2025-07-08
I nostri giovani in ansia per un esame. I maranza devastano e accoltellano
Le nuove generazioni sono due poli opposti: gli italiani mettono al bando la fatica e il sacrificio mentre gli immigrati glorificano scontro fisico e legge della giungla. Ma entrambe sono destinate a implodere.La cartella clinica dell’Europa non restituisce un quadro confortante. Mentre la politica si dedica con grande trasporto al consueto e inutile dibattito di inizio estate sulla cittadinanza facile, lo ius soli e lo ius scholae (le uniche parole in latino che la maggioranza degli italiani è abituata a sentire), le cronache - a leggere con prospettiva appena più ampia - danno il polso della situazione.Due notizie in particolare, esaminate in sequenza, mostrano con sufficiente chiarezza quale sia la condizione attuale. La prima riguarda Gianmaria Favaretto - 19 anni, ex studente del liceo scientifico Enrico Fermi di Padova - alla cui vicenda la stampa locale ha dato notevole risalto. Il nostro, giunto alla maturità con un anno di ritardo per via di una bocciatura, ha rifiutato di sostenere il colloquio finale con i professori. A suo dire, l’esame è una sciocchezza: «Trovo che l’attuale meccanismo di valutazione degli studenti non rispecchi la reale capacità dei ragazzi, figuriamoci la maturità», ha detto il giovane al Mattino di Padova. «In classe c’è molta competizione. Ho visto compagni diventare addirittura cattivi per un voto».Quel che non va sarebbe il sistema di valutazione: troppa competizione, troppo agonismo, meglio dunque rinunciare in segno di protesta. Favaretto ha ripreso un tema che più volte in questi anni è tornato alla ribalta. Ciclicamente sentiamo studenti lamentarsi dell’ansia causata da interrogazioni, esami e valutazioni. Un paio di anni fa aveva fatto scalpore il discorso di Emma Ruzzon, studentessa universitaria anche lei padovana che pronunciò un sentito discorso a nome di tutti i suoi compagni: «Siamo stanchi di piangere coetanei uccisi dalla competizione», disse. E, ovviamente, applaudita da gran parte dei media e dei commentatori. L’ansia giovanile, del resto, è diventata una ingombrante questione sociale, non solo in Italia. Jonathan Haidt, psicologo sociale statunitense, ha pubblicato un saggio divenuto bestseller intitolato proprio La generazione ansiosa. Posto che è difficile negare l’esistenza del problema, è lecito farsi venire più di un dubbio sulle soluzioni semplicistiche che sembrano andate per la maggiore.Da un lato, infatti, l’industria dell’informazione e dell’intrattenimento (per tacere del complesso industrial-digitale) contribuiscono con prepotenza al diffondersi dell’angoscia, calcando la mano su emergenze sanitarie, climatiche e belliche. Dall’altro, la stessa macchina che alimenta l’ansia finge di volerla eliminare invitando le giovani generazioni a mettere al bando la fatica e il sacrificio. Il risultato è che ci troviamo a che fare con ragazzi e ragazze che non sanno gestire la pressione, anche minima, che vanno in crisi di fronte alle difficoltà e preferiscono ritirarsi di fronte alle sfide invece di provare a vincerle. Il caso del liceale Favaretto è forse estremo ma emblematico. Studenti di ogni epoca hanno affrontato esami e valutazioni, hanno imparato a gestire la tensione e a mantenersi saldi sotto pressione. Ora, all’improvviso, questi scogli tutto sommato superabili sembrano essere diventati mostruosamente pericolosi e invalicabili. Certo, il nostro mondo si è fatto molto competitivo, le leggi del mercato hanno invaso ogni ambito dell’esistenza. Ma correggere le storture non significa fare in modo che ogni ostacolo sia eliminato al fine di non turbare i piccoli fiocchi di neve figli del (relativo) benessere. Anche perché molti di loro, come Favaretto, non rifiutano il sistema (che sarebbe anche lecito e per certi versi ammirevole): puntano ad aggirarlo. Lo studente padovano, infatti, ha fatto bene i conti: prima di ritirarsi dall’orale, si è sincerato di aver raggiunto il punteggio necessario a essere promosso e ha pure accettato di rispondere a un paio di domande per garantirsi tre punti aggiuntivi.La sensazione, insomma, è che puntasse al massimo risultato col minimo sforzo. E lo si può anche capire, per carità, poiché a nessuno piace ammazzarsi di fatica. Il punto è che cancellare le asperità e tenere i ragazzini dentro una bolla artificiale non elimina le difficoltà della vita e non raddrizza certo il legno storto dell’umanità. Fuori, piaccia o no, il mondo rimane piuttosto brutale e altri fatti di cronaca ne offrono un assaggio.Altra notizia, proveniente dai lidi ferraresi. I gestori degli stabilimenti balneari della zona denunciano le condizioni di lavoro infernali a cui li costringono le bande di maranza che regolarmente funestano le località sul mare. Arrivano in treno, i nuovi vichinghi, saccheggiano e devastano: «Cappucci calati sul volto, tirapugni, coltelli. Sono pericolosi, ma non ho paura», dice un gestore al Resto del Carlino. «Oltre alle mie ronde durante la settimana, nel weekend ho un guardiano. Ma appena ci voltiamo un attimo accade l’irreparabile: lettini sfasciati, ombrelloni sradicati, vetri di bottiglie rotte ovunque. Troviamo di tutto». Tra i vandali da spiaggia ci sono anche italiani ma, soprattutto, stranieri. I maranza, appunto, la stessa genia che dà prova delle proprie abilità distruttrici nelle grandi città come Milano.Sono due facce della stessa medaglia: su un verso, i giovani italiani che si fanno venire gli attacchi di panico per un compito in classe; sull’altro, i maranza che affrontano la competizione a colpi di coltello. Drammatica ironia: la società che vuole mettere al bando la fatica e il sacrificio produce sacche di violenza cieca e brutale. Le generazioni europee disagiate e fragilissime si trovano affiancate a generazioni di stranieri o di cosiddetti «nuovi italiani» che glorificano lo scontro fisico e praticano le leggi della giungla d’asfalto. Sembra quasi un grottesco processo di selezione naturale. Ma è più facile che entrambi gli estremi - i fragili e i violenti - siano destinati a soccombere nel mondo d’oggi. Purtroppo, la sensazione è che trascineranno tutta l’Europa nel loro disastro.
L'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri Kaja Kallas (Ansa)
(Ansa)
Il Comando ha ringraziato i colleghi della Questura per il gesto e «la cortesia istituzionale dimostrata in questo tragico momento». A Gorizia invece un giovane di 20 anni ha reso omaggio ai caduti, deponendo un mazzo di fiori davanti all'ingresso della caserma. Il giovane ha spiegato di aver voluto compiere questo gesto per testimoniare gratitudine e rispetto. Negli ultimi giorni, rende noto il Comando isontino, sono giunti numerosi messaggi di cordoglio e attestazioni di affetto da parte di cittadini, associazioni e rappresentanti delle istituzioni.
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