2025-03-09
        Il Quirinale picchia dal Giappone. Altri attacchi all’imperialismo russo
    
 
Il presidente Mattarella, in visita a Hiroshima, ammonisce sui pericoli della guerra e punta il dito contro Putin: «Mosca è promotrice di una rinnovata narrativa nucleare». Silenzio sulle mosse belliciste dell’Eliseo.«Anche in Italia si prese coscienza, per usare le parole di Elsa Morante, contro “l’occulta tentazione di disintegrarsi” con le bombe “orchesse balene”. Grazie, cari hibakusha (sopravvissuti alle atomiche su Hiroshima e Nagasaki), per aver sottolineato che l’orrore da voi vissuto deve rimanere unico, tragico, spartiacque nella storia». Come si fa a dirlo meglio? Chi non prova orrore di fronte all’uso degli ordigni atomici? Siamo fortunati -ce lo ripete Emmanuel Macron: ammira il coraggio del nostro presidente che escluse Paolo Savona dalla lista dei ministri perché poco amico dell’Europa che lui vuol difendere con le sue bombe atomiche - ad avere Sergio Mattarella che ieri, quasi al termine della sua visita in Giappone, ha reso omaggio a Hiroshima alle vittime degli ordigni nucleari americani. Davanti ai pigiamini dei bimbi colti nel sogno dal bagliore della morte, Matterella si è commosso. Interpreta con così totale adesione i nostri comuni sentimenti che gli abbiamo chiesto il bis. Con ritrosia, mentre aveva già quasi ultimato il trasloco dal Quirinale, accettò nell’ignavia della Costituzione che nulla dispone sulla rielezione di un presidente della Repubblica che così durerà in carica 14 anni. Roba da re. Con la consueta saggezza Sergio Mattarella ha voluto ammonire sul presente cogliendo l’esempio del passato. L’Europa è costretta a riarmarsi perché gli eredi di chi sganciò «little boy» hanno eletto Donald Trump, con a fianco Elon Musk, uno che gioca con i missili extraterrestri, che vuol far finire a modo suo la guerra in Ucraina. Va bene? Il nostro presidente non ne fa parola però vigila e indica i nemici. Sergio Mattarella si domanda: ma davvero abbiamo imparato qualcosa dall’orrore che devastò il Giappone? La risposta è complessa e parziale. Dice il presidente della Repubblica: «Minacce di ricorso agli ordigni nucleari sono pronunciate con sconsideratezza inquietante. Si vagheggia persino di “armare” lo spazio extra atmosferico, sottraendolo a una cooperazione pacifica. Il tabù nucleare - pilastro nei rapporti internazionali per decenni -viene eroso, pubblicizzando l’esistenza di armamenti atomici di cui si sottolinea la portata cosiddetta “limitata” e, dunque, implicitamente suggerendo la loro accettabilità nell’ambito di guerre che si pretenderebbero locali». Scandisce Mattarella, ecco il nemico: «La Federazione russa, in particolare, si è fatta promotrice di una rinnovata e pericolosa narrativa nucleare». Il presidente sottolinea «le minacce rivolte all’Ucraina» che instillano «l’inaccettabile idea che ordigni nucleari possano divenire strumento ordinario nella gestione dei conflitti come se non conducessero inevitabilmente alla distruzione totale. La Repubblica italiana condanna fermamente queste derive pericolose». Il presidente intima alla Corea del Nord di abbandonare il suo programma missilistico nucleare e aggiunge un ulteriore monito: «Non è immaginabile essere, oggi, corresponsabili di un ritorno a criteri di scontri imperialistici che contraddicono il faticoso cammino compiuto dall’umanità negli ultimi 80 anni». Tutto perfetto se non fosse che Emmanuel Macron con cui il nostro presidente della Repubblica ha firmato, tre anni fa, il Trattato del Quirinale avendo a fianco il fido Mario Draghi, ha offerto all’Europa il suo ombrello nucleare contro la Russia. Se Vladimir Putin minaccia di usare le bombe, l’Eliseo risponde con le bombe atomiche. Come Bettino Craxi che chiosava: a brigante, brigante e mezzo! Il presidente italiano però è d’altra pasta e Macron lo loda: «È una grande fortuna avere in Italia Mattarella e Draghi». Lusinga a cui Mattarella è restato sensibile o è solo un complimento interessato dopo il trattato? Comunque per il Quirinale, visto che non le cita, sembra che le bombe col profilo di Marianne siano più tollerabili di quelle con la stella rossa. Nell’intesa del Quirinale è previsto anche un «Consiglio italo-francese di difesa e sicurezza» per ora mai convocato. Domanda: se a Mattarella che è anche capo delle Forze armate il suo omologo dell’Eliseo proponesse in forza del trattato l’uso delle atomiche transalpine - sono 290, di cui 280 pronte al lancio - che farebbe? Il nostro presidente è più europeista dell’Europa, ma non devono averlo avvertito che anche il premier britannico Keir Starmer ha le atomiche e l’intesa anglo-francese è di salire dalle attutali 580 testate a 1.000. Al Quirinale peraltro è sfuggito che a stuzzicare i russi è stata la Francia. Nel suo discorso alla nazione, a poche ore dal Consiglio europeo che ha varato il Rearm da 800 miliardi di euro voluto da Ursula von der Leyen, Macron ha confessato ai francesi: «Il conflitto in Ucraina si sta allargando ed è minaccia per tutti noi: ho deciso di aprire la protezione ai nostri alleati in Europa da parte della nostra deterrenza nucleare che resterà comunque nelle mie mani». I russi gli hanno risposto: rischi di finire come Napoleone che in Russia fu sconfitto senza appello. Forse perché anche Macron potrebbe aver avuto consiglieri frettolosi, sono però assai simpatici al nostro presidente. Fu Romano Prodi due anni fa a Torino con a fianco Elsa Fornero a suggerire: «Tocca alla Francia mettersi al servizio dell’Europa. Ha il nucleare e il diritto di veto all’Onu: li offra all’Ue». Anche Mattarella di bombe ne sa qualcosa. Il 24 marzo di 26 anni fa - era vicepresidente del Consiglio con Massino D’Alema - in Senato giustificò i raid aerei Nato e italiani: sulla Serbia sganciarono ordigni all’uranio impoverito. Nel 1999 impazzava una canzone di Tom Jones. Il titolo? Sex bomb!.
        Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
    
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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