2021-05-08
Manca l’accordo con la Libia per spartirsi mare e pesca e minare il potere di Erdogan
Il governo lavora a un trattato per assicurare all'Italia l'accesso alle acque controllate da Tripoli. L'obiettivo è ridurre l'influenza economica e militare della TurchiaIl testo, che sta per diventare pubblico, è stato firmato da militari in attività e segue la lettera aperta di 20 generali a riposo su «islamismo» e disintegrazione nazionaleLo speciale contiene due articoliDopo l'episodio che ha coinvolto giovedì pomeriggio tre pescherecci italiani finiti sotto il fuoco della Guardia costiera libica, le forze politiche sono in pressing sul governo affinché raggiunga un accordo con il nuovo esecutivo di Tripoli. Obiettivo: tutelare le imbarcazioni italiane che per mettere nelle loro reti il pregiato gambero rosso si spingono in quelli che la Libia considera i suoi confini marittimi, ossia la Zona di pesca protetta istituita nel 2005 con una decisione unilaterale del rais Muammar Gheddafi, ampia 74 miglia nautiche (più di sei volte le 12 previste dai trattati internazionali). Come i tre pescherecci protagonisti dell'incidente di ieri. Infatti, ha spiegato la Marina italiana, «la nave Libeccio è intervenuta in assistenza a un gruppo di tre pescherecci italiani (Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo) all'interno della Zona di protezione di pesca libica, nelle acque della Tripolitania».Senza dimenticare che, come denunciato da Coldiretti impresapesca, le pretese libiche si sommano a quelle di «altri Paesi, dall'Algeria alla Turchia, dalla Croazia alla Francia su altri settori di quello che in passato era il Mare Nostrum, aumentando la confusione sulla delimitazione dei confini». Oltre alla sicurezza, «la babele delle zone economiche esclusive rappresenta dunque un gravissimo danno per l'attività economica dell'intera marineria italiana, aggravando una situazione che negli ultimi 35 anni ha già visto scomparire quasi il 40% delle imbarcazioni».Secondo Stefania Pucciarelli, sottosegretario alla Difesa, è necessario definire quanto prima una convenzione bilaterale con la Libia che «metta la pesca al centro dei rapporti con la Libia e che tuteli il lavoro dei nostri pescatori che con coraggio e sacrificio svolgono la loro attività lontano dalle coste italiane». «Mi auguro che il tavolo che coinvolge diversi ministeri definisca quanto prima il testo di un accordo da proporre al governo libico», ha spiegato in una nota augurando pronta guarigione a Giuseppe Giacalone, comandante del peschereccio Aliseo, rimasto ferito lievemente. Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ha commentato l'episodio ieri mattina, ospite su La7, a L'aria che tira. «Al di là degli sconfinamenti dei pescherecci, che la Guardia costiera libica spari segnali di avvertimento ad altezza uomo è inaccettabile». Poi, però, ha proseguito: «Ma quelle acque sono pericolose e proibite, noi sconsigliamo di andarci, non da qualche mese ma da dieci anni».Inevitabile, dunque, che il governo italiano sia alla ricerca di un'intesa per evitare che si ripeta quanto accaduto giovedì sera, con il comandante Giacalone che si è detto «vivo per miracolo: ci hanno sparato a pallettoni».«Potremmo fare un accordo», ha rivelato il ministro Di Maio, precisando di averne discusso di recente con l'omologa libica, Najla Al Mangoush, ma serve tempo. «Noi lavoreremo a un accordo ma non voglio dare illusioni», ha dichiarato sottolineando che la Libia è un Paese ancora instabile. E non è l'unica difficoltà sulla strada visto che il ministro libico è finito nel mirino degli ambienti vicini alla Fratellanza musulmana dopo che aveva invitato le truppe straniere, comprese quelle turche, a lasciare il Paese.Le trattative proseguono. Ieri l'Agenzia Nova ha appreso da fonti libiche a Tripoli che sono in corso contatti avanzati con la Libia per creare una compagnia mista che possa consentire agli italiani di pescare nelle acque rivendicate dai libici e poi garantire una quota del pescato con accordi precostituiti. Un patto con la Libia potrebbe, inoltre, permettere all'Italia di riconquistare terreno politico nei confronti della Turchia, principale sponsor di Tripoli con cui nel 2019 ha firmato un accordo sulla delimitazione delle rispettive Zone economiche esclusive considerato «anti Ue».Un'intesa simile era stata raggiunta due anni fa ma era stata sospesa dopo pochi mesi: nel 2019 Federpesca aveva siglato un patto con le autorità di Bengasi che permetteva a dieci pescherecci italiani di pescare nelle acque rivendicate dai libici in cambio di 10.000 euro al mese e a un euro e mezzo per chilo di pescato. Inoltre, ai pescherecci italiani era consentito rifornirsi di carburante in Libia, dove il costo è ben più basso di quello italiano.Intanto, però, si sta cercando di ricostruire la dinamica, finora poco chiara, di quanto accaduto giovedì pomeriggio. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo riguardante l'episodio e delegando l'indagine ai carabinieri del Ros. «Erano le 14 quando tutto è successo», ha raccontato all'Ansa il comandante Giacalone. «Mentre eravamo in navigazione verso Nord Est ci ha raggiunto una motovedetta libica e ha iniziato a sparare. I colpi ci hanno raggiunto e i vetri della plancia sono andati in frantumi». Diversa la versione della Marina libica, che controlla la Guardia costiera e che giovedì sera aveva smentito di aver sparato «contro» pescherecci italiani ma ammesso che erano stati esplosi «colpi di avvertimento in aria» per fermare imbarcazioni da pesca che a suo dire avevano sconfinato in acque territoriali libiche.