La Meloni sferza Bruxelles: «Cogliamo quest’occasione per cambiare il Green deal»

Tenere i nervi saldi, esplorare le possibilità di un negoziato con gli Usa, sottoporre all’Europa proposte concrete per fronteggiare l’offensiva commerciale targata Donald Trump. Giorgia Meloni, da Ortona, in Abruzzo, invita i partners europei a prendere in seria considerazione l’ipotesi di sospendere quei vincoli con relative sanzioni imposte dal Green deal per dare al settore automobilistico europeo, uno dei più colpiti dai dazi trumpiani, l’ossigeno necessario per superare la fase critica: «Continuo a credere che, in questo momento», dice il presidente del Consiglio, «possiamo fare alcune cose a livello europeo che sono molto importanti, perché se abbiamo una difficoltà quella difficoltà deve portarci a lavorare sulla competitività del nostro sistema produttivo, della nostra industria, delle nostre aziende. Penso ad esempio al Green deal in tema di automotive: sappiamo che è un settore colpito dai dazi in maniera importante. Quindi forse dovremo ragionare sul sospendere le norme sul Green deal relative al settore dell’automotive». La proposta della Meloni viene accolta con favore dall’associazione tedesca dell’industria automobilistica, sostanzialmente il pilastro dell’industria europea: «Una questione molto importante per il nostro settore», dice a La Presse una portavoce dell’associazione, commentando l’idea della Meloni, «è la regolamentazione dell’obiettivo di CO2 delle flotte nell’ambito del Green deal. A nostro avviso, l’aspetto più importante in questo caso è quello di alleggerire i produttori dal rischio di multe, anche per non limitare ulteriormente le loro possibilità di investimento». La Meloni snocciola poi una serie di dossier che l’Europa dovrebbe affrontare tempestivamente: «C’è un tema aperto», ricorda la Meloni, «rispetto al Patto di stabilità. C’è una norma che si chiama clausola generale di salvaguardia, che prevede delle deroghe al Patto di stabilità. C’è una materia energetica che è fondamentale. La riforma del mercato elettrico», sottolinea il premier, «per esempio è una cosa importante ma bisogna accelerare, sull’energia forse bisogna essere un pò più decisi e coraggiosi».
Il premier reagisce con fastidio a chi osserva che il governo sembri sfilarsi dalle iniziative europee: «Ma quali iniziative? Quale sfilarsi?», risponde la Meloni, che invita tutti a non lasciarsi prendere dall’isterismo: «Sono ovviamente preoccupata», sottolinea la Meloni, «è un problema che va risolto. Non ne farei la catastrofe che sto ascoltando in questi giorni che mi preoccupa, per paradosso, più del fatto in sé. Parliamo di un mercato importante, quello Usa, che vale circa il 10% della nostra esportazione. Non smetteremo di esportare negli Usa, quindi è sicuramente un problema che dobbiamo risolvere ma attenzione all’allarmismo che sto vedendo in queste ore». Nel pomeriggio, a quanto si apprende, la Meloni approfondisce questo punto prendendo la parola in Consiglio dei Ministri: «È ancora presto», sottolinea in Cdm, «per quantificarne l’effetto e per capire quanto i nostri prodotti saranno effettivamente penalizzati. Su questo è necessario considerare che un dazio alla frontiera del 20% difficilmente si traduce in un pari incremento di prezzo per i consumatori americani, poiché il valore finale è dato anche da una serie di intermediazioni tra l’importatore e il consumatore finale. Si pensi, ad esempio, all’importazione negli Stati Uniti di una bottiglia di vino che, da un passaggio all’altro, subisce un ricarico spesso superiore al 200%, perciò i dazi all’importazione con ogni probabilità saranno in parte assorbiti. Ragionamenti analoghi, ovviamente, possono essere fatti per altre tipologie di prodotti».
La parola d’ordine è «trattare». «Se spero ancora in un dialogo con gli Usa sui dazi? Una trattativa va aperta a livello europeo con gli Stati Uniti per cercare soluzioni», osserva la Meloni, «per rimuovere tutti i dazi e non per moltiplicarli. Sono trattative che si fanno in due, io credo che sia quello che va fatto per l’interesse nostro, l’interesse della nostra economia, per l’interesse europeo, per l’interesse occidentale. Quindi perseguo quello che ritengo sia più giusto. Non penso che in una fase come questa sia più utile divaricare ulteriormente. Credo che una cosa utile da fare sia continuare a cercare delle soluzioni comuni», conclude, «perché alla fine, altrimenti, ci indeboliamo tutti. Poi, ripeto, sono valutazioni che si devono fare con altri interlocutori e vedremo anche qual è la posizione degli interlocutori».
La trattativa Europa-Usa riguarda, è bene sottolinearlo, i dazi che eventualmente Bruxelles dovesse decidere di introdurre in risposta a quelli americani: questi dovrebbero essere applicati da tutti gli Stati membri. Non è così per quel che riguarda i dazi imposti dagli States, che possono decidere tranquillamente quali prodotti esentare, su quali merci alleggerire l’imposta al 20%, e anche con quali paesi eventualmente trovare intese più vantaggiose. La visita a Roma del 18 aprile del vicepresidente Usa Jd Vance, che incontrerà la Meloni, sarà a tutti gli effetti un bilaterale anche sui dazi. Tra l’altro, nessuno può escludere che prima di quella data Giorgia Meloni voli a Washington per incontrare Trump.





