2023-06-06
I Metropol su cui i pm non indagarono
Gianluca Savoini. In alto a destra Francesco Vannucci e, sotto, Gianluca Meranda (Ansa)
Prima e dopo il trappolone teso a Savoini, l’agente dell’«Espresso» Meranda e il suo compare avevano intavolato altre trattative per partite di petrolio. Tutte fallite. E nessuna degna di interesse per la Procura, che si accende solo quando si parla di Salvini.La Procura di Milano e la Guardia di finanza sembrano aver creduto per davvero che all’hotel Metropol gli emissari della Lega abbiano cercato di portare a casa decine di milioni di euro in un momento in cui altri uffici giudiziari le chiedevano di restituire 49 milioni di rimborsi elettorali. Ma non hanno approfondito molti altri negoziati che la presunta Banda del buco ha portato avanti quasi contemporaneamente. Ciò risulta evidente dall’annotazione del novembre del 2020 che le Fiamme gialle hanno inviato ai magistrati quando ormai Matteo Salvini era caduto in disgrazia ed era finito all’opposizione.Nelle quasi 500 pagine dell’informativa appuntano i viaggi e gli incontri di Gianluca Savoini, Francesco Vannucci e l’avvocato massone Gianluca Meranda. Incrociano spostamenti, telefonate e messaggi, arrivando alla conclusione che una trattativa con personaggi russi per la vendita di petrolio era stata imbastita. Ma nelle foto e nelle registrazioni agli atti non compaiono mai pezzi da novanta del governo russo o dintorni, come i più volte citati Konstantin Kosachev, Dmitry Kozak o Konstantin Malofeev. Gli unici personaggi che la strana coppia di consulenti Vannucci-Meranda incontra per davvero al Metropol sono un agente del Fsb (l’ex Kgb) Andrey Kharchenko, forse messo in pista per le chiacchiere su Salvini, e un altro personaggio a lui vicino, Ilia Yakunin. L’unica figura di spicco che il gruppo frequenta è l’ideologo (non esattamente un uomo di affari) Aleksandr Dugin che raggiunge il Gatto e la Volpe della nostra storia, Meranda e Vannucci, anche a Roma insieme con Yakunin. E nella Capitale scende pure, in un’altra occasione Kharchenko. Ma di altre presenze significative in Italia nell’informativa non c’è traccia.Salvini in tutta la vicenda è il convitato di pietra, ma gli investigatori non hanno trovato nemmeno un messaggio a lui riconducibile. Sanno che su un numero senza Whatsapp e Telegram, Savoini durante un viaggio a Mosca gli ha inviato dei messaggi poi cancellati. È questa la prova della complicità del leader della Lega dopo anni di indagini? Ci sembra pochino.La sera prima dell’incontro del Metropol, Meranda e Vannucci sono stati persino temuti a distanza dalla cena di gala a cui partecipò Salvini in visita ufficiale a Mosca. Finirono a parlare di massoneria in un ristorante italiano con un certo Vadim Sunne con il quale Meranda si era messo d’accordo via WhatsApp. «Da altre risultanze rinvenute in relazione a tele nominativo, è emerso che Meranda e Sunne condividono una comune estrazione massonica» si legge nell’informativa.Gli investigatori riferiscono che il 28 ottobre Meranda spedisce una mail a un «fratello» d’Oltralpe per informarlo dell’incontro avuto con Sunne «durante il quale hanno parlato della diffusione del rito massonico francese in Italia».I punti oscuriMa ci sono molti altre cose che non tornano. Per esempio non si capisce perché Meranda registrasse i suoi colloqui con Vannucci, ma anche con personaggi che nulla c’entrano con questa inchiesta, mentre non ha mai captato (tranne che al Metropol) la voce di Savoini o di Salvini. Forse perché non dicevano cose compromettenti? E così le frasi più scivolose agli atti sono sempre quelle del Gatto e della Volpe. I quali con i loro discorsi hanno convinto la Procura e le Fiamme gialle che al Metropol potesse essersi consumato qualche reato. Peccato che l’indagine sia stata innescata da un’inchiesta giornalistica costruita a tavolino da un cronista dell’Espresso, Giovanni Tizian insieme con Meranda, quando ancora la trattativa era in fase embrionale.Perché il faccendiere dovesse autoaccusarsi in presa diretta per il grave reato di corruzione internazionale, per far fare uno scoop al giornalista, ancorché suo «caro amico», resta un mistero gaudioso.Ma c’è un altro quesito che non trova risposta nel fascicolo su Metropol: perché la Lega, già inguaiata per l’inchiesta sui 49 milioni di euro avrebbe dovuto affidare i propri presunti fondi neri e le proprie terga a due perfetti sconosciuti, due personaggi da commedia dell’arte, un bancario in pensione, per di più di sinistra (Margherita-Pd), che viveva con la mamma in uno sperduto paesino toscano e un avvocato calabrese e massone sull’orlo del crac sconosciuto all’ambiente leghista? Sappiamo solo che Meranda, con l’ex ministro dell’Interno in piena ascesa politica, all’improvviso decide di ospitare nel suo studio uno dei tanti comitati per Salvini premier e di organizzare un convegno sull’immigrazione a Fregene a cui partecipano il deputato dem Khalid Chaouki, collaboratore della strana coppia, e il leghista Germano Dottori. Che, però, racconta a verbale, che per quell’iniziativa è stato redarguito dal suo partito.A rendere ancora più inverosimile la storia è che i due, da anni a caccia di affari di ogni tipo, dal settore delle costruzioni a quello petrolifero, un loro chiodo fisso, si siano offerti alla Lega senza essere cercati.Il presunto gancioE come lo avevano fatto? Attraverso Sergio Pirozzi, ex sindaco di Amatrice. «Pirozzi vuol dire Salvini, vuol dire Lega» declamava pomposamente in un audio Vannucci. Ma non era così, tanto meno in quel momento. È emblematico che per cercare il numero di telefono di Savoini, Pirozzi, all’epoca eletto nel Consiglio regionale del Lazio con un suo gruppo autonomo, non si sia rivolto a Salvini, ma alla sua ex fidanzata Elisa Isoardi.Anche perché nella primavera del 2018 il centro-destra aveva appena perso le elezioni regionali proprio per la candidatura autonoma dell’ex sindaco fatto per questo bersaglio degli attacchi delle altre opposizioni.L’unico ipotetico appuntamento tra Pirozzi (che aderirà alla Lega soltanto nel 2022), Vannucci e Meranda, registrato sull’agenda di quest’ultimo, è stato smentito ai magistrati dallo stesso Pirozzi: «Io non ho mai partecipato a incontri presso lo studio dell’avvocato Meranda, né ho mai avuto appuntamenti per riunioni o altro». Una versione confermata grazie al controllo delle celle telefoniche. Ma le millanterie riguardano anche il rapporto con Salvini. Il 14 aprile 2018, con un sms, Vannucci comunica a Meranda di essere con «Matteo», senza precisare altro.La risposta di stupore dell’avvocato è eloquente: «Oooh». Tanto che chiede: «A Roma?». E Vannucci replica: «No, vicino ...». Gli investigatori, però, riscontrano che, al momento dello scambio di messaggi, «l’utenza in uso a Vannucci aggancia celle telefoniche ubicate nel territorio del comune di Grosseto», a pochi chilometri dalla casa di Suvereto del pensionato.La spartizioneI due quando parlano tra di loro, sembrano già pronti a dividere il bottino. E la Finanza prende appunti senza evidenziare l’assurdità di quanto ascoltato negli audio: «Vannucci nomina alcuni dei soggetti potenzialmente beneficiari dei proventi e lo fa riportando in forma diretta il suo dialogo con Savoini: “Io dopo ti porto tutti i ragguagli di quello che viene a me, di quello che viene alla banca, di quello che piglia Emme, di quello che piglia Sergio, di quello che piglia Giuseppe, di quello che piglia l’Opus, di quello che pigliano tutti!”». Per le Fiamme gialle «la platea dei soggetti individuati quali asseriti destinatari della spartizione dei fondi riflette l’assortita schiera già emersa in precedenza, per come menzionata dallo stesso Vannucci: “Emme” sarebbe Salvini, “Sergio” sarebbe Pirozzi, “Giuseppe” sarebbe un certo Massimi (legato a una candidata consigliera della lista di Pirozzi, ndr), “Opus” sarebbe l’Opus dei». Essì, perché anche alcuni soggetti vicini alla prelatura avrebbero dato il loro piccolo contributo alla causa, figure minori, non certo clerici di primo piano, ma inserite tra i contatti della squadretta. Vannucci riferisce a Meranda che Savoini gli avrebbe detto di «voler conoscere l’Opus dei», perché «per noi è importantissimo», e che lui gli avrebbe risposto: «Quando ti pare vieni giù e io ti porto là dentro... comunque tieni presente che il tuo amico lo dico tra virgolette Giorgetti ha già allacciato i rapporti con Parolin (Pietro, segretario di Stato vaticano, ndr)».In bollettaLa sensazione è che Meranda e Vannucci, non riuscendo a chiudere alcun affare (tanto che l’avvocato moroso a un certo punto viene sbattuto fuori dallo studio e chiede un aiuto economico per sopravvivere a Chaouki) pensino di agganciare Savoini, sperando di sfruttare la sua rete di conoscenze.E l’ex portavoce di Salvini, forse solleticato dall’idea di facili guadagni potrebbe aver accettato di mettere a disposizione dei due i propri contatti russi.Contemporaneamente, però, la coppia continuava a giocare su più tavoli. Prima e dopo il Metropol. Portando avanti trattative in cui non era prevista nessuna percentuale per la Lega. E su cui inquirenti e giornalisti investigativi non sembrano essersi particolarmente concentrati.Allegate all’informativa ci sono le email che attestano come il finanziere Glauco Verdoia, trait d’union tra Meranda e Vannucci, avesse iniziato uno scambio epistolare con Eni già a fine 2016. Annotano i finanzieri: «Dallo scrutinio delle fonti di prova disponibili, è emerso che Meranda e Des Dorides (Alessandro, all’epoca vice presidente Trading oil & operations di Eni trading & Shipping, poi licenziato dalla compagnia, ndr) si sono conosciuti a inizio 2017 (gennaio) e i loro contatti sono proseguiti in misura sempre crescente nel tratto a venire, fino a stringere un legame confidenziale, anche definito d’amicizia». Per gli investigatori «l’avvicinamento a Des Dorides» sarebbe collegato al tentativo di accreditare la banca Euro-Ib nella lista delle controparti abilitate ad operare con Eni, manovre che avvengono mentre è in carica un governo di centrosinistra, con la Lega all’opposizione. Ma se l’accordo del Metropol tramonta perché le richieste dei politici sarebbe state troppo esose, parallelamente, tra giugno e novembre 2018, sarebbero state avviate «altre trattative aventi sempre a oggetto l’acquisto di prodotti petroliferi provenienti da una società di Stato russa (Gazprom prima e Rosneft poi) da parte della banca Euro-Ib, con l’intervento dello studio Sq law riferibile a Meranda». Curiosamente Gazprom e Rosneft sono le stesse aziende che non avrebbero accettato i termini dell’accordo del Metropol, «ritenendoli eccessivamente fuori mercato».Un altro giroInsomma i ganci di Savoini non dovevano essere così risolutivi, se Meranda e Vannucci, a un certo punto, scelgono di bussare alle stesse porte, ma da soli. E, guarda caso, in questa trattativa gemella non c’è traccia di registrazione delle riunioni da parte di Meranda.L’interlocutore istituzionale che avrebbe dovuto agevolare l’affare è Dmitry Gurin, primo consigliere dell’ambasciata russa a Roma sino all’agosto del 2019.Per avere informazioni su Gurin, Meranda si rivolge a Vladimir Krupnov, suo interlocutore abituale e diretto collaboratore di Gurin.Krupnov scrive che il diplomatico è un personaggio che «conta in ambasciata, ha influenza sull’ambasciatore» e aggiunge che «lo conosce bene il tuo amico della Lega». Riferendosi, secondo gli investigatori, proprio a Savoini. Come sempre, Meranda contatta Des Dorides, per cercare di piazzargli una fornitura da 85.000 tonnellate metriche al mese da Gazprom. Il manager pare interessato, ma la trattiva, che in corso d’opera vira ancora una volta su Rosneft, non andrà mai in porto.L’altra trattativaNel gennaio del 2019 decolla un’altra trattativa. Ancora una volta l’acquirente designato è la Ets, mentre la parte venditrice è l’ungherese West-east consulting. Sul tavolo una partita da 3 milioni di tonnellate (annue) di gasolio per autotrazione e una seconda commessa di carburante per usi aeronautici. Nel febbraio 2019, mentre il suo «caro amico» Tizian sta per far esplodere il caso Metropol, grazie alle foto e alle registrazioni che l’avvocato gli ha procurato, Meranda coinvolge nella compravendita quattro uomini d’affari italiani. Che incontra e registra nel suo studio. Evidenziano i finanzieri, che il legale «descrive, questa volta in italiano e senza troppi freni inibitori, la genesi e le finalità della trattativa oggetto d’indagine, che riconduce alla necessità del partito politico della Lega di ottenere in maniera occulta risorse finanziarie per sostenere le imminenti campagne elettorali per le elezioni regionali ed europee fissate a fine maggio dello stesso anno». L’incontro è incentrato, scrivono gli investigatori, «sulla ricerca di nuovi canali di approvvigionamento di prodotti petroliferi da acquistare e rivendere poi a Eni/Ets, ottimizzando in tal senso la corsia preferenziale a suo dire esistente in virtù delle relazioni privilegiate intrattenute con la dirigenza, nella persona di Des Dorides». Meranda «per accattivarsi l’attenzione e la credibilità dei convenuti, risultati sino ad allora a lui sconosciuti almeno lavorativamente parlando, […] descrive i retroscena delle operazioni di compravendita e, in particolare, la relativa filigrana politica italo-russa». Il legale infatti, dopo aver descritto il modello di business, spara davanti all’interlocutore appena conosciuto (e al registratore del suo iPhone) queste parole: «Perché le sto dicendo questo? Perché noi la Russia la frequentiamo pure un pochino e la frequentiamo con l’attuale, diciamo, vice premier [...] per cui quando andiamo lì, diciamo, i contatti sono più a livello politico...». Poi fa capire agli interlocutori (a cui dà del «lei») che i soldi sono destinati a un partito: «Dopo di che ci sono delle esigenze che devono essere trasformate in numeri [...] naturalmente perché l’esigenza politica». Arrivando a dichiarare a degli sconosciuti, a poche ore dall’uscita del Libro nero della Lega di Tizian, che «la gran parte del profit purtroppo non può andare nelle nostre tasche deve andare [ ... ] da quelli che hanno detto abbiamo bisogno...». Nello stesso periodo (gennaio-febbraio 2019) emergono «riferimenti a un embrionale business su prodotti energetici (definito "Lng project”) che interessa direttamente Savoini». Dopo l’uscita del volume, invece, «da marzo a luglio 2019, Meranda e Vannucci, nelle vesti di intermediari/consulenti, subentrano in tre negoziazioni petrolifere della medesima natura, stavolta suffragate da prove documentali.Solito copioneLa premiata ditta Meranda&Vannucci ci riporta alla mente le gesta di Igor Marini, il faccendiere che inquinò con le sue sparate l’inchiesta Telekom Serbia. Basta leggere gli sconclusionati discorsi di Vannucci registrati da Meranda per avere questa sensazione: «"Vedete... vedete.”.. gli ho detto […] esistono quelle che si chiamano black (inc.le) è inutile che io ti faccia venticinque scatoline, una a Emme (Salvini per gli investigatori, ndr), una a Gesù, una alla Madonna… ne faccio una, ma la faccio a nome mio... poi si fa un blind trust, si va da un notaio a Londra, gli si dà un tremila sterline l’anno... voi siete sempre salvaguardati perché se io sono un pazzo e dico "sono mie" ... esce fuori il notaio e dice... "te sei scemo, perché te sei solo un prestanome e basta, ecco qui, ho firmato io.”.. se invece viene fuori il casino.. voi siete tutti coperti... perché l’unico che lo va a pigliare veramente in culo è il Vannucci […] perché c’hanno quel problema dei quarantanove (milioni, ndr) […] per questo m’intesto tutto a me... mi so’ spiegato? Quindi, quello che rischia sono io...». Dunque alla Lega avrebbero pensato di affidare il proprio destino al primo venuto. «Eh, esatto... a noi ci serve una persona a questo modo... non ce l’abbiamo ...» gli avrebbero detto da via Bellerio. E sapete perché? Ecco la spiegazione di Vannucci: «Io che c’ho da perde’ nella vita... ma mi dici che cazzo c’ho? Nulla! Non c’ho più niente da perdere! Allora te lo faccio! Cosa vuol dire per loro fare questo, te lo spiego [ ...] non si fidano di nessuno [ ...] sai perché si fidano di me?[ ...] perché non ho velleità politiche [...] perché non vengo da loro [...] perché sono la persona più assolutamente insospettabile per la mia storia [...] e quindi per loro sono una sicurezza perché l’ultima cosa che vorrebbero è trovarsi davanti un traditore... io come posso essere considerato tale se sono agli antipodi di quello che hanno detto, fatto e scritto loro...». E per questo i vertici del Carroccio gli avrebbero detto: «”Tu fai anche la trattativa lassù, se ci sarà da farla, vieni su te e parli […] tu parli a nome della Lega […] Ci stiamo noi... la Lega [...]” m’ha detto... "France’, noi mettiamo il cappello politico su di te... ne rispondi te.”.. ne rispondo io». Se fosse vero ci sarebbe da internare l’intero stato maggiore del Carroccio. Ma di tutto questo non esiste la minima prova, se non questi audio registrati da Meranda con il suo compagno di avventure. Ma la cosa più divertente è che Vannucci giura che lui da questo affare non voleva guadagnare niente. Nel senso non voleva euro, dollari o rubli. Ma un’altra utilità: «A me lasciate lui... dice "lui chi?“.. Renzi! Lo lasciate a me... io voglio solo quello […] voglio lui! […] perché siccome questo mi ha rovinato la vita... questo voglio io, questo è il mio prezzo, “qualunque cosa succeda non ti mettere di traverso... perché ti faccio fuori” gli dissi e questo mi guardava come a di’ “che tu m’ha’ detto?”». Che cosa gli avrà fatto Renzi non lo sappiamo. Nel suo giro è noto che Vannucci detesti l’ex premier e nella sua casa i finanzieri hanno trovato un appunto, questo: «Giovedì 14 ore 15 sindaco Renzi». Un incontro che non deve essere andato benissimo.
Volodymyr Zelensky (Getty Images)