2023-01-07
        Mancini e quell’eterno abbraccio a Wembley
    
 
        Gianluca Vialli e Roberto Mancini (Ansa)
    
Dopo Sinisa Mihajlovic, il ct dell’Italia perde un altro amico fraterno. L’omaggio del premier: «Re leone in campo e nella vita». L’amarezza di Fedez: «Ci eravamo promessi una foto insieme con le cicatrici...». Giuseppe Conte sopraffatto salta la conferenza stampa. Ci sono tanti modi di abbracciarsi, anche dopo un gol. C’è l’abbraccio rabbioso, quello con corsa all’impazzata, quello a cui si unisce anche il compagno che ti farà le scarpe. E c’è quello in cui ci si prende in braccio tra complici, amici, fratelli. Campioni che parlano la stessa lingua calcistica e non sono rivali tra loro. Gianluca Vialli e Roberto Mancini, con la maglia della Sampdoria, si sono abbracciati in campionato 143 volte in otto stagioni, al netto di qualche possibile sostituzione. Ed erano abbracci veri, tra due ragazzi coetanei (entrambi del 1964) che non avevano neppure bisogno di guardarsi per passarsi il pallone, prima di regalare al pubblico gol mai banali. Come vero, e indimenticabile, è stato l’abbraccio di Wembley 2021 dopo aver vinto gli Europei con la nazionale. Oggi Mancini è un po’ più solo e dopo la morte di Sinisa Mihajlovic gli toccherà portare a spalla un’altra bara. La bara del gemello.Mancini era arrivato a Genova, sponda blucerchiata, già nel 1982, prelevato giovanissimo dal Bologna. Due anni dopo è la volta, dalla Cremonese, di Gianluca Vialli. Nelle loro stagioni con la Samp hanno segnato 217 reti in serie A, delle quali 143 insieme, tra il 1984 e il 1992. Cominciano a chiamarli «gemelli del gol», espressione che non veniva più usata dai tempi di Francesco Graziani e Paolino Pulici, dopo la finale di Coppa Italia del 1985 con il Milan, vinta con gol di entrambi. Rispetto alla coppia granata, va detto che Mancini e Vialli avevano qualcosa in meno dal punto di vista della potenza fisica, specie nel gioco di testa, ma in tecnica e in acrobazia erano di un altro livello. Il termine «gemelli», però, stava a indicare anche un rapporto solido, speciale, tra due ragazzi di buona famiglia ed educati non solo di piede, pronti a fare fronte comune non solo in campo, ma anche nello spogliatoio e di fronte ai taccuini dei giornalisti. Sarebbe impossibile ripercorrere la cavalcata della loro Sampdoria. Basti dire che vinsero anche una Coppa delle Coppe e uno scudetto, con Vujadin Boskov, nella stagione 1990-1991. L’anno dopo, arrivarono in finale di Coppia dei Campioni, a Wembley, dove si arresero al Barcellona solo negli ultimi minuti dei tempi supplementari. Era la fine di un ciclo e pochi giorni dopo Vialli rivelò all’amico «Mancio» che avrebbe accettato la corte della Juventus. Per uno di quei casi che rendono il calcio capace di emozioni uniche, nel giorno dell’addio al centravanti cremonese abbiamo tutti negli occhi un altro abbraccio. Undici luglio 2021, finale degli Europei vinta ai calci di rigore con l’Inghilterra proprio nello stesso stadio londinese. Il team manager azzurro, voluto dal commissario tecnico nonostante la malattia, abbraccia l’amico Roberto come trent’anni prima e scoppia a piangere. Sulla Rai, Vialli stesso lo ha raccontato così: «È stato un abbraccio completo. C’era la gioia per il traguardo sportivo, c’era la paura che ci aveva condizionato negli ultimi anni per via delle mie condizioni. Un abbraccio più bello di quando gli passavo la palla e lui faceva gol». Il mondo del pallone ha sempre bisogno di favole come quella di Mancini e Vialli, due che si sono passati la palla con gioia (e con classe) tutta la vita. Anche quando sono diventati uomini di mezz’età e l’uno ha avuto bisogno dell’altro. Perché se Vialli aveva forse necessità di lavorare con i calciatori mentre affrontava la sua battaglia, anche Mancini, di carattere meno espansivo, aveva bisogno dell’amico Gianluca per creare uno spogliatoio più coeso. I due però hanno sempre esibito un rapporto scherzoso e mai da Libro Cuore, non mancando di punzecchiarsi reciprocamente. Il punto è sempre stato su chi fosse più forte e una volta, qualche anno fa, Vialli disse scherzando alla Gazzetta dello Sport: «Lui buttava la palla avanti e io la prendevo, la mettevo giù, stop impossibile, controllo surreale, ne scartavo due o tre, segnavo e il giorno dopo leggevo sui giornali: gol di Vialli, ma che passaggio di Mancini!». Neppure i giornali, però, riuscivano a farli litigare. L’emozione per la scomparsa di un grande campione ha impedito all’ex ct Antonio Conte di partecipare alla conferenza stampa del suo Tottenham e ha toccato anche Giorgia Meloni. Il premier ha scritto sui social poche righe commosse: «Non dimenticheremo i tuoi i gol, le tue leggendarie rovesciate, la gioia e l’emozione che hai regalato all’intera nazione in quell’abbraccio con Mancini dopo la vittoria dell’Europeo. Ma non dimenticheremo soprattutto l’uomo. Addio Gianluca Vialli, Re leone in campo e nella vita». E dalla vita vera, quella che riserva anche le malattie, arrivano anche le parole di Fedez. Il cantante e l’ex calciatore avevano condiviso la stessa operazione, si erano parlati al telefono e si erano ripromessi di farsi una foto con le rispettive cicatrici. Non c’è stato tempo. Fedez ha fatto un video su Instagram per dire che Vialli «è stato una persona straordinaria, che mi ha dato un aiuto incredibile… non mi era mai capitato di piangere al telefono con una persona che non conoscevo».Tantissime anche le testimonianze e i ricordi dal mondo del calcio. Gigi Buffon ha postato la foto di una maglia numero 9 della Samp regalatagli dallo stesso Vialli: «Sei stato un gigante, così in campo come nella vita». Non banali le parole dell’ex compagno Beppe Dossena: «Un attaccante generoso, che pensa prima alla squadra e poi a sé, a quel livello è difficile da trovare». Il livello era eccelso e lo ha condiviso volentieri con un gemello.
        Leonardo Apache La Russa (Ansa)
    
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
        Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)