2025-08-07
Meloni certa: «Qui c’è sotto un disegno»
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
Il premier al «Tg5 » sul caso Almasri: «Non governo a mia insaputa. Stiamo cambiando la giustizia, mi aspettavo conseguenze». Sulle Regionali rassicura: «Siamo uniti, troveremo una quadra». Giuseppe Conte, attaccato, risponde così: «L’esecutivo è sotto ricatto?».Quando si dice metterci la faccia. Giorgia Meloni ha addirittura protestato per essere stata «archiviata» nel procedimento avviato dal tribunale dei ministri sul caso Almasri e ieri ha rincarato la dose. Intervistata dal Tg5 è passata dall’offensiva delle toghe sui migranti ai temi economici come la Zes allargata a Marche e Umbria e al decreto per Roma capitale, fino a definire compatta e coesa l’alleanza di centrodestra in vista delle prossime Regionali. Sul tema del rapporto difficile con i magistrati non ha avuto mezze misure: «Vedo un disegno politico intorno ad alcune decisioni della magistratura, in particolare quelle che riguardano i temi dell’immigrazione, come se si volesse frenare la nostra opera di contrasto alla immigrazione illegale. Nonostante ciò i flussi sono diminuiti del 60% e lavoriamo per fare ancora meglio». Il premier ha poi affrontato l’argomento clou: il caso Almasri. Senza citarli ha dato un uno-due al presidente dell’Anm, Cesare Parodi, che ieri ha corretto il tiro dopo la durissima reazione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che lo accusava di una invasione di campo e a Elly Schlein; la segretaria del Pd non ha saputo fare di meglio che ripetere ciò che aveva detto il 29 gennaio: la Meloni venga a riferire in Parlamento. Lei voleva fare di più; andare a giudizio davanti al tribunale dei ministri «accontentando» cosi anche l’avvocato Angela Maria Bitonti che difende una donna ivoriana vittima delle torture del generale libico che vuole processare il premier, così come Lam Magok Biel Ruei, il migrante che ha denunciato il governo per favoreggiamento ad Almasri. Giorgia Meloni è ultimativa: «Considero surreale la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Nordio, Piantedosi e del sottosegretario Mantovano che hanno agito nel rispetto della legge per tutelare la sicurezza degli italiani. Considero ancora più surreale il fatto che per me invece si chieda l’archiviazione. I miei ministri non governano a mia insaputa, io non sono Alice nel paese delle meraviglie, sono il capo del governo e non sono neanche un Conte qualsiasi che faceva finta di non sapere che cosa facesse il suo ministro degli Interni». A questo punto Giorgia Meloni dà l’affondo: «A me non sfugge che la riforma della giustizia procede a passo spedito e ho messo in conto eventuali conseguenze». È la conferma di quel «non siamo ricattabili» pronunciato da Carlo Nordio, ma anche di quella mail in cui il sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello affermava: «Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi perché non ha inchieste. Dobbiamo porre rimedio». L’occasione poteva essere il caso Almasri? Il governo ha scelto la linea difensiva. In una memoria inviata al Tribunale dei ministri il 30 luglio ha scritto di aver agito «in sussistenza dello stato di necessità, come enunciato dall’articolo 25 del Responsability of State for Internationally Wrongful Acts 2001 della International Law Commission dell’Onu che legittima sul piano del diritto interno le condotte di tutti i rappresentanti del governo italiano coinvolti nel presente procedimento». A stretto giro arriva anche la replica del capo pentastellato che come un disco rotto ripete: «Sulla vicenda Almasri il governo ha mentito anche al Parlamento, vorremmo sapere - dice sui social Giuseppe Conte, che però ben si guarda da raccontare perché da presidente del Consiglio ha lasciato che processassero Matteo Salvini senza condividere le responsabilità - perché hanno concesso il salvacondotto e il volo di Stato. Perché tutto questo? Giorgia Meloni è sotto ricatto? L’intero governo è sotto ricatto? Lo vorremmo sapere». Ma la Meloni pensa ad altro e tiene la barra dritta anche dell’alleanza di centrodestra. Nell’intervista ribadisce, in vista delle Regionali: «Non c’è nessun dubbio sul fatto che troveremo l’accordo. La differenza tra noi del centrodestra e altri è che noi stiamo insieme per scelta non per necessità. Stiamo insieme perché condividiamo una visione del mondo: abbiamo sempre trovato una soluzione e la troveremo anche stavolta». Questa visione del mondo è quella che due giorni fa ad Ancona si è esplicitata con l’ingresso di Umbria e Marche, due regioni in transizione, nella Zes la zona economica speciale. Anche qui Meloni ne ha per l’opposizione: «I risultati della Zes sono importanti: cito i dati di Ambrosetti che fa riferimento a un volume d’affari complessivo generato dalla Zes nel Sud per circa 27 miliardi e decine di migliaia di posti di lavoro. È una grande opportunità per una regione manifatturiera come le Marche e per l’Umbria. Mi dispiace che anche su questo l’opposizione riesca a fare polemica perché invece sono opportunità che mettiamo a disposizione di tutti». Da romana, nella sua intervista a Mediaset rivendica anche di aver fatto la legge speciale per la Capitale. Sottolinea: «Per decenni si è discusso della necessitò di dotare Roma di uno status speciale e anche di una capacità legislativa, ma non è stato mai fatto. Sono fiera che lo abbiamo fatto noi finalmente».