2024-03-19
Mattarella lo ammette: pandemia usata per attribuire più potere all’Ue
Il Colle plaude alla risposta di Bruxelles al virus, «accelerata» dall’emergenza. E «Repubblica» ribadisce: le crisi sono un’occasione per trasferire sovranità all’Europa. Calpestando trasparenza e democrazia.Alla fine di giugno del 2020, trovandosi a Bergamo per ricordare le vittime della prima ondata di Covid, Sergio Mattarella pronunciò parole impegnative. «Ricordare significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere», disse di fronte ai commossi famigliari dei deceduti. Poco meno di quattro anni dopo, quella promessa di chiarezza non è stata esattamente mantenuta. Su ciò che non ha funzionato non si è riflettuto mai, e il Quirinale ha avuto da ridire persino sull’istituzione della Commissione di inchiesta sulla gestione della pandemia, chiedendo (e ottenendo) di limitarne il campo di indagine. Ieri, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus, il presidente è tornato sull’argomento, ma con toni molto diversi. «La Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus richiama l’attenzione della nostra comunità sulla terribile prova affrontata in occasione della pandemia e costituisce occasione di vicinanza ai familiari dei tanti deceduti a causa della pervasiva diffusione del Covid 19», ha detto Mattarella. «La memoria collettiva ne è uscita segnata ed è giusto, tuttavia, ricordare come lo sforzo sinergico e solidale delle istituzioni a ogni livello, del personale sanitario, dei volontari e società civile, abbia consentito di arginare un nemico intangibile all’insegna di una rinascita globale. In questa Giornata la Repubblica commemora le vittime dell’epidemia e rinnova sentimenti di profondo cordoglio a tutti i familiari». Già l’utilizzo della formula «rinascita globale», che rimanda alla «nuova normalità» che fin troppi hanno evocato basterebbe a farsi venire qualche dubbio. Ma la parte più pregnante del discorso presidenziale è stata di sicuro quella riguardante l’Europa. «Pagina dolorosa della storia recente del nostro Paese e del mondo intero, la crisi è suonata terribile esperienza delle sfide di fronte alle quali può trovarsi l’umanità e di come solo una risposta coordinata a livello globale sia stata in grado di farvi fronte, con l’accelerazione nella messa in opera delle più recenti scoperte della ricerca in cui protagonista è stata l’Unione europea». Ecco, questa idea di accelerazione è vagamente inquietante. Suggerisce che la pandemia sia stata una sorta di catalizzatore, il combustibile che ha permesso al motore europeo di cambiare marcia. Nemmeno troppo curiosamente è lo stesso concetto veicolato da Ezio Mauro su Repubblica in una lunga recensione del saggio Nazione Europa di Claudio Tito. Mauro vuole spiegare «come in realtà in questi anni sotto i nostri occhi ipnotizzati dall’emergenza l’Europa abbia addirittura rovesciato alcuni dei suoi dogmi, accettando un debito comune con il Recovery Fund, una gestione congiunta della sanità con gli acquisti comuni dei vaccini, un criterio sovranazionale nell’organizzazione della difesa del continente con gli aiuti militari condivisi all’Ucraina». Ovviamente, il caro Ezio sorvola sul fatto che la maggioranza degli europei e degli italiani in particolare non si è mostrata più di tanto favorevole all’invio di armi. E trascura di ricordare che l’acquisto di vaccini è avvenuto in totale assenza di trasparenza, a beneficio di case farmaceutiche a cui le popolazioni sono state obbligate a versare miliardi. Ma c’è di meglio. Mauro spiega che quelle sui vaccini e sulle armi «sono decisioni prese per obbligo più che per scelta: ma che comunque hanno già realizzato un trasferimento di potere e di sovranità verso le istituzioni europee condivise, confermando la parabola di Jean Monnet, secondo cui sono le crisi la vera occasione per far crescere l’Europa. Anzi, potremmo aggiungere oggi, l’Europa riesce a piegare le crisi a strumento di innovazione costituzionale». Rieccola qui, la teoria dell’accelerazione richiamata da Mattarella: la crisi come veicolo per il cambiamento. Attraverso guerre e drammi sociali si riescono a imporre modifiche allo stile di vita, al comportamento, alla convivenza. La crisi permette di superare ostacoli odiosi come il voto, consente di scavalcare i popoli perché laddove non c’è consenso si può sempre procedere per imposizioni giustificate dal momento difficile. Scrive infatti Mauro che «chi nei prossimi anni cercherà la data di nascita della Nazione Europa, come la chiama Claudio Tito, dovrà risalire alla stagione del Covid». Il lockdown diviene, in questo quadro, «il detonatore di una nuova fase». Il resto segue a ruota: «L’economia contagia la sanità. Ad aprile quattro Paesi (Italia, Germania, Francia e Olanda) scrivono alla Commissione una lettera in cui rinunciano per la prima volta alla sovranità sanitaria, delegando al governo europeo la gestione integrale degli acquisti dei vaccini anti-Covid. Una soluzione che assicura il rimedio, riduce i costi, abbatte nella corsa al vaccino il differenziale tra Paesi ricchi e poveri. In nessun trattato la competenza sanitaria è affidata alla Commissione: il virus riscrive gli statuti, l’emergenza fa la rivoluzione. Ma il cambiamento riguarda non solo le misure, bensì la filosofia politica stessa dell’Europa». Non potrebbe essere più chiaro: l’emergenza fa la rivoluzione. Una rivoluzione che, come quasi sempre accade, si dipana per volontà di una élite a dispetto delle maggioranze, che utilizza metodi violenti per stabilire nuove regole, che non ammette critiche e revisioni (come testimoniano le promesse tradite di Mattarella alle vittime di Bergamo). Dall’emergenza, è vero, nasce la nazione europea. Una nazione senza popolo. O, peggio, contro i popoli.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)