2025-11-08
Africano «protetto» dal giudice tenta di uccidere una modella
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.Dopo tre giorni di ricerche, ieri la Polfer ha contribuito all’arresto (in collaborazione con i carabinieri di Monza) del presunto responsabile alla stazione di Carnate. È uno straniero irregolare arrivato dal Gambia, 26 anni, titolare di permesso di soggiorno scaduto e non rinnovato, in attesa di essere rimpatriato e libero di delinquere. L’identikit perfino stucchevole di uomini che odiano le donne (per rimanere dentro una metafora femministico-letteraria) ma che non sono mai oggetto della riprovazione del démi monde radical che per l’occasione dimentica di alzare la voce contro il patriarcato, il sessismo, lo sfregio di genere. Tutti di corta.Dopo la colluttazione, la giovane ha chiesto aiuto al 112 ed è stata portata in ospedale, al San Gerardo di Monza, da dove è stata dimessa con una prognosi di cinque giorni. L’aggressore gambiano, Balde Abdulaye, classe 1991, è stato denunciato per lesioni personali aggravate e avviato al Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) di Torino in attesa di essere rispedito in Gambia. L’uomo aveva un foglio di via obbligatorio emesso dalla Questura di Palermo, dopo essere stato denunciato per minacce, violenza privata e porto abusivo di armi. Un assaggio del suo curriculum: a febbraio 2025 minaccia una donna con forbici da giardino e poi viene ammonito per atti persecutori nei confronti di un’altra donna; a marzo viola l’ammonimento del questore e viene denunciato; si macchia di oltraggio e minaccia a pubblico ufficiale, danneggiamento a bordo treno, a ottobre minaccia una donna a Palermo, da cui perciò viene allontanato. Abdulaye era stato fotosegnalato per la prima volte nel 2016 a Messina. L’anno dopo, a Milano, aveva presentato un’istanza di protezione internazionale a Milano, respinta alla commissione territoriale di Monza. In suo soccorso, come spesso accade, era arrivato un giudice: in seguito a un ricorso al tribunale di Milano, infatti, nel 2023 gli era stata riconosciuta la protezione speciale. Lo scorso gennaio gli era stato rilasciato il permesso di soggiorno, ma lui non si era presentato all’appuntamento per il rinnovo. Recidivo senza conseguenze, pronto a ricominciare. Una carta bollata, una firma e per le coscienze inquiete con stipendio fisso (copyright Carlo Emilio Gadda) era tutto a posto. In questo caso non ci sono neppure gli appigli determinati da un delicato quadro psicologico o da una immaginifica volontà di rivolta contro il potere (come accaduto per l’aggressione di Vincenzo Lanni alla manager milanese in piazza Gae Aulenti la scorsa settimana). Qui è pura violenza, feroce e gratuita come si nota dal video pubblicato e commentato dalla stessa vittima. «Sono stati minuti per me infiniti di aggressione fisica, mentre provavo a scappare e l’unica cosa che mi ha salvato la vita è stato il mio spray al peperoncino». Sembra che la seguisse da tempo, stile stalker. Alla trasmissione di Mediaset Mattino 5, Stephanie ha aggiunto di conoscere di vista l’aggressore e di essere sotto pressione da un anno.Tornando sul treno in diretta, all’uomo che l’ha appena aggredita con un colpo sul volto, lei urla: «Perché, dimmi perché, mi hai dato un pugno in faccia». Poi spiega la dinamica. Lei seduta nello scompartimento, lui che si avvicina e la insulta, lei che non reagisce, lui che si fa più minaccioso. Lei usa lo spray a difesa, lui si arrabbia ancora di più e la getta a terra. «Quando mi ha presa per il collo ho usato ancora lo spray. Sono riuscita a scappare, però ci sono tante ragazze che vengono uccise da tipi come questi, ubriachi, drogati, malati, non lo so. Recentemente il mondo ha visto la morte della ragazza sulla metro di New York senza che lei facesse nulla». Il paragone è agghiacciante, poteva finire allo stesso modo. Un mese e mezzo fa Iryna Zarutska, rifugiata ucraina, è stata accoltellata a morte dal pregiudicato Decarlos Brown mentre viaggiava su un vagone della linea blu della metropoli americana.In questo caso la tragedia è stata solo sfiorata, ma il clima rimane pessimo e il fenomeno degli stranieri irregolari violenti diventa sempre più preoccupante. Sarà anche la loro cultura, come teorizzano sociologi da ospitata televisiva e qualche giudice iperprogressista, ma sarebbe utile che le associazioni deputate all’accoglienza diffusa (comprese le Caritas) informassero i disperati sbarcati in Occidente che la loro pseudo «cultura» non coincide con la nostra. Rimane un aspetto sociale da sondare. La modella aggredita sottolinea nel video: «Il vagone non era vuoto ma nessuno mi ha aiutata. Lui diceva che mi avrebbe ucciso, ma dagli altri viaggiatori non sono arrivati segnali di soccorso. La gente si chiedeva se ci conoscessimo e non voleva mettersi in mezzo». In questi casi l’intervento sarebbe al tempo stesso auspicabile e pericoloso. Con il rischio tutt’altro che remoto, per l’eroe di turno, di essere denunciato dall’aggressore per violenza privata (è già successo) e - con la compiacenza di qualche avvocato del fu Soccorso rosso - finire davanti a un giudice al posto del matto o del criminale. Il fenomeno ha contorni insondabili ed è specchio di una realtà quasi quotidiana: la sera viaggiare sui treni locali è obiettivamente pericoloso, l’incolumità dei cittadini perbene è costantemente a rischio. Gli stessi controllori esitano a intervenire per paura fisica della reazione violenta e chiedere la semplice verifica del biglietto è un’operazione che richiede una buona dose di coraggio. Una situazione sotto gli occhi di tutti, facilmente verificabile. Ma poco interessante per le forze dell’ordine, per la politica da convegno che teorizza l’integrazione da Mulino Bianco. E per il sindacato che ogni venerdì organizza uno sciopero con motivazioni spesso surreali, del tutto disinteressato alla sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Giancarlo Giorgetti (Ansa)