2023-09-29
Marion Le Pen, da Lampedusa alle europee: storia della nipote ribelle di Jean-Marie
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Dopo essere andata a portare la propria solidarietà all’Italia sull’isola degli sbarchi, Marion Le Pen si dà da fare in Francia in vista delle elezioni, in cui sarà capolista del partito di Éric Zemmour. Ecco la sua storia.L’abbiamo vista a Lampedusa, venuta a polemizzare (in perfetto italiano) contro l’invasione migratoria e le politiche di Emmanuel Macron. In patria, invece, Marion Jeanne Caroline Le Pen sta preparando la campagna per le elezioni europee. Non nelle fila del Rassemblement national della zia Marine, ma in Reconquête!, il partito di Éric Zemmour, per il quale è capolista. L’energia certamente non manca alla rampolla di casa Le Pen. La cultura e la bella presenza neanche. Ma chi è veramente la più rampante della famiglia più controversa di Francia?Si dice che nonno Jean-Marie abbia una predilezione particolare per Marion. Dal suo primo matrimonio con Pierrette Lalanne (da cui divorzierà nel 1985) il patriarca dell’ex Front national ebbe tre figli: Marie-Caroline, Yann, Marine, che a loro volta gli diedero nove nipoti. Tra questi, figlia di Yann, figura anche la futura appunto Marion, nata nel 1989 (Le Pen si risposerà nel 1991 con Jeanne-Marie Paschos, detta Jany). All'età di 2 anni, la piccola viene riconosciuta come figlia da Samuel Maréchal, fondatore del movimento giovanile del Front National. Nel 2013, il settimanale L'Express rivela l'identità del suo padre biologico: il giornalista e diplomatico francese Roger Auque, che fa causa al giornale ma poi, nelle sue memorie, conferma la propria paternità.Marion cresce nell’austera villa della famiglia Le Pen a Montretout, presso Saint-Cloud, appena fuori Parigi. In casa, Samuel Maréchal le dà i primi rudimenti di politica, mentre con il nonno il rapporto è sporadico. È comunque lei a comparire in braccio a Le Pen in un manifesto elettorale del 1992. Gli anni degli studi e delle prime esperienze lavorative sono traumatici: lo stigma che circonda la famiglia Le Pen la porta a cambiare scuola, a subire bullismo, a essere licenziata. Iscritta al Front National dal 2007, nelle elezioni legislative del 2012 viene eletta deputata al parlamento francese per la terza circoscrizione di Vaucluse, divenendo così a 22 anni la più giovane parlamentare della storia della Francia repubblicana. Nel novembre 2014 il congresso del Front National la elegge vicepresidente del partito. Sembra l’astro nascente del partito: è giovane, è preparata, ha sintonia tanto con gli ambienti esterni che con quelli militanti, è telegenica. Oltre, ovviamente, a portare il cognome giusto. Ha anche, tuttavia, una certa autonomia individuale. Quando, nel 2012, esplode il fenomeno della Manif pour tous, contro la proposta di legge sul matrimonio egualitario, zia Marine resta fredda. Lei, invece, si fa notare in piazza e chiamando “prigionieri politici” gli attivisti di Manif arrestati. Non rinuncia neanche a una bacchettata alla dirigenza del partito, spiegando che su questo argomento il Fn ha avuto una «esitazione» che ha «forse creato del malessere»: «Alcuni, come Marine Le Pen e Philippot, hanno considerato che era più importante denunciare le manovre di diversione del governo che in realtà utilizza il dibattito per non parlare delle questioni economiche, mentre altri come me e una gran parte degli eletti del Front national hanno ritenuto che fosse più importante andare alla Manif che denunciare queste manovre. Ma è solo la forma che cambia, Marine Le Pen ha sistematicamente ricordato la sua opposizione a questo progetto di legge», ha concluso Marion.Il 9 maggio 2017, due giorni dopo le elezioni presidenziali, Marion annuncia il proprio abbandono dell'attività politica per ragioni personali, familiari e professionali e la conseguente non candidatura alle elezioni legislative di giugno. Il 7 luglio presenta le proprie dimissioni sia da capogruppo del suo partito in Regione, sia da consigliere regionale della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Lasciata la politica, nel 2018 avvia l'Istituto di Scienze Sociali, Economiche e Politiche (Issep), una scuola di istruzione superiore privata senza scopo di lucro a Lione. Ma il vero schiaffo al partito di famiglia avviene quando Marion decide di schierarsi con Zemmour, intellettuale vulcanico e popolare volto televisivo, che nel 2021 ha fondato il suo partito con l’obbiettivo dichiarato di superare a destra il Rassemblement national e di puntare fortissimamente sul tema migratorio. La sfida alla Le Pen non va come sperato: al primo turno delle presidenziali del 10 aprile 2022 Zemmour si classifica quarto, con il 7,05% dei voti, e non raggiunge il ballottaggio. Che l’ingresso in pianta stabile di Marion Maréchal Le Pen possa cambiare il quadro alle europee?
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)