2021-05-26
Sui migranti l’Europa rifà spallucce. Draghi furente: «Basta indifferenza»
Fumata nera sulla redistribuzione. Il commissario Ue garantisce: «Meccanismo di solidarietà per l'Italia». Ma partirebbe l'anno dopo gli arrivi. Il premier: «Siamo soli». Emmanuel Macron ci gela: «Difficile un'intesa a giugno».Finalmente un presidente del Consiglio che non balbetta davanti alla inerzia dell'Europa sull'emergenza immigrazione. Mario Draghi, dopo l'ennesimo rinvio della discussione sul tema più scottante al Consiglio europeo di ieri, fa la voce grossa e mette con le spalle al muto i burosauri di Bruxelles. Una presa di posizione, quella di Draghi, che è l'ennesima dimostrazione di come, con l'ex leader della Bce al governo, l'Italia abbia cambiato decisamente passo rispetto ai balbettii di Giuseppe Conte, che era sempre pronto a inchinarsi di fronte ai diktat dell'Europa. «Ho sollevato il problema delle migrazioni», dice Draghi in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo, «assente dall'agenda per parecchio tempo. Mettere a dormire un problema non lo fa sparire. Il tema verrà messo in agenda nel prossimo Consiglio (tra un mese, ndr). Tra i Paesi europei», aggiunge Draghi, «ci deve essere un accordo più efficace, la pura volontarietà ha dimostrato di essere inefficace. Non credo si possa prevedere l'obbligatorietà nell'accordo ma si può individuare un sottoinsieme di Paesi che si aiutino tra loro. Ci sono parecchie cose che sono state lasciate perdere, occorre riprenderle, far meglio del passato, c'è la volontà di venirci incontro, almeno oggi a parole c'era. Soprattutto da parte di Francia e Germania ma anche altri, c'è coscienza del problema, abbiamo avuto il sostegno anche da Paesi finora indifferenti», argomenta Draghi, «non voglio spingermi nel parlare di progressi ma spero che la buona volontà si traduca in fatti». In sostanza, serve una risposta «solidale, non di indifferenza». Le parole di Draghi sono un sapiente mix di ottimismo, umanità, realismo. Il premier non è certamente insensibile di fronte alle tragedie dei naufragi, e sa anche che in attesa delle prossime riunioni l'Italia dovrà fare affidamento solo sulle proprie forze: «Per ora», sottolinea il premier, «sappiamo che saremo da soli fino al prossimo Consiglio europeo. Sta a tutti noi prepararlo bene. I primi passi sembrano dimostrare una certa consapevolezza che occorra una risposta solidale non indifferente. Sul tema dell'immigrazione il nostro atteggiamento deve essere efficace ma soprattutto umano. Le immagini di quei bambini sono inaccettabili», dice Draghi riferendosi alle immagini diffuse da Open Arms dalla spiaggia di Zuwara, in Libia, con i corpi senza vita di bimbi vittime probabilmente di un naufragio. «Stiamo pensando di avere l'aiuto dell'Europa sulla apertura di corridoi umanitari». La collaborazione sul tema dell'immigrazione tra Italia e Francia si irrobustisce. Draghi incontra il presidente transalpino Emmanuel Macron, il dialogo tra i due leader è proficuo: «L'incontro con Macron», sottolinea il premier, «è stato molto importante. Abbiamo parlato della situazione europea da un punto di vista economico e politico, poi del Nord Africa ma anche del Sahel, del Ciad e del Mali, perché sono paesi che come la Libia e purtroppo la Tunisia diventano sempre più paesi di transito per la migrazione. È iniziata una collaborazione in una parte del mondo che ci aveva visto sempre su sponde diverse. L'intenzione», evidenzia Draghi, «è di lavorare insieme in quella parte di Africa». «Discuteremo di migranti a giugno», commenta Macron, «anche se dobbiamo sapere che non risolveremo i problemi nella loro totalità perché i disaccordi sono troppo profondi. L'idea è prevedere accordi di ripartizione dei migranti intergovernativi e di agire sul piano comunitario sulle relazioni tra Ue e Paesi di origine delle migrazioni e di transito: l'importante», aggiunge Macron, «è non tornare alla situazione di due anni fa quando tutta la pressione si scaricava sui Paesi di primo arrivo e c'era troppa incertezza, ciascuno deve assicurare la propria parte di solidarietà. Il premier italiano ha evocato la situazione sui migranti che si degrada nuovamente nel Mediterraneo centrale», precisa Macron, «e il premier spagnolo ha evocato quella alla sua frontiera sul Marocco e abbiamo avuto una discussione preliminare sul tema su cui ritorneremo al Consiglio europeo di giugno. Ma mentiremmo a noi stessi se dicessimo che a giugno risolveremo il pacchetto migratorio in tutta la sua totalità», conclude Macron, «i disaccordi sono ancora troppo profondi ed il tema deve ancora essere preparato». Esulta il leader della Lega, Matteo Salvini: «Grazie a Mario Draghi», dice Salvini, «che ha portato sul tavolo di Bruxelles i temi dell'immigrazione, della difesa dell'Europa e dei suoi confini. Volere è potere». Intanto, la Commissione perde tempo e annuncia piani e progetti paradossali: «È molto chiaro per me», sostiene il commissario europeo per gli Affari interni, Ylva Johansson, «che la solidarietà volontaria non basta, abbiamo bisogno di solidarietà obbligatoria, e devo dire che quasi tutti gli Stati membri sono d'accordo su questa prospettiva. Abbiamo messo a punto un meccanismo di solidarietà apposito per l'Italia, che si basa sui casi di ricerca e soccorso». Aria fritta: «Ogni anno», spiega la Johansson, «insieme agli Stati membri, ma soprattutto essenzialmente l'Italia, dovremmo stabilire quali saranno i numeri da gestire dal punto di vista della distribuzione nel corso dell'anno successivo per avere poi un pool al quale devono contribuire gli stati membri». Avete letto bene: ogni anno si dovrebbe lavorare per l'anno successivo con un pool che non si sa da chi sarebbe composto. La solita Europa, il solito nulla.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)