2021-09-21
Quando si tratta di testa non c’è gara. Leo fa i capricci, Ronaldo soltanto gol
Cristiano Ronaldo e Leo Messi (Getty Images)
Messi al Psg non ha ancora ingranato, dopo una sostituzione ha rifiutato la stretta di mano all'allenatore e sembra soffrire il distacco da Barcellona. Cr7 è implacabile: 4 reti in 3 partite con lo United. E la Juve piange. Per il suo nobile impianto gerarchico impossibile da sovvertire se non si possiede il talento necessario, il calcio ricorda la vita feudale dei cavalieri nel medioevo: in alto il re, più sotto i vassalli, poi i valvassori e giù, fino alla disgraziata condizione dei servi della gleba. Nel pallone non cambia molto. Più in alto di tutti sta il genio - di solito uno, massimo due calciatori per generazione -, poco sotto sta il fuoriclasse, poi il grande giocatore, e giù, fino ai gregari e ai mestieranti muscolari che tirano la cinghia con i piedi a ferro da stiro. Ora preme capire la differenza tra genio e fuoriclasse, flebile, però essenziale. Il fuoriclasse, dicono i commentatori esperti, è quel calciatore che in una partita ti sfodera due, tre giocate che nessun altro è in grado di replicare. Il genio - il Diego Armando Maradona di turno - fa la stessa cosa, ma le sue giocate non si riuscirebbero nemmeno a pensare. La diatriba è vecchia come il cucco, ma è tornata di moda nel definire il dualismo tra Leo Messi e Cristiano Ronaldo. Indecifrabile talento puro, istinto primordiale votato alla bellezza dell'atto calcistico il primo, atleta poderoso, costruito con razionale sistematicità e ambizione smisurata sublimata in gol a raffica, il secondo. Parteggiare per l'uno o per l'altro è spesso questione di simpatia, di cuore, di Robert De Niro o Al Pacino, Coppi o Bartali, Odisseo o Achille, quelle cose lì. Ma Leo Messi oggi deve stare attento: quest'inizio di stagione potrebbe mettere a repentaglio il primato dei Palloni d'oro sul rivale portoghese. Nell'ultima settimana d'agosto, si era pensato addirittura che potessero giocare insieme con la maglia del Psg. Poi il destino ha deciso diversamente, portando la Pulce alla dolorosa separazione dalla casa che gli ha garantito gloria eterna, quel Barcellona che senza di lui non se la passa granché bene, approdando a Parigi, mentre CR7 è tornato all'ovile del Manchester United, dove è esploso anni fa, lasciando nella Juventus un vuoto così grosso che i crateri lunari al confronto sembrano la buca scavata da una talpa in giardino. Solo che Ronaldo sta continuando a fare il Ronaldo. Catalizzatore irriverente, financo fastidioso tanto è superbo e precisino, e nel contempo macchina da gol implacabile: pur di segnare si segherebbe una gamba. Quattro gol in tre partite disputate con la maglia dei Red Devils, l'ultima delle quali ha permesso ai suoi di raddrizzare la sfida fuori casa contro il West Ham, vinta per 2-1. Significa primo posto in Premier League a fianco di Chelsea e Liverpool. C'è stata anche la parentesi infausta di Champions, dove la squadra allenata da Solskjaer ha perso inaspettatamente con gli svizzeri dello Young Boys, ma anche lì, l'unico gol degli inglesi è arrivato dal piede fatato del portoghese. L'esordio da titolare di Leo Messi alla corte del Psg è stato invece intriso di polemiche. Vittoria di misura e all'ultimo minuto per i parigini sul Lione dell'ex milanista Paquetà, rete di Mauro Icardi, con prestazione altalenante della Pulce, che ha colpito l'incrocio dei pali con una punizione, ma è parso parecchio irritato per la sostituzione al minuto 75. Messi ha fatto una smorfia e, a favor di telecamera, si è rifiutato di stringere la mano all'allenatore, peraltro suo connazionale. Pochettino commenta così l'episodio: «Sanno tutti che abbiamo grandi giocatori in squadra e una rosa molto ampia di 35 elementi, in ogni partita devo fare delle scelte che possono piacere o non piacere, essere positive oppure no. Leo? Gli ho chiesto come stava e lui mi ha risposto che stava bene». Siamo ancora agli inizi dell'avventura transalpina del campione, c'è tutto il tempo per sistemare la faccenda. Ma un campanello d'allarme suona: il tallone d'Achille del Fenomeno sudamericano, posto ne abbia uno, si dice sia la tenuta mentale. Al di fuori dell'oasi protetta di Barcellona, dove nello spogliatoio faceva il bello e cattivo tempo incutendo soggezione pure a qualche allenatore, gli è già capitato di tremare. Come quando decise di abbandonare la nazionale argentina nel 2016, una dichiarazione di resa dopo la batosta col Cile, salvo poi ripensarci e tornare a guidare i suoi connazionali alla conquista della Copa America. Sotto questo profilo CR7 si dimostra più solido, forse sprovvisto del guizzo geniale che fa di Messi il Mozart del pallone, ma impermeabile ai periodi di vuoto, e talmente focalizzato sull'infrangere i record da dimostrarsi fondamentale sia con le casacche dei club - dal Real fino alla Juve, dove è stato sempre decisivo, nonostante un ambiente a lui non congeniale - sia con quella della nazionale lusitana. Certo, pure Ronaldo è un narcisista col suo bel caratterino. Lo ha insinuato l'ex compagno di squadra Rio Ferdinand dopo il match con lo Young Boys, quando CR7 è stato sostituito: «Si è alzato dalla panchina e ha iniziato a dare indicazioni ai compagni di squadra, è stata spavalderia per compiacere i tifosi, fossi stato il suo allenatore gli avrei detto di smetterla e mettersi a sedere». Solskjaer, tecnico dello United, getta acqua sul fuoco: «Rio commenta cose che non sa. C'è stato un momento in cui l'arbitro avrebbe dovuto dare un cartellino giallo a Martins Pereira quando ha atterrato Nemanja Matic. Sia Bruno Fernandes sia Cristiano Ronaldo sono giunti all'improvviso alle mie spalle, urlando verso il direttore di gara. Poi si sono seduti. È stato un impulso del momento, Cristiano non voleva prendere il mio posto, non stava facendo l'allenatore». Croce e delizia dell'avere fenomeni di quel calibro in squadra. Gestirli non è semplice. Ma di sicuro questa sarà l'annata in cui la rivalità tra i due dominatori si alimenterà con suggestioni inedite. E se Ronaldo è approdato in una società dalla rosa collaudata, Messi dovrà provare a guidare una compagine di figurine allestita a suon di milioni, la cui effettiva forza, al di fuori del morbido campionato francese, è tutta da dimostrare. Magari proprio con una sfida di Champions tra Psg e United.