2021-01-04
Mascarpone, la specialità della Val Padana con zero carboidrati che è il segreto del tiramisù
È prodotto con il latte, ma tecnicamente non è un formaggio. Ricco di grassi «buoni», contiene potassio, proteine e calcio.C'è un formaggio fresco che, soprattutto al Nord, accompagna silenzioso gli italiani nei momenti più dolci delle feste natalizie. È una specie di convitato del Natale norditalico non... di pietra, ma di panna. Coagulata. È il mascarpone ed è tipico di questo periodo preparare nelle case settentrionali la crema al mascarpone, una delizia dolce da affiancare a fette di panettone o di pandoro (o, come vedremo, tortionata o biscotti). Nella sua versione artigianale è riconosciuto Pat (prodotto agroalimentare tipico italiano) della regione Lombardia, infatti è caratteristico di gran parte della Pianura padana, nelle province di Cremona, Lodi, Mantova, Milano, Pavia e, in particolare, nel Comune di Abbiategrasso, in provincia di Milano, dove veniva già prodotto nel dodicesimo secolo. Non ci sono notizie più precise sulle sue origini, ma probabilmente la nascita del mascarpone va ricondotta all'esigenza di smaltire quel latte più proteico e più grasso che producevano le bovine delle cascine padane, in special modo nel periodo autunnale, ossia prossimo ai parti. La stagionalità invernale del mascarpone era poi definitivamente obbligata da un altro motivo. L'inverno, con il suo freddo d'ordinanza, era anche l'unico trimestre che consentisse una seppur minima conservazione del mascarpone, il quale mal sopporta le alte temperature. La produzione industriale, con la sua esigenza di conservare più a lungo possibile gli alimenti e l'esistenza di processi semplici per farlo (conservanti chimici e/o strumenti per la catena del freddo dei refrigerati), non esisteva. Così in origine si realizzava e consumava mascarpone solo nei mesi freddi, «conservandolo» a temperatura ambiente fredda, in recipienti di vetro o porcellana, nelle celle delle cascine. Ogni cascina aveva il suo metodo di stipare il mascarpone, ma garantivano tutti una shelf life di pochi giorni. Oggi che il mascarpone è soprattutto industriale, non è più stagionale: è prodotto ed è presente nei supermercati tutto l'anno, opportunamente trattato può raggiungere una shelf life anche di 60 giorni, ciò che consente anche l'esportazione per gli appassionati stranieri. Appassionati soprattutto di tiramisù, perché il mascarpone è indissolubilmente legato al noto dolce. Che però non ne esaurisce le possibilità di impiego, preesistenti e nuove, alle quali ci dedicheremo.Il mascarpone, infatti, nelle sue terre di primaria diffusione è protagonista di tante altre preparazioni di pasticceria, si mangia accanto alla mostarda (l'abbinamento è un classico della tradizione natalizia veneta) e accanto ai salumi, farcisce paste ripiene nel Bolognese come i tortelloni di pasta verde ripieni di ricotta e mascarpone, condisce risotti, paste e pure carni nella gastronomia lodigiana, con squisite preparazioni come la pasta al mascarpòn e la faraùna al mascarpòn, oltre a essere ingrediente di squisite torte salate come la famosa torta zola, mascarpone e noci, caratteristica della Val Padana lombarda, ma presente nei banchi di gastronomia di tanti supermercati italiani anche nella versione «semplificata» senza noci che semplicemente alterna i due formaggi. Un'usanza che invece resta soprattutto nordica è quella citata all'inizio: la crema di mascarpone, anche detta crema lodigiana, si serve accanto alle fette di panettone, pandoro e anche di torta tortionata. Provate a preparare la crema lodigiana anche detta pucia dulsa in dialetto lodigiano, magari per smaltire panettoni avanzati: le feste natalizie durano ancora fino al 6 gennaio ed è tipico, sempre della lombarda Milano dove anche è nato il panettone, portarlo con sé - nello stomaco -fino al 3 febbraio, giorno di San Biagio.Abbiamo detto in apertura «formaggio fresco». Ebbene, approfondiamo la questione. Il mascarpone è il risultato della coagulazione acido-termica della crema di latte, cioè la panna vaccina, sterilizzata. La panna, scaldata fino a circa 90 gradi, acidificata e agitata, coagula nella forma di questo tanto cremoso quanto compatto formaggio spalmabile senza crosta, di solito venduto in porzioni che vanno dai 200 ai 500 grammi, dal sapore quasi nocciolato e soprattutto dolciastro per via dell'alto contenuto di sostanza grassa. Abitualmente in industria si usa l'acido citrico, ma anche acido acetico o tartarico, mentre, artigianalmente, si impiega succo di limone o aceto.Secondo alcuni il mascarpone non è un formaggio perché non si ottiene dal latte cagliato, come è per gli altri formaggi nei quali le proteine del latte, sottoposto all'azione di un enzima, da liquide e solubili diventano solide e insolubili, agglomerandosi (tecnicamente si dice che precipitano, per «precipitazione» si intende infatti l'aggregazione del latte in grumi via via più corposi e compatti, fenomeno che caratterizza la fase di coagulazione e che avviene mediante la separazione del siero dal resto della cagliata). Nel mascarpone c'è panna e non latte, c'è un acido e non un caglio e ciò che fa precipitare le proteine è la combinazione di acido e alta temperatura. Segue poi lo spurgo, cioè una dissierazione (separazione dal siero tramite sgrondo, cioè colatura del siero, nel mascarpone artigianale e centrifugazione in quello industriale) e raffreddamento per 24 ore.Per la legge, comunque, il nostro è un formaggio. Secondo l'articolo 32 del Regio decreto legge del 15 ottobre 1925, «il nome di formaggio o cacio è destinato al prodotto che si ricava dal latte intero, ovvero parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale da cucina». Con crema e coagulazione acida, ci siamo. Però dal punto di vista dell'elenco dei Pat italiani suddivisi per regione (ultima revisione 20 febbraio 2020), il mascarpone artigianale non rientra tra i formaggi ma tra i prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il burro) della Lombardia. Di diverso dai formaggi in senso tecnico il mascarpone ha anche che non subisce fermentazione indotta da batteri: nei formaggi strettamente intesi l'acidificazione del latte è dovuta all'acido lattico prodotto dai batteri lattici, nel mascarpone l'acidità si ottiene aggiungendo un acidificante d'altro tipo. In questo senso, il mascarpone appartiene alla classe A dei latticini, nello specifico alla famiglia A5, cioè i latticini ottenuti per coagulazione acido-termica della panna. Molti risolvono velocemente la giustapposizione tra salute e benessere e mascarpone considerandolo immangiabile in quanto grasso, punto. Non date loro retta. È vero che 100 grammi di mascarpone hanno non basse calorie, che sono circa 450. Il mascarpone industriale, realizzato con metodo Uht a partire da panna di affioramento, ha un contenuto di grassi di circa il 35%, mentre quello artigianale ottenuto da panna fresca di centrifuga di latte vaccino presenta intorno al 47% di grassi, che diventano anche di più se la panna è di latte di bufala. Il mascarpone, da questo punto di vista, si posiziona a metà strada tra la panna, che ha 337 calorie e 35 grammi di grassi per 100 grammi, e il burro, ben 758 calorie e 83 grammi di grassi.In entrambi i casi produttivi, industriale o artigianale, i grassi del mascarpone non sono pochi e se si ha il divieto di mangiarne, per esempio, perché si sta seguendo una dieta anticolesterolemica, si potrà sostituire il mascarpone con la ricotta. Fatto salvo questo caso, in realtà anche i grassi nell'alimentazione hanno la loro importanza. Tutto sta nel farne un giusto uso. I grassi presentano circa 9 calorie per grammo, che sono quasi il doppio rispetto a quelle degli altri macronutrienti come proteine e carboidrati: il problema della «grassezza» dei grassi si presenta se assumiamo più energia in forma di grassi rispetto all'effettivo fabbisogno dell'organismo, perché in questo caso il grasso in eccesso verrà immagazzinato in riserve di grasso.Il problema è, dunque, esagerare. Per mantenere il corpo in salute dobbiamo assumere circa il 25% di calorie giornaliere in forma di grassi, che ci servono, per esempio, per proteggere e isolare gli organi, permettere l'assorbimento delle vitamine liposolubili come A, D, E, K, regolare la produzione di ormoni. Criminalizzare in assoluto i grassi e glorificare i carboidrati, per esempio, è sbagliato, perché se posti a confronto vediamo che i grassi sono molto più sazianti, poiché richiedono un tempo di digestione assai superiore rispetto a quello dei glucidi. Insomma, 1 chilo di mascarpone al giorno no, 1 etto ogni tanto sì. Fuori dall'ambito dolciario, il mascarpone può essere assaporato anche in purezza, come secondo (è perfetto accompagnato da vini bianchi freschi, secchi o frizzanti) oppure può essere usato come un grasso da condimento per pasta e secondi di carne: le ricette del Lodigiano citate prima che lo impiegano proprio così dimostrano come l'uso popolare tradizionale sia spesso naturalmente saggio. Un etto di mascarpone contiene 44 grammi di acqua, nessuna fibra, pochissimi carboidrati (solo 0,3 grammi), 47 grammi di grassi e 7,6 di proteine, che sono molte più di quelle del burro (0,8 grammi) e della panna (2,3 grammi). Vi sono poi contenuti 53 milligrammi di potassio, importante per la contrazione dei muscoli incluso quello del cuore e il buon funzionamento del sistema nervoso e del metabolismo; 68 milligrammi di calcio, che aiuta a regolarizzare il battito cardiaco e combatte l'insonnia; 430 microgrammi di vitamina A, utile per proteggere vista, mucose e pelle e da tumori al polmone e alla cavità orale. Interessante è anche la storia etimologica. Il nome mascarpone potrebbe far pensare a qualcosa che ha a che fare con uno scarpone, ma deriva da «mascherpa», una parola dialettale dell'area lombarda di origine celtica che indica la ricotta, che ha una preparazione non dissimile e ha dato origine in area lombarda al nome «mascherpone». Secondo altri, «mascarpone» avrebbe anche a che fare con l'espressione spagnola «màs que bueno» cioè «più che buono», come pare lo definisse un alto dignitario di corte durante la dominazione spagnola della Lombardia. Pare che anche Napoleone lo assaggiò a Lodi nel 1796 e se ne innamorò a tal punto da farsene rifornire anche una volta tornato in Francia. Per il giornalista sportivo di San Zenone Po (Pavia), «padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni», Gianni Brera, il nome derivava dalla Cascina Mascherpa, cascina non meglio individuabile che si trovava trova nella Bassa, al confine tra le province di Milano e Pavia.
Jose Mourinho (Getty Images)