
Sono stata rinviata a giudizio. Dovrò rispondere di diffamazione contro il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, intitolato all'attivista gay che inneggiava a sesso con minori e coprofagia. Ecco quello che scriveva.Sono appena stata rinviata a giudizio per diffamazione del circolo Mario Mieli di Roma, circolo accreditato dall'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, finanziato con denaro pubblico per svolgere azioni pedagogiche e di prevenzione sanitaria. Per evitare altre imputazioni mi limito a fare copia e incolla con affermazioni di Mario Mieli, e copia e incolla con affermazioni linkate al sito del circolo Mario Mieli. Che i cittadini italiani giudichino da soli.Dal libro Elementi di critica omosessuale, scaricabile in pdf sul sito del circolo Mario Mieli, libro di cui sul sito si raccomanda la lettura.«Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l'essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica» (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Milano, Einaudi, 1977, pagina 55 del pdf).«La società repressiva e la morale dominante considerano “normale" soltanto l'eterosessualità - e, in particolare, la genitalità eterosessuale. La società agisce repressivamente sui bambini, tramite l'educastrazione, allo scopo di costringerli a rimuovere le tendenze sessuali congenite che essa giudica “perverse" (e, in realtà, si può dire che ancor oggi vengano considerati “perversi" più o meno tutti gli impulsi sessuali infantili, compresi quelli eterosessuali, dal momento che ai bambini non viene riconosciuto il diritto di godere eroticamente). L'educastrazione ha come obiettivo la trasformazione del bimbo, tendenzialmente polimorfo e «perverso», in adulto eterosessuale, eroticamente mutilato ma conforme alla Norma» (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, pagina 13). «Per dirla con Jung, il padre diventa per il figlio il modello della Persona: “la Persona è un complicato sistema di relazioni fra la coscienza individuale e la società, una specie di maschera che serve da un lato a fare una determinata impressione sugli altri, dall'altro, a nascondere la vera natura dell'individuo". Tramite l'identificazione col padre, la società costringe il bambino a costruirsi una personalità artificiale, consona alla Norma vigente nel mondo “esterno" e che, nel contempo, si ponga come difesa contro i pericoli del mondo “esterno", i trabocchetti del palcoscenico delle Persone» (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, pagina 20). «Il padre si (rap)presenta come Persona decisamente eterosessuale e rifiuta contatti erotici aperti con il figlio (il quale invece desidera “indifferenziatamente" e quindi desidera anche il padre), così come gli altri maschi adulti, in forza del tabù antipederasta, rifiutano rapporti sessuali con il bambino. In modo analogo, la madre e le donne adulte rifuggono dai rapporti sessuali con la bambina (anche se, in genere, esiste una maggiore intimità erotica tra madre e figlie/i che non tra padre e figli/ie). Inoltre, gli stessi rapporti sessuali e in particolare omosessuali tra bambini vengono repressi» (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, pagina 21). «Tra noi omosessuali, la propensione a formare coppie chiuse è molto meno forte che non tra gli etero: e i pregi della gaia promiscuità sono parecchi, anzitutto poiché essa apre il singolo alla molteplicità e alla varietà dei rapporti, e quindi positivamente gratifica la tendenza di ognuno al polimorfismo e alla “perversione", facilitando, di conseguenza, il buon andamento di ogni rapporto tra due persone (perché né l'uno né l'altro si avvinghia disperatamente al partner, pretendendo la sua rinuncia a rapporti totalizzanti contemporanei con altre/i). La lotta omosessuale rivoluzionaria propone il riconoscersi erotico e affettivo di ogni essere umano nella comunità e nel mondo: ognuno di noi è prisma, è sfera, è mobile, e, al di sotto e al di là delle contraddizioni attuali che ci oppongono e ci negano, ciascuno potenzialmente combacia con ogni altro, in una “geometria" reale-fantasiosa e intersoggettivamente libera, come un caleidoscopio mirabile cui si aggiungono, via via, nuove preziosissime pietre: i bambini e i nuovi venuti d'ogni sorta, i cadaveri, gli animali, le piante, le cose, i fiori, gli stronzi...» (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, pagina 112).«Ma la morale sessuale coercitiva reprime il piacere scatologico infantile e piega i bambini al modello prestabilito dalla società la cui struttura economica è sublimazione angosciata e coatta dell'Eros in generale e della coprofilia in particolare. L'educastrazione provoca in noi il disgusto per ciò che in tenera età suscitava grande piacere e interesse: il gusto del Lumpf si trasforma in complesso di Lumpf e la tendenza coprofila volge verso oggetti sostitutivi nella sfera del gioco e della sublimazione» (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, pagina 140). «D'altro canto, se la lotta per la liberazione dell'omosessualità si oppone decisamente alla Norma eterosessuale, uno dei suoi obiettivi è la realizzazione di nuovi rapporti gay tra donne e uomini, rapporti totalmente alternativi rispetto alla coppia tradizionale, rapporti atti, fra l'altro, a un nuovo modo di generare gaio e di vivere pederasticamente con i bambini». (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, pagina 2o1).Sul sito del circolo Maro Mieli si trova questo documento.Nella pagina Mario Mieli chi era costei, che è il biglietto da visita dell'associazione, è riportato il link a un articolo di Francesco Paolo Del Re, intitolato «Mario Mieli, dinamite frocia contro la Norma», in cui troviamo le seguenti parole: «Altra grande rottura di senso è il riconoscimento della sessualità indistinta, gioiosa e vitale del bambino. Il bambino è, secondo Mieli, l'espressione più pura della transessualità profonda cui ciascun individuo è votato. È l'essere sessuale più libero, fino a quando il suo desiderio non viene irreggimentato dalla Norma eterosessuale, che inibisce le potenzialità infinite dell'Eros. Discorso eversivo e scomodo oggi più che mai, in una società attanagliata dal tabù che investe senza appello il binomio sessualità-infanzia, ossessione quasi patologica che trasforma il timore della pedofilia in una vera e propria caccia alle streghe.Quello di Mieli è un monito a tenere bene a mente la vitale, originaria e prorompente sessualità infantile, in modo da non imbrigliarla nelle coercizioni della Norma, che genera inevitabilmente repressione, omofobia, violenza, discriminazione. Mieli non dà risposte, ma lascia aperti interrogativi di ordine etico sul ruolo castrante del sistema educativo (rappresentato dalla famiglia in primis) e sulle potenzialità ancora ignote di un Eros che, se lasciato libero di esprimersi, può fondare una società diversa da quella in cui viviamo. Sicuramente più libera. Mieli potrebbe dunque offrire proficui spunti di riflessione nell'ambito della riflessione sulla genitorialità gay e in generale sulle famiglie alternative a quella tradizionale, all'ordine del giorno oggi: se la famiglia eterosessuale e monosessuale è il sigillo che imprime con forza il marchio della Norma sulla pluralità dei desideri del bambino, allora una famiglia non eterosessuale, ancorché monosessuale, potrebbe educare un figlio senza castrarlo, ci chiediamo, inculcando in lui i valori di una sessualità più vicina al potenziale transessuale originario?Possono le nuove famiglie contribuire a rompere il circolo vizioso della normatività normalizzante e della normalità normativa? Alla Norma Mieli contrappone l'assunzione e la pratica di tutte le perversioni, che restituiscono agli individui la condizione originaria di transessualità, ovvero la libera e gioiosa espressione della pluralità delle tendenze dell'Eros. Le perversioni sono tappe inevitabili, lungo il cammino dell'Eros e dell'emancipazione per la rottura di ogni tabù. In quest'ottica va letta quella che forse è a tutt'oggi la più indigesta delle provocazioni di Mario Mieli: la trasformazione della rivendicazione del piacere anale in elogio della coprofagia, che è sia provocazione di ordine estetico, declinata in forma di performance teatrale, sia momento privato di esplorazione del desiderio».Nello stesso articolo allo stesso link si trova una descrizione della coprofagia di Mario Mieli.«Il Mieli “alchemico" dell'ultima parte della sua vita narra un'esperienza magico-erotica che lo vede protagonista insieme al suo fidanzato: la celebrazione di un rito di “nozze alchemiche", con la preparazione e l'assunzione di un pane “fatto in casa", un dolce nel cui impasto confluivano non solo merda, sangue e sperma, ma anche ogni altra secrezione corporale, dalle lacrime al cerume. Perché? “L'abbiamo mangiato", dice Mieli, “e da allora siamo uniti per la pelle. Pochi giorni dopo le “nozze", in una magica visione abbiamo scoperto l'unità della vita. Era come se non fossimo due esseri disgiunti, ma uno; avevamo raggiunto uno stato che definirei di comunione». Questa comunione vuole essere testimonianza e annuncio dell'avvento di un'armonia che, attraverso la liberazione dell'Eros, costituisce una nuova “età dell'oro"».Che i cittadini italiani leggano e decidano. E se dopo che hanno letto decidono che è giusto che il circolo Mario Mieli amministri denaro pubblico per svolgere funzioni pedagogiche e sanitarie, possono essere lieti: in Italia questo succede. Se decidono che è sbagliato, che la loro indignazione diventi azione.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





