2025-07-20
Meno discrezionalità alle toghe e più tutele ai dipendenti: progressisti indignati
L’emendamento di Fdi al dl Crisi su crediti di lavoro e stipendi contrasta i contratti pirata. Eppure l’opposizione è sulle barricate.«È un emendamento di buonsenso ma noi dobbiamo votare contro a prescindere». Il clima nel Pd è bellicoso, il senatore in occhiali scuri ha messo il dito nella piaga. È possibile che martedì a palazzo Madama una delle ultime battaglie politiche prima della pausa agostana non sia sulla guerra in Ucraina, non sulla giustizia, non sui dazi di Donald Trump ma sul decreto Crisi Industriali, ex Ilva. Si parla di lavoro, tema sul quale sinistra e sindacati da qualche tempo - sostituita la fascinazione renziana del Jobs Act con la vena barricadera di Maurizio Landini - sfoderano riflessi condizionati da seconda rivoluzione industriale. In questo caso l’oggetto del contendere è l’emendamento presentato dal senatore Salvo Pogliese (Fdi) teso a proteggere le migliaia di lavoratori e imprenditori che utilizzano, per gestire i reciproci rapporti, contratti collettivi rappresentativi e con minimi salariali adeguati. Tutto ciò in osservanza dell’articolo 36 della Costituzione («Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa») e contro le pratiche illecite che vengono applicate per pagare i lavoratori in maniera irregolare, sulla base di contratti pirata e dumpisti. L’emendamento contiene tre passaggi fondamentali. Nel primo si disciplina la decorrenza, in costanza di rapporto, del termine di prescrizione di cinque anni per i crediti di lavoro, nelle imprese con più di 15 dipendenti che beneficiano di solide tutele contro il licenziamento. Nel secondo, a beneficio della certezza del diritto e della massima correttezza dei rapporti, viene introdotto un termine decadenziale di sei mesi per far valere in giudizio un credito. Nel terzo passaggio, l’emendamento stabilisce che il salario concordato tra le parti, se in applicazione di un contratto collettivo rappresentativo, si presume proporzionato e sufficiente ai sensi dell’art. 36 della Costituzione. In pratica, si mettono alla berlina i contratti collettivi non rappresentativi, quelli cosiddetti pirata e anticoncorrenziali.Tutto ciò arriva a disciplinare una materia terremotata prima dalla modifica dell’articolo 18 del governo di Mario Monti, poi dal Jobs Act di Matteo Renzi. Con il risultato che il diritto del lavoro oggi in Italia coincide sempre meno con il rispetto dei contratti e sempre più con le sentenze dei tribunali, da tempo territorio comanche nel quale l’interpretazione del principio costituzionale (di per sé indirizzo di buonsenso) somiglia a una immensa prateria. Così negli ultimi anni si sono moltiplicati i contenziosi tra aziende e lavoratori, con i tribunali debordanti di domande economiche spesso significative riguardanti l’intero periodo di lavoro (anche 20 anni) e con una semplice «messa in mora». Il sottosegretario Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro della Camera, ritiene il provvedimento decisivo per ridare al tema un indirizzo legislativo: «L’emendamento offre regole certe, chiare e trasparenti a vantaggio dell’intero sistema, fornendo un concreto supporto alla magistratura nella propria azione di contrasto a ogni situazione di illegalità. Nessuna limitazione penalizzante per quanto riguarda la disciplina dei crediti da lavoro: la legge mette ordine fissando punti chiari e allineando finalmente l’Italia alla stragrande maggioranza dei partner europei in materia».Un allineamento che alla minoranza e ai sindacati (Cgil e Uil) interessa zero, visto che toglie loro l’arma dell’incertezza del diritto e restringe la discrezionalità della magistratura nel rapporto fra imprenditori e dipendenti. Il muro ideologico è sempre lo stesso: l’attacco ai diritti dei lavoratori. Accusa il senatore del Pd, Andrea Martella: «La destra sta strumentalizzando anche il decreto ex Ilva per colpire i diritti. L’emendamento Pogliese attacca i giudici che hanno applicato, nelle loro sentenze, l’articolo 36 della Costituzione. Questa maggioranza vuole stabilire che il magistrato può muoversi solo se i salari sono gravemente inadeguati». Martedì in Senato si prevede battaglia perché Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi Sinistra hanno un atteggiamento frontale che impedisce ai riformisti del Nazareno di sfilarsi dal dogma; l’opposizione ha chiesto che l’emendamento venga ritirato.Il muro contro muro risulta stupefacente allo sguardo di esperti come l’avvocato giuslavorista Alessandro Paone, che sottolinea la necessità di andare oltre lo status quo per il bene delle imprese e degli stessi lavoratori. «Stupiscono le prime reazioni di alcuni esponenti politici e sindacali: paiono essere vittime della perenne suggestione, molto populista, che la reintegrazione sia la forma di tutela perfetta senza minimamente considerare che sono 13 anni che il legislatore la pensa diversamente. E sono pure reazioni tecnicamente sbagliate, tanto è vero che le tesi sollevate non godono di alcun sostegno normativo».
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
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La Fondazione per la scuola italiana, ente non profit finanziato da privati, ha lanciato un bando da 600mila euro per sostenere le venti filiere più significative del modello di formazione tecnico-professionale 4+2. L’iniziativa è realizzata con il supporto scientifico dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire).
Con l’ultimo Decreto legge Scuola, il percorso 4+2 — che consente di conseguire il diploma in quattro anni e proseguire con due anni di specializzazione presso gli ITS Academy — è entrato a regime, affiancando i tradizionali percorsi quinquennali. Il bando è rivolto agli istituti capofila che abbiano sottoscritto un accordo di rete con gli altri soggetti della filiera. Le candidature devono essere presentate entro il 24 ottobre e saranno valutate da una commissione di esperti nominata dalla Fondazione.
La graduatoria terrà conto di diversi criteri, tra cui il numero di ore di laboratorio nelle discipline STEM e nelle imprese, la progettazione di unità didattiche interdisciplinari, la formazione specifica dei docenti, il sistema di monitoraggio, i progetti di economia circolare e quelli di internazionalizzazione. Le venti filiere vincitrici, selezionate nel limite di cinque per indirizzo e tre per regione, potranno investire i fondi per rafforzare la didattica innovativa, avviare programmi di scambio con l’estero e potenziare l’orientamento dei diplomati.
«L’obiettivo non è solo premiare i progetti più efficaci, ma diffondere buone pratiche replicabili a livello nazionale», ha spiegato il presidente della Fondazione, Stefano Simontacchi, sottolineando anche l’attenzione alle aree svantaggiate nella ripartizione dei fondi.
Secondo Francesco Manfredi, presidente di Indire, il consolidamento del modello 4+2 passa da «un accompagnamento scientifico qualificato, monitoraggi costanti e un lavoro metodologico condiviso». L’obiettivo è costruire percorsi formativi capaci di rispondere meglio alle esigenze culturali e professionali delle nuove generazioni.
Il bando si inserisce nell’accordo tra la Fondazione e Indire per l’attuazione del Piano nazionale di accompagnamento alla sperimentazione della filiera tecnologico-professionale. Parallelamente, la Fondazione porta avanti il programma EduCare per sostenere singole scuole con progetti su laboratori didattici, efficientamento energetico e sicurezza infrastrutturale.
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Beppe Sala (Imagoeconomica)