2020-04-07
Oggi l'ultima parola sul Mes. E Gualtieri è spalle al muro
Il deputato di Iv Luigi Marattin fa il bulletto sul Mes, ma incappa in una gaffe dietro l'altra: confonde il Salvastati vecchio con la sua riforma e sbaglia il numero di commi. Poi spara: «Il rigore non è citato». Ma il testo parla chiaro.La bomba dei grillini sull'Eurogruppo «Mes impensabile». Dal M5s un no nettissimo al Salvastati. Roberto Gualtieri è a un bivio: oggi, a Bruxelles, o litiga con l'Ue o con la sua maggioranza. Lo speciale comprende due articoli.Stavolta il «pugile» Luigi Marattin è stato messo al tappeto. A suonarle di santa ragione - in senso figurato s'intende - al vicecapogruppo alla Camera di Italia Viva è stato il nostro Fabio Dragoni nel corso di un dibattito trasmesso domenica sul canale Youtube «Libertàdipensiero». Oggetto della discussione, la possibilità di attivare il Meccanismo di stabilità europea in versione «light» per arginare la crisi scatenata dal Covid-19. Sarebbe questa la direzione verso la quale si sono mossi gli sherpa che hanno preparato l'Eurogruppo in programma per oggi. Ma la versione light del Mes non convince. Lo schiocco delle frustate inflitte alla Grecia da parte della Troika (Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) risuona ancora nell'aria, e il sospetto che dietro alle condizioni blande sbandierate oggi si nasconda un «cetriolo» è forte. Secondo Marattin, le «rigorose condizionalità» associate al Mes, però, sono una «bufala». «Quando si cita il comma 3 dell'articolo 136 (del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in sigla Tfue ndr), quando andate a vedere ha solo due commi». Qualche istante di imbarazzato silenzio, e Dragoni fa notare sommessamente che in realtà «no, ne ha tre». È sufficiente consultare un qualsiasi motore di ricerca per scoprire che quel fantomatico «comma 3» citato dall'economista di Italia Viva in realtà esiste eccome, e recita così: «Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità». Probabilmente quella in possesso di Luigi Marattin è la vecchia versione del Tfue, che risale a prima del 25 marzo 2011. Data nella quale il Consiglio europeo approvò la modifica al trattato che regola il funzionamento dell'Ue, proprio al fine di creare il Mes. Quella decisione fu tutt'altro che improvvisata: la genesi della modifica dell'articolo 136 va fatta risalire all'anno precedente, precisamente all'11 maggio 2010. Nel preambolo del testo del regolamento 407/2010, il quale «istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria», al punto 7 si legge: «In caso di attivazione del meccanismo occorre imporre condizioni forti di politica economica al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche dello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari».Più chiaro di così, si muore: il Mes nasce con il peccato originale della condizionalità. Resosi conto della figura barbina, Marattin inizia una difficile arrampicata sugli specchi: «Voi parlate della riforma del Mes, o del Mes vero, quello attualmente in vigore?». Giustamente, Dragoni gli fa notare che il comma 3 è stato inserito a seguito della modifica del 2011, con la quale si istituisce per l'appunto il Fondo salvastati. Il «pugile» prova ad aggiustare il tiro, ma la toppa è peggio del buco. «Ma la bufala dove sta? Sta nel fatto che quando tu accedi a quel programma, la rigorosa condizionalità non è scritta nel trattato, posso chiamare “rigoroso" qualsiasi cosa, chiaro? La gente è convinta che nel Trattato siano scritte le “rigorose condizionalità" che sono quelle che fanno male all'economia, tra cui il rientro del deficit. Questa è una bufala, non è vero! Il trattato originario del Mes non ha mai parlato di queste cose». Ma anche il trattato del Mes, all'articolo 13 comma 3, parla chiaro: «Il consiglio dei governatori affida alla Commissione europea - di concerto con la Bce e, laddove possibile, insieme all'Fmi - il compito di negoziare con il membro del Mes interessato, un protocollo d'intesa che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria». Tale protocollo, si legge più avanti, «riflette la gravità delle carenze da affrontare». Caro Marattin, chi è che racconta bufale?Nemmeno nel remoto caso in cui gli Stati membri dovessero dare il via libera a una condizionalità light, il pericolo si potrebbe ritenere scampato. Come ha fatto giustamente notare Marco Dani, professore di Studi giuridici comparati ed europei all'Università di Trento, il comma 5 dell'articolo 7 del regolamento 472/2013 prevede che la Troika possa decidere, in qualsiasi momento, di apportare modifiche al programma di assistenza finanziaria. Tradotto, le clausole che oggi sono blande, domani possono diventare un cappio al collo. L'unica possibilità di eliminare la condizionalità non è sperare nel buon cuore dei nostri interlocutori, bensì tentare di modificare i trattati. E in questo caso la strada si fa davvero in salita. La normativa Ue prevede che ciò possa avvenire solo con l'ok da parte di una maggioranza qualificata del Consiglio europeo. Vale a dire 15 Stati membri, oppure il 65% della popolazione. Manca la volontà politica, ma soprattutto il tempo. E abbiamo capito che «fate presto» è un motto che vale solo per quello che pare a piace agli euroburocrati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/marattin-scivola-sulle-condizionalita-nei-trattati-non-ci-sono-e-invece-2645651340.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-bomba-dei-grillini-sulleurogruppo-mes-impensabile" data-post-id="2645651340" data-published-at="1586202635" data-use-pagination="False"> La bomba dei grillini sull’Eurogruppo «Mes impensabile» Questo pomeriggio, quando il ministro Roberto Gualtieri sarà in videoconferenza con i suoi colleghi dell'Eurogruppo, dovrà decidere: o litiga con gli altri ministri dell'eurozona durante la riunione, oppure con il M5s prima o al termine della stessa. Non sembrano esserci vie di mezzo. Il bluff del Mes «light» è ormai svelato, e a poco serve impacchettarlo in un piano complessivo che vede sempre e solo prestiti erogati agli Stati e alle imprese, rispettivamente dal fondo Sure e dalla Bei. Le rassicurazioni che ieri ha lanciato il Commissario Paolo Gentiloni, dapprima sulle colonne del Corriere della Sera con il suo collega Thierry Breton, e poi in videoconferenza col think tank Bruegel di Bruxelles, sono una impresentabile foglia di fico. Gentiloni parla di criteri di «condizionalità che devono essere alleggeriti e ricentrati sulla risposta alla crisi», facendo il verso ai ministri tedeschi Olaf Scholz (Finanze) e Heiko Maas (Esteri) che, in un articolo pubblicato su diversi quotidiani europei, assicurano che il Mes offre «39 miliardi di denaro fresco per tutte le spese necessarie nella lotta contro il coronavirus […] e i mezzi finanziari non devono essere vincolati a condizioni inutili che equivarrebbero a una ricaduta nella politica dell'austerità del periodo successivo alla crisi finanziaria». Secondo loro «non ci servono Troika, controllori […] bensì aiuti veloci e mirati. Esattamente questo è quanto il Mes può offrire se lo adeguiamo in modo ragionevole». Da tempo scriviamo che un Mes alleggerito è semplicemente un cavallo di Troia che cela al suo interno tutta la peggiore soldataglia composta, come minimo, dal quadro di sorveglianza macroeconomica dell'art. 136(1) del Tfue (la procedura di infrazione), dall'analisi di sostenibilità del debito (preventiva ed in itinere) e dalla eventuale modifica ex-post delle condizioni. Anche nel caso, pure possibile, di Mes «snaturato», Mark Rutte e Angela Merkel sono in grado di garantire che i loro successori non chiederanno in futuro una più rigida condizionalità? Oppure che la Corte di Giustizia di Strasburgo o la Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe non faranno a pezzi questo ircocervo giuridico? A confermare che il diavolo è nei dettagli, Milano Finanza, dando per fatto l'accordo, sottolineava che questo finanziamento «fino al 2% del Pil», sarà erogato «nel rispetto delle regole fiscali europee, compresa l'eventuale flessibilità applicata dalle istituzioni comunitarie», con tanto di Memorandum of Understanding (Mou) uguale per tutti i Paesi. La linea del Piave, si fa per dire, dell'Italia sembra attestata sulla speranza di una menzione nel comunicato di questa sera di un «fondo europeo espressamente concepito per emettere obbligazioni a lungo termine» di cui parla Gentiloni. In una parola, i coronabond. Peccato che i ministri tedeschi non riescano nemmeno a scrivere tale parola, scrivendo che «una volta superata la crisi […] noi Stati dell'Ue dobbiamo agire assieme in uno spirito di solidarietà europea. Noi tutti, anche la Germania, ne terremo conto nei negoziati per il bilancio Ue per i prossimi 7 anni». Domani, con calma, vedremo. Intanto, ieri sono pure arrivati i dettagli degli acquisti di titoli pubblici della Bce nel mese di marzo. Su 37 miliardi di acquisti netti, ben 12 (il 32%!) riguardano l'Italia con maggiori acquisti per 6 miliardi rispetto a quelli previsti rispettando la base di ripartizione. Di fronte a questi dati, suonano come una beffa le parole di Gentiloni, secondo cui «tutti gli Stati membri devono avere un accesso equo e in condizioni simili al debito necessario per finanziare i loro piani». Sa, ma non lo può dire, che la soluzione c'è: non può violare il dogma del finanziamento monetario del deficit che mezzo mondo sta invece facendo a pezzi. Parla di «piano Marshall» ma dimentica che quelli furono per la gran parte aiuti a fondo perduto, non prestiti. I coronabond richiedono garanzie e rimborsi, oltre a un veicolo per emetterli che, a breve, non c'è. Tale avvilente quadro non poteva lasciare indifferente il M5s, che nel pomeriggio ha scatenato un fuoco di fila di dichiarazioni alle agenzie, confermando la totale contrarietà al Mes. Dapprima una nota dei deputati delle commissioni Bilancio e finanze evidenziava che «il Mes non può essere lo strumento adatto e deve essere archiviato. Non è pensabile ricorrere a questo strumento in nessun caso. L'ipotesi di eliminazione delle cosiddette condizionalità richiederebbe una riforma del Trattato del Mes, impraticabile in tempi brevi». Seguiva il sottosegretario all'Economia Alessio Villarosa con «no al Mes, categoricamente, M5s è pronto a tutto». Infine, una nota dei deputati della commissione Esteri che ribadiva l'inadeguatezza del Mes e insisteva sui coronabond. Ma c'è poco da sorprendersi. L'Europa ci offre strumenti coerenti con la sua natura di accordo intergovernativo che ci vede da sempre subalterni. Ora sta a noi smettere di sognare ed assumere decisioni conseguenti. Il Paese non può più attendere le mancette di Bruxelles.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».