2025-11-21
Caso Garofani, i dem ormai ammettono l’intrigo: «Ma dovremmo sentirci offesi noi»
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.Poi ci sono invece alcuni articoli di giornalisti non esattamente di area centrodestra che mettono in luce un altro aspetto della questione: alla fine, le parole di Garofani sono una condanna politica senza appello nei confronti dell’attuale centrosinistra e soprattutto del Pd targato Elly Schlein. «Un anno e mezzo di tempo», ha detto Garofani in quella che ha definito una chiacchierata tra gli amici, ma che era in realtà un pranzo con una ventina di commensali, «forse non basta per trovare qualcuno che batta il centrodestra. Speriamo che cambi qualcosa prima delle prossime elezioni», ha aggiunto tra l’altro Garofani, «io credo nella provvidenza». Considerato che sarà difficile candidare la provvidenza alle elezioni del 2027, quella di Garofani è una bocciatura senza appello delle attuali leadership del campo largo, che a chi scrive ha fatto tornare in mente un episodio clamoroso.Febbraio 2002, a Piazza Navona (a poche decine di metri dal ristorante dove ha esternato Garofani), Nanni Moretti sale sul palco di una manifestazione della sinistra e, indicando i presenti Francesco Rutelli, Piero Fassino e Massimo D’Alema, urla: «Con questi qui, con questi dirigenti, non vinceremo mai!». L’altra faccia del complotto è quindi l’autocomplotto, come scrive, ad esempio, Daniela Preziosi su Domani, in un articolo intitolato: «Con Schlein si perde: il vero “complotto” è contro la segretaria». «Le parole dal Colle sfuggite», scrive Daniela Preziosi, «anche a titolo personale, raccontano un’altra storia, anzi due. La prima: è che da quando c’è Schlein al comando il Pd non è più il partito del Quirinale. La seconda storia che racconta il pasticciaccio brutto di martedì», aggiunge la Preziosi, «è che la sfiducia che il consigliere quirinalizio ha espresso su Schlein, certo in una conversazione personale e privata che però è diventata pubblica, era l’esemplare che le mancava nella variegata collezione di critiche acide e garbati consigli degli ultimi mesi sul fatto che ad oggi il progetto progressista è vago e poco credibile: le critiche di Romano Prodi e di Paolo Gentiloni, i consigli benevoli ma non meno preoccupati di amici e sostenitori come Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema, Goffredo Bettini e Dario Franceschini, per parlare solo dei big». Anche Adriano Biondi, notista politico di Fanpage.it, scrive un articolo nel quale, seppure non risparmiando critiche al nostro giornale, prende molto sul serio quanto detto da Garofani: «Le sue parole, ancorché raccolte in un momento privato», riflette Biondi, «non sono di poco conto e vanno inserite appunto in una riflessione più ampia sull’evoluzione del quadro politico italiano e su come partiti e movimenti si stiano riorganizzando per la partita più importante. Detto in altri termini, se è vero che l’unica lente per valutare le scelte e i comportamenti dei leader politici italiani (in tema di candidature, alleanze, attività parlamentare o di governo) è quella che porta inciso l’appuntamento delle politiche del 2027, ciò vale anche per il Colle».Pure Chiara Gribaudo, deputata dem molto vicina alla Schlein, parlando a La 7 con il nostro condirettore Massimo De’ Manzoni, ammette: «Volevo tranquillizzare il condirettore della Verità: forse dovremmo essere più offesi noi del Pd, lo dico con una battuta».
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
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