2025-10-02
I musulmani ce le cantano in classe. Non vogliono più le lezioni di musica
Lezione di musica (iStock)
Nelle scuole pubbliche di Amburgo, gli studenti di fede islamica boicottano l’insegnamento delle sette note perché «induce al peccato». Un tipico esempio di intolleranza religiosa che rischia di arrivare anche in Italia.Islamici in pressing in una scuola di Amburgo per abolire l'insegnamento della musica. Non hanno preso in considerazione neanche l'ipotesi di rendere l'insegnamento facoltativo, come quello della religione in Italia. No, non se ne parla. Punto e basta. Ora, è noto che il rapporto fra islam e musica è sempre stato molto combattuto, vi sono alcuni teologi islamici che sostengono il fatto che la musica possa costituire una distrazione dalle cose religiose. La musica può indurre in tentazione o al peccato soprattutto se accompagnata da strumenti musicali e da testi immorali. Nello stesso islam, viceversa, anche il Corano, talvolta, viene recitato con una sorta di «cantilena» che ricorda vagamente la recita di alcuni salmi nelle chiese cristiane di Oriente e di Occidente. I sufi intonano delle melodie e c’è poi il canto rituale, detto Adhan, che richiama alla preghiera. Comunque, la sostanza è che è un rapporto molto controverso e che l’islam la musica l’ha sempre digerita poco.Che strana concezione, pensare che la musica possa distrarre l’animo dalle cose spirituali quando la tradizione occidentale della storia della musica è largamente influenzata dalla musica sacra (basti pensare al canto gregoriano che riunì tutte le forme precedenti di canti sacri in ambito cattolico) e dalla tradizione monastica che trascrisse questa musica facendone un patrimonio dell’Occidente. Semmai, in Occidente si è parlato degli aspetti mistici della musica stessa e delle sue varie forme, come veicolo spirituale-artistico che può condurre naturalmente alle realtà spirituali stesse. È proprio un altro mondo. L’Occidente considera l’arte come veicolo verso il sacro e non solo l’arte sacra, ma l’arte in generale, come espressione dell’elemento spirituale dell’uomo, così come la poesia, così come la natura, così come la letteratura, così come le arti in generale.Di fronte a questa situazione non è assolutamente ammissibile che il dettato di una religione, qualsiasi essa sia, voglia imporsi in una istituzione pubblica come valido per tutti. Siamo alle solite: questi islamici non vogliono accettare lo stato laico che è talmente laico da consentire, a chi non lo vuole, di non seguire l’ora di religione. Ora siamo arrivati anche alla musica ed è una roba da pazzi. Se c’è un problema delle nuove generazioni non è quello di non far loro ascoltare la musica, e quella classica in particolare che è come studiare la storia dell’arte, perché esse possano indurre nella tentazione e nel peccato. Ma siamo diventati tutti matti? Ma cosa gli circola nel cervello se non che quel che pensano loro deve diventare ciò che pensano tutti? Dicevamo delle giovani generazioni: il problema non è che studiano musica a scuola, ma il problema è, semmai, che ne studiano troppo poca perché conoscere Fryderyk Chopin o Johann Sebastian Bach è importante come conoscere il Tintoretto o il Caravaggio, Giacomo Leopardi o William Shakespeare. È il nostro patrimonio ed è il più grande patrimonio che abbiamo: la splendida, ricca, intensa, forte e multiforme cultura occidentale.Quanto dobbiamo aspettare perché questo succeda anche da noi? Non sarebbe il caso che l’Europa dicesse qualcosa su quello che sta succedendo nelle scuole pubbliche di Amburgo? Sottolineo «pubbliche», non confessionali. Come ci ha ricordato anche su X il collega di Mediaset Leonardo Panetta, in quelle scuole «È sempre più difficile tenere le ore di lezione di musica, previste dal programma, perché gli studenti musulmani, spinti dai genitori, lo considerano haram (illecito). Aggressioni a chi partecipa, interruzioni, un vero e proprio fenomeno di bullismo religioso».Questo succede ad Amburgo, roccaforte della sinistra che si è sempre riconosciuta nei valori dell’inclusione della tolleranza ma che ora deve fronteggiare, e con urgenza, la pericolosa crescita dell’integralismo islamico. Proprio ad Amburgo, ci dice ancora Panetta, si è svolta «la manifestazione del movimento Muslim Interaktiv che inneggia al califfato in Germania».Avete capito bene di che si tratta. Di un tentativo di piegare l’ordinamento della scuola pubblica di questa città-stato tedesca ai dettami della religione islamica e viene fatto in modo illegale, violento, violando i diritti degli alunni tedeschi che hanno il dovere di assistere a queste lezioni.Sarebbe da stolti derubricare questi fatti a questioni geograficamente ristrette e anche numericamente irrilevanti se si pensa all’Europa nel suo complesso. Ma questo punto di vista sarebbe totalmente sbagliato perché ciò che conta, in questo caso, non è né l’estensione geografica del fenomeno né il numero dei cittadini coinvolti, ma il fatto in sé: compiere azioni illegali contro il rispetto delle regole di un’istituzione pubblica della Repubblica di Germania.C’è poco da stare allegri quando, in un tempo come il nostro già così tormentato da guerre e da scontri derivanti anche dalla religione, si aggiungono fenomeni di intolleranza e di illegalità come questo di Amburgo. Come potremmo definirlo questo fenomeno se non come un «soffiare sul fuoco»? Per questo deve preoccupare, perché questi focolai di follia antidemocratica possono espandersi più velocemente delle cose ragionevoli. L’Europa non può consentire che al suo interno avvengano fenomeni di questo tipo. Ha il dovere di difendere la sua storia culturale, compresa quella parte importantissima - e che ha visto in Germania lo scaturire del genio musicale - che è la storia della musica.Chi considera questo cosa da poco è un ignorante e, inquanto ignorante, sarebbe ben difficile intavolare una discussione su ciò che lui non sa.
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