghi di violenza, di stupri, di risse come il tafferuglio scoppiato dopo la morte della giovane ivoriana Sandrine Bakayoko, 25 anni, il 2 gennaio 2017. Quell'anno, i migranti a Cona arrivarono ad essere 1.700. Il certificato di agibilità dell'Asl indicava un massimo di 450 ospiti. Un inferno umanitario dentro al centro e fuori in paese, con 190 residenti costretti a subire per tre anni la vicinanza di quella Babele esplosiva. Le strutture gestite dalla cooperativa padovana rivelarono il volto peggiore dell'accoglienza, interessata solo a guadagnare sulla pelle dei migranti assicurandosi il maggior numero di appalti (con presunte irregolarità), per poi lasciare migliaia di persone in condizioni vergognose. La Guardia di finanza ha fornito un dettagliato resoconto della «costante e sistematica carenza» di personale nel centro di Cona. Il 4 dicembre 2016 i migranti ospiti erano 1.448 e solo 17 gli operatori al lavoro, mentre per obbligo contrattuale la cooperativa doveva garantirne almeno 43. Tradotto in soldi rimasti nelle tasche di Edeco, significavano 200.000 euro risparmiati sul personale. Secondo l'accusa, ogni mese centinaia di firme false sul registro dell'hub da parte di fantomatici migranti erano uno degli espedienti per ottenere più soldi. L'emergenza sbarchi aveva reso l'accoglienza un enorme affare per Edeco. Il primo bando che vinse nel luglio del 2014 era stato di 1.300.000 euro. Il secondo, un anno dopo, di 1.800.000 euro. Il terzo, nel febbraio 2016, di 16 milioni per 1.700 posti, più 4.500.000 euro per il centro di Bagnoli. La coop gestiva l'accoglienza anche in case private, in alberghi. «Un vortice che portava nelle casse circa 40 milioni di euro l'anno. Con una percentuale di guadagno dal 10 al 15 per cento», scriveva Il Gazzettino che ha seguito l'inchiesta passo dopo passo a partire da maggio 2016, quando iniziarono le prime denunce per truffa. Nel 2017 Edeco perse l'appalto di 23 milioni per la gestione di Bagnoli, vinto dalla cooperativa siciliana Badia Grande. Fece ricorso, inutilmente. Si consolò con i 63 milioni di euro del quarto bando prefettizio per l'accoglienza diffusa. I responsabili della coop pigliatutto andranno a processo il prossimo gennaio, intanto si garantiscono altri appalti sulla pelle dei migranti.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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Contro il consenso informato dei genitori sui corsi arcobaleno nelle scuole parte la crociata dei paladini dell’autodeterminazione assoluta. Che scompare magicamente quando si tratta di scegliere se far indottrinare i propri figli da sedicenti esperti di sessualità.